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Latte Nobile: cos’è e perché è diverso dal latte comune

Disponibile in bottiglia o utilizzato per la produzione di formaggi, si ottiene grazie a un metodo rigoroso di allevamento. L’alimentazione bilanciata delle vacche permette infatti a questo latte di qualità superiore di unire benefici nutrizionali e caratteristiche sensoriali uniche.

Pur essendo un alimento fondamentale della nostra dieta quotidiana, il latte viene spesso consumato senza la necessaria consapevolezza e trascurando le sfumature aromatiche e gustative. Roberto Rubino, ricercatore e ideatore del progetto Latte Nobile, racconta la filosofia di un approccio produttivo alternativo che pone al centro la qualità dell’alimentazione animale, per ottenere un latte non solo più buono, ma anche più salutare.

Dottor Rubino, qual è stato il suo ruolo nel progetto Latte Nobile?

È stata una mia idea. Studiando il latte, mi era chiaro che bisognava identificare il fattore determinante della sua qualità: o si accetta che tutto il latte sia uguale, oppure se ci sono delle differenze, bisogna capire perché e come misurare tali diversità. All’epoca, l’industria casearia riconosceva al massimo un plus ai produttori per il contenuto di grassi e proteine, elementi che influenzano la resa ma non hanno a che fare con la qualità nutrizionale e aromatica.

Quali erano le conoscenze sulla qualità del latte prima del suo progetto?

Fino agli anni Duemila, grazie agli studi sulla qualità che si concentravano sulla componente aromatica, si era compreso che l’alimentazione al pascolo aumenta la presenza di composti volatili i quali, analogamente a quanto accade nel vino, contribuiscono al profilo odoroso. Tuttavia, nel latte e nel formaggio, la qualità non è data solo dalle note aromatiche. Intuimmo che l’alimentazione delle bestie al pascolo incide in modo significativo sul profilo lipidico, con un aumento del CLA (Acido Linoleico Coniugato) e degli Omega 3, e una diminuzione del rapporto Omega 6/Omega 3.

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Qual è la differenza tra il Latte Nobile rispetto al cosiddetto “latte di alta qualità” facilmente reperibile in commercio?

Il cosiddetto “latte di alta qualità” proviene comunque da sistemi intensivi di allevamento. Per aumentare la produzione, le vacche sono state selezionate geneticamente ma sono nutrite con grandi quantità di mangimi. E questo, va a discapito della qualità, perché il segreto per un latte di qualità superiore risiede in un corretto rapporto tra foraggi e mangimi concentrati.

La formula del Latte Nobile è: 70% foraggi e 30% di mangimi concentrati. Si è scelto questo rapporto al fine di ottenere una differenza qualitativa percepibile già nel latte fresco. Al di sotto della soglia del 70% di foraggio infatti, le qualità organolettiche sono percepibili solo nei formaggi e soltanto dopo un periodo di diversi mesi di stagionatura. 

Non solo la quantità, ma anche la qualità del foraggio è importante?

Esatto. Avevamo notato che da noi, al Sud, stavano scomparendo i prati polifiti (ovvero quelli che non vengono arati, ndr), ricchi di biodiversità, a favore di erbai con al massimo un paio di varietà, come veccia e avena, che garantiscono rese molto più alte ma una qualità inferiore. Ogni erba invece apporta qualcosa di diverso in termini di aromi e, come abbiamo scoperto in seguito, di polifenoli. Nel disciplinare del Latte Nobile abbiamo inserito l’obbligo di utilizzare fieni composti da almeno cinque erbe diverse, anche per incentivare i produttori a recuperare la biodiversità dei prati.

Quali sono le differenze con il “Latte Fieno STG”?

Il progetto, avviato intorno al 2009-2010, ha incontrato diverse difficoltà iniziali. Il problema principale era trovare chi fosse disposto a pagare di più il latte ai produttori. Gli imbottigliatori erano restii a gestire linee di prodotto diverse. Grazie alla collaborazione con la Regione Campania e a un’intensa attività di divulgazione scientifica, il Latte Nobile è riuscito a conquistare una fetta di mercato, soprattutto a Napoli, dove i consumatori hanno apprezzato la differenza. Dopo qualche anno, ho scoperto che in Austria stavano registrando la STG (Specialità Tradizionale Garantita) per il ‘Latte Fieno‘. Il loro disciplinare era praticamente identico al nostro. Proposi ai nostri allevatori italiani di passare a questa denominazione europea, ma ormai il Latte Nobile si era costruito una buona reputazione e una certa notorietà.

La situazione attuale del Latte Nobile.

Il mercato del Latte Nobile è stabile, con una presenza consolidata a Napoli e in alcune altre aree. I produttori che aderiscono al nostro metodo sono una ventina, distribuiti principalmente tra la provincia di Benevento, il Molise e la Basilicata. Il Metodo Nobile (che con un gioco di parole chiamiamo Me.No) è stato poi esteso ad altre produzioni, come la carne e i legumi, basandosi sullo stesso principio: abbassare le rese per ottenere una qualità superiore.

Come impatta il Metodo Nobile sulla sostenibilità?

Ridurre la produzione significa inevitabilmente stressare meno gli animali e l’ambiente. Per fare un esempio: un allevatore di bufale che passò al nostro metodo vide scomparire i problemi di aborti e prolassi uterini che affliggevano i suoi animali a causa di un’alimentazione troppo spinta.

Ma è un modello sostenibile anche dal punto di vista economico?

È una domanda che mi pongono spesso. La verità è che viviamo da decenni in un sistema di eccesso di produzione agricola. Il vero problema non è la scarsità di cibo, ma l’assenza di scelta per il consumatore. È difficile trovare frutta e verdura che abbiano sapore. Il nostro obiettivo non è convertire tutta la produzione a Latte Nobile, ma offrire un’alternativa di alta qualità a chi la sa riconoscere e apprezzare, garantendo al contempo un giusto compenso ai produttori. Chi può e vuole, sceglie la qualità; per gli altri, ci sarà sempre il prodotto convenzionale.

Maggiori informazioni

Foto dal sito ufficiale

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