alchermes

Tutto ciò che avete sempre voluto sapere sull’alchermes

Dalle farmacie monastiche al banco del pasticcere, il liquore cremisi che ha colorato dessert e corti europee conserva un passato complesso e un presente inaspettatamente vitale.

L’alchermes è un liquore storicamente legato alla tradizione toscana, riconoscibile per il colore cremisi e l’aroma di spezie e acqua di rose. La notizia è che, oltre alla formula tradizionale e agli impieghi in dolci come la zuppa inglese e lo zuccotto, il prodotto vive oggi una nuova stagione: da un lato mantiene ricette codificate (fra tutte quelle dell’Officina Profumo–Farmaceutica di Santa Maria Novella), dall’altro si presta a reinterpretazioni artigianali e a un inserimento nella mixology moderna.

Storia ed etimologia: dal “qirmiz” al liquore dei Medici

Il nome stesso racconta la via del liquore: alchermes (o alkermes) viene dall’arabo al-qirmiz, termine legato alla cocciniglia e al color cremisi che ne deriva; la parola è passata poi allo spagnolo e alle lingue europee. L’uso in Europa occidentale si lega alle infusioni aromatiche importate dal Medio Oriente e perfezionate nelle corti e nelle farmacie monastiche italiane. Nel Rinascimento l’alchermes è documentato nelle officine farmaceutiche e apprezzato nelle case nobili, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “liquore dei Medici” quando varcò le Alpi con figure importanti della nostra storia come quella di Caterina de’ Medici.

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La versione “storica” che oggi consideriamo canonica fu codificata nei laboratori fiorentini: fra i documenti più noti c’è la ricetta attribuita ai domenicani e agli speziali dell’Officina Profumo–Farmaceutica di Santa Maria Novella, dove il frate Cosimo Bucelli raccolse e sistematizzò molte preparazioni nel Settecento. In queste versioni l’alchermes è pensato come rosolio aromatico: alcool, zucchero, scorze di agrumi, acqua di rose, cannella, chiodi di garofano, noce moscata, cardamomo e vaniglia si combinano per un liquore che, oltre al gusto, doveva avere presunte virtù toniche.

Nel passato l’alchermes veniva consigliato come “elixir” tonico — persino per le puerpere nelle farmacie monastiche — mentre in cucina è entrato stabilmente come liquore per bagnare pan di Spagna e savoiardi o per colorare e profumare dolci vari. Le ricette più note che lo richiedono sono la zuppa inglese, lo zuccotto fiorentino e le pesche dolci all’alchermes: piatti in cui il colore e il profumo del liquore sono parte integrante dell’esperienza.

Ingredienti e profilo organolettico dell’alchermes

All’assaggio l’alchermes è dolce, aromatico, caldo nelle note di spezie e con un tenue ritorno floreale dato dall’acqua di rose o dai fiori d’arancio nelle ricette più tradizionali. Gli ingredienti che forniscono aroma sono perlopiù spezie calde (cannella, chiodi di garofano, noce moscata), scorze di agrumi e aromi fioriti; la base è un alcol neutro e lo zucchero, che rendono il liquore adatto soprattutto alla pasticceria. La gradazione varia: nelle versioni tradizionali è consistente, nelle varianti commerciali più dolci la gradazione scende e la dolcezza aumenta.

Il rosso carnoso che caratterizza l’alchermes ha un’origine curiosa e, per la sensibilità moderna, divisiva. Anticamente ci si colorava con la kermes (Kermes vermilio), un parassita della vegetazione che forniva una tinta cremisi. Successivamente, con l’arrivo sul mercato europeo della cocciniglia (estratta dalla Dactylopius coccus) si ottenne un carminio più stabile e intenso; poi, nel XX secolo, la produzione industriale ha spesso sostituito l’estratto animale con coloranti sintetici (indicati in etichetta come E120 quando si tratta di carminio naturale, o con sigle azoiche come E122/E124 in alternative sintetiche). Questo passaggio ha implicazioni pratiche (costi, stabilità cromatica) ma anche etiche e dietetiche, perché E120 non è compatibile con diete vegane e può scatenare allergie in soggetti sensibili.

Novità e reinterpretazioni: artigianalità, cocktail e mercati esteri

Negli ultimi anni l’alchermes ha conosciuto una lieve rinascita. Alcuni piccoli produttori e distillerie italiane (e perfino operatori oltreoceano) stanno ripubblicando ricette tradizionali o proponendo versioni “da bere” più pensate per il banco del bar che per il solo impiego in pasticceria. Marchi storici e piccole produzioni artigianali (tra cui etichette toscane e realtà come la Cesarini o versioni commerciali diffuse in Italia) mantengono la ricetta classica o la aggiornano con attenzione a materie prime e coloranti. Parallelamente, mixologist e bartenders sperimentano l’alchermes come modificatore aromatico: lo si trova in reinterpretazioni di spritz, sour e Negroni “alternativi”, dove la sua speziatura e la tinta rubino aggiungono complessità e teatralità al bicchiere.

Perché l’alchermes è così usato in pasticceria?

Se l’alchermes è diventato un ingrediente imprescindibile della pasticceria italiana, è perché ha saputo legarsi a dolci che oggi consideriamo veri e propri simboli regionali ma anche perché il sapore di questo liquore non incontra sempre il gusto di tutti, a voler essere buoni.

Il più celebre è senza dubbio la zuppa inglese, dessert diffuso in tutta l’Italia centrale, soprattutto in Emilia-Romagna, Toscana e Marche. Qui l’alchermes non è un semplice dettaglio, ma l’elemento che conferisce riconoscibilità: i savoiardi o i dischi di pan di Spagna vengono imbevuti del liquore, regalando il caratteristico alternarsi di strati rosso vivo e crema pasticcera.

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Un altro dolce indissolubilmente legato all’alchermes è lo zuccotto fiorentino, antica creazione della tradizione toscana: una cupola di pan di Spagna farcita con creme e ricoperta di cioccolato, dove il liquore rosso è fondamentale per ammorbidire la base e donare profumo.

In Romagna e in alcune zone delle Marche è invece impossibile pensare alle pesche dolci senza alchermes: piccoli panini di pasta lievitata accoppiati, imbevuti nel liquore e farciti di crema o cioccolato. Qui il colore diventa essenziale, perché riproduce l’aspetto vellutato del frutto.

In Toscana lo si ritrova anche nei cantuccini morbidi all’alchermes, nei biscotti della sposa e in alcune varianti di charlotte e budini di riso, mentre a Napoli il liquore veniva tradizionalmente usato per aromatizzare i sospiri e i bocconotti.

La lista potrebbe continuare, ma un tratto comune emerge: senza alchermes questi dolci perderebbero non solo parte del loro sapore, ma anche della loro identità storica e visiva. Il liquore rosso non è un semplice ingrediente, bensì un tratto distintivo che ha accompagnato la cultura gastronomica italiana per secoli.

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Foto da Shutterstock

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