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L’anti-stagionalità consapevole di Andrea Impero

Conservazioni antiche, biodiversità e ricerca scientifica: lo chef stellato racconta la sua idea di cucina, dove la stagionalità è sacra ma non un dogma, e ogni ingrediente trova nuova vita oltre il calendario.

Negli ultimi anni la cucina si è piegata a un mantra tanto rassicurante quanto inflessibile: solo prodotti di stagione. Una regola che, se da un lato ha riportato il rispetto per la natura al centro del piatto, dall’altro rischia di trasformarsi in una gabbia. È davvero necessario cambiare menu ogni tre mesi, sacrificando preparazioni concepite con abbinamenti precisi, solo perché il calendario ha voltato pagina?

Andrea Impero, chef di Elementi a Borgobrufa, in provincia di Perugia, parte proprio da questa domanda. «Per me la stagionalità è fondamentale, è sacrosanta. Ma non deve diventare un vincolo sterile. Se creo un piatto attorno a un pomodoro con una dolcezza, un’acidità e un colore particolari, perché dovrei eliminarlo solo perché non è più stagione? Allo stesso tempo, però, non posso sostituirlo con un’altra varietà qualsiasi perché rischierei di snaturare il senso stesso del piatto».

Il cuore della sua filosofia non è negare la stagionalità, ma fermarla. Conservare un ingrediente nel suo momento migliore e farlo rivivere nei mesi successivi: la conservazione delle materie prime nei momenti di abbondanza, dopotutto, è una delle cose più tradizionali che ci possano essere. Fin da quando l’uomo ha cominciato a essere stanziale, ha provato a conservare il cibo per i momenti di magra. Abbiamo un po’ perso questa abitudine.

Conservare per resistere al tempo: dal passato al futuro

Impero guarda indietro per andare avanti. «Non parlo di surgelare o congelare, che sono tecniche recenti, nate tra anni Settanta e Ottanta. Io penso a ciò che si faceva trecento anni fa: conserve, fermentazioni, sott’olio, essiccazioni. Quando c’era abbondanza, non si sprecava nulla. Perché non utilizzare quegli stessi metodi oggi, aggiornati con le conoscenze scientifiche e le normative sanitarie moderne?». Secondo lo chef di Elementi «Non c’è motivo per cambiare ogni tre mesi un piatto vincente, che esprime un concetto e che è buono. Per questo faccio un lavoro enorme per preservarlo. Magari cambio il contorno, posso fare una tagliata di manzo con la cicoria che a ottobre si trasforma in zucca ma se quel piatto nasce con la cicoria, per quanto possa amare la zucca, per me la cicoria per quel piatto è migliore. Significa comunque che devo fare un ulteriore lavoro di compensazione del gusto perché se facciamo determinati abbinamenti c’è un motivo».

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Foto di Alberto Blasetti

Il lavoro dietro le quinte è enorme. Studi microbiologici, calibrature del sale per evitare proliferazioni batteriche, pastorizzazioni accurate. «Non possiamo più permetterci la pentola che bolle sul fuoco delle nonne per sterilizzare: non è sicuro. Abbiamo attrezzature e protocolli HACCP che ci consentono di conservare in modo efficace, ma con lo stesso spirito antico: catturare l’essenza di un prodotto nel suo momento migliore».

Il progetto più ambizioso nasce con la zucca. Una collaborazione con Darcy Gordon, biologa e custode di biodiversità, ha portato in cucina di Impero varietà provenienti da tutto il mondo: zucche sudamericane, asiatiche, europee, fino alle classiche italiane. «Abbiamo lavorato su più di venti tipologie di zucche, ognuna con consistenze, dolcezze e colori diversi. Alcune fibrose, altre cremose, altre ancora aromatiche. È incredibile la ricchezza che si nasconde dietro un ortaggio così apparentemente semplice».

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Respiro d’Autunno

Da qui è nato Respiro d’autunno, un piatto che sfida il calendario: servito anche in primavera o estate, restituisce al palato la potenza della stagione autunnale. «Abbiamo messo in vaso puree naturali di undici varietà di zucca, senza aceti né oli, solo con sale e pastorizzazione. Apriamo i barattoli mesi dopo, e sembra di avere la zucca appena raccolta». Il risultato è un’esperienza che rompe la logica lineare del tempo, senza forzare la natura ma rispettandola.

Oltre la zucca: cavolo nero, verza e frutta estiva

Il lavoro non si ferma a un solo ingrediente. «Abbiamo sperimentato con cavolo nero, verza e tanti altri ortaggi. Ora ci stiamo concentrando sulla frutta estiva, che è la più attesa ma anche la più difficile da conservare perché ricca d’acqua che è il nemico principale di qualsiasi metodo di conservazione naturale. Ma è una sfida stimolante: trovare la giusta tecnica per prolungare la vita di fragole, pesche e fichi senza tradirne la freschezza».

Il progetto è anche una questione di logistica. «Non parliamo di pochi chili, ma di centinaia. Solo di zucche abbiamo lavorato oltre 400 chili in una stagione. Ci vuole spazio, organizzazione, attrezzature specifiche. Ma il risultato ripaga la fatica: avere un ingrediente sempre disponibile nella sua massima espressione».

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Bue grasso – tisana benessere

Tra i piatti simbolo di questa filosofia c’è il Porco tonno, oggi fuori menù ma spesso portato agli eventi esterni in cui lo chef e il ristorante sono invitati. «È un piatto fatto di tre ingredienti: il maiale, il broccoletto del lago Trasimeno e la papaccella napoletana, che un agricoltore coltiva solo per me perché ha un sapore troppo particolare per la vendita a queste latitudini. Non è un piatto improvvisato: dietro ci sono mesi di lavoro di conservazione». È un esempio perfetto della cucina di Impero: pochi ingredienti, scelti con rigore, conservati con intelligenza, restituiti al piatto con la stessa forza del loro apice naturale.

Una nuova idea di stagionalità

In un’epoca in cui molti chef si vantano di cambiare menu a ogni stagione, Impero rivendica un approccio diverso: «Non voglio rincorrere le mode. Se un piatto funziona, se esprime un concetto, se è buono ed equilibrato, perché cambiarlo solo perché arriva ottobre o maggio?». È un’anti-stagionalità consapevole: non una negazione delle stagioni, ma una loro sublimazione. Un modo per custodire la natura al suo apice, sottraendola al tempo e restituendola con nuova forza.

Andrea Impero non si limita a cucinare: studia, conserva, anticipa. La sua cucina è un archivio vivente di stagioni, un laboratorio dove il passato incontra il futuro. Non è nostalgia, non è moda, ma una ricerca lucida e appassionata: fermare il tempo per dare agli ingredienti l’eternità che meritano.

«La vera stagionalità non è inseguire il calendario», conclude lo chef. «È catturare la natura nel suo momento migliore e farla vivere ancora, mesi dopo. Così il piatto resta fedele a sé stesso, e chi lo assaggia ritrova quella stessa emozione, senza compromessi».

Maggiori informazioni

Borgobrufa Spa Resort
Brufa, Torgiano (PG)
borgobrufa.it

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