Tra il XVI e il XIX secolo, nelle Filippine sotto dominio spagnolo, l’albume d’uovo fu utilizzato come legante nei cantieri delle chiese cattoliche. Questa pratica, che oggi sappiamo essere priva di efficacia scientifica ma diffusa per secoli, portò a un significativo surplus di tuorli, successivamente impiegati nella preparazione di dolci di origine iberica. Il risultato? Nell’arcipelago ancora oggi la maggior parte dei dolci prevede l’esclusivo uso dei tuorli.
L’albume d’uovo come solidificante
Nel corso della dominazione spagnola nelle Filippine, durata dal 1565 al 1898, si diffuse una tecnica costruttiva basata sull’impiego dell’albume d’uovo come legante per la calce. Questa pratica, oggi considerata inefficace, fu ampiamente utilizzata nella realizzazione di numerose chiese in pietra, simboli del processo di evangelizzazione intrapreso dagli ordini religiosi europei. La presenza degli albumi all’interno delle malte murarie si affiancava a materiali come la sabbia corallina, la linfa di bambù e la polvere di mattoni.

Tra gli edifici più noti a testimoniare questa tecnica figurano la Cattedrale di Manila e la Chiesa del Sacro Rosario di Angeles, costruite in epoche diverse ma accomunate dalla medesima impronta tecnologica. Gli albumi, secondo le convinzioni dell’epoca, avrebbero dovuto rafforzare la coesione dei materiali. Tuttavia, le moderne conoscenze di ingegneria dei materiali non attribuiscono all’albume alcuna capacità strutturale o consolidante. Le strutture sono rimaste in piedi fino a oggi grazie alla qualità costruttiva complessiva, non al contributo proteico.
L’impiego esclusivo dei bianchi d’uovo sollevava però un problema collaterale: l’accumulo di grandi quantità di tuorli. In assenza di tecnologie per la conservazione, questi venivano rapidamente destinati alla trasformazione alimentare. Nacque così una tradizione dolciaria incentrata proprio sull’uso dei tuorli, con preparazioni che ancora oggi rappresentano un elemento distintivo della cucina filippina.
Tra i dolci di origine coloniale figurano lo yema, ottenuto con tuorli e zucchero cotti fino alla consistenza di una caramella morbida, il flan de leche, versione locale della crema caramel, il tocino del cielo, a base di tuorli e sciroppo di zucchero, e il pan de San Nicolas, biscotto secco decorato con stampi in legno di influenza agostiniana. I nomi, rimasti in lingua spagnola, testimoniano la permanenza culturale di quella fase storica. Prima dell’arrivo degli europei, i dolci filippini si basavano prevalentemente su frutta tropicale come banane, mango, anguria e cocco, con il colonialismo è cambiata anche la dieta.
Il processo di raccolta e separazione delle uova era affidato alla popolazione locale. Le donne e i bambini trasportavano le uova nei cantieri, dove venivano separate manualmente. Gli albumi venivano immediatamente impiegati nella miscela per la calce, mentre i tuorli tornavano nei villaggi per essere riutilizzati nella cucina quotidiana o in occasioni festive.
Si presume che questa “tecnica” sia stata portata nelle Filippine proprio dalla Spagna. In Europa, la tecnica della tempera a uovo era diffusa sin dal Medioevo nella pittura murale. Leonardo da Vinci ne fece uso anche per alcune sezioni della famosa Ultima Cena, combinando pigmenti con tuorlo e albume per fissarli sul muro. Anche in questo caso, l’efficacia del metodo si è rivelata limitata: l’opera ha subito numerosi interventi di restauro nel corso dei secoli proprio a causa della fragilità della tecnica.