La comparsa di diversi focolai di fillossera a Tenerife sta mettendo in allarme il settore vitivinicolo delle Isole Canarie. Per la prima volta l’afide responsabile della più grave crisi della viticoltura europea nell’Ottocento è stato individuato nell’arcipelago atlantico, fino a oggi considerato uno degli ultimi territori indenni. Sebbene il Ministro dell’Agricoltura delle Canarie, Narvay Quintero, abbia assicurato che l’epidemia si sta espandendo solo nei vigneti abbandonati, ha anche emanato un’ordinanza che vieta lo spostamento di materiali vegetali tra le isole a partire dalla prossima settimana.
La fillossera alle Canarie può essere distruttiva per la Spagna
Il primo focolaio è stato confermato a inizio agosto nella Valle de Guerra, nel comune di La Laguna, in un vigneto abbandonato. Pochi giorni dopo un secondo caso è stato rilevato a La Matanza, sempre nel nord dell’isola. Le autorità canarie hanno intensificato i controlli: 391 sopralluoghi in aziende agricole hanno permesso di individuare 18 piante infette, ma l’estensione effettiva dell’infestazione resta incerta.
La fillossera, originaria del Nord America, attacca le radici della vite fino a far deperire la pianta. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo costrinse i produttori europei a estirpare quasi tutti i vigneti e reimpiantarli su portainnesti americani, naturalmente resistenti al parassita. Le Canarie, grazie all’isolamento geografico, al suolo vulcanico e a una legislazione restrittiva sull’introduzione di vitigni esterni, erano riuscite a rimanere escluse da questa crisi, conservando un patrimonio viticolo unico in Europa.
L’Associazione dei viticoltori e dei commercianti di vino delle Canarie (AVIBO) ha diffuso un appello alle aziende affinché segnalino tempestivamente ogni sospetto di infezione. Tra le misure preventive indicate figurano la disinfezione di abiti e strumenti da lavoro e la limitazione del trasporto di uve e materiali vegetali. La vendemmia in corso complica ulteriormente il contenimento del parassita, poiché i movimenti di persone e prodotti possono favorirne la diffusione.
La superficie vitata delle Canarie è di circa 8.100 ettari, di cui quasi la metà concentrata a Tenerife. Il settore genera circa 5mila posti di lavoro, dei quali fino a 1.880 potrebbero essere messi a rischio se l’infestazione non fosse contenuta, stando a quanto scrive il giornale spagnolo El Diario. Secondo gli esperti, in caso di diffusione generalizzata l’unica soluzione rimarrebbe la sostituzione delle viti con nuovi impianti innestati su portainnesti americani come fatto un secolo fa perché, nonostante l’avanzamento della tecnologia, ancora non siamo in grado di contrastare questo piccolo parassita. Si tratta di un processo lungo e oneroso che potrebbe ridurre drasticamente la produzione per diversi anni, oltre a dilapidare una tradizione secolare e unica al mondo perché basata su delle viti antichissime.
Nonostante le preoccupazioni, alcuni ricercatori ritengono che le caratteristiche vulcaniche e sabbiose dei suoli possano limitare la propagazione dell’insetto. Il vero problema è che l’origine dell’infestazione resta ancora sconosciuta, anche se si ipotizza l’introduzione accidentale attraverso materiale vegetale non rilevato ai controlli fitosanitari.
Il governo delle Canarie ha avviato un piano di monitoraggio straordinario, mentre altre isole come Fuerteventura hanno chiesto maggiore vigilanza per prevenire eventuali contagi. L’evoluzione della situazione nei prossimi mesi sarà decisiva per comprendere se i vigneti canari riusciranno a difendere il loro fragile equilibrio o se saranno costretti a seguire lo stesso percorso che, oltre un secolo fa, ha cambiato radicalmente la viticoltura europea.