Una famiglia diventata icona, un brand che nei grandi lievitati ha affermato la propria identità. Olivieri 1882 nasce ad Arzignano, nel cuore del vicentino, come panificio di famiglia. Nel corso dei decenni si trasforma in un’impresa d’eccellenza, capace di imporsi nel panorama della pasticceria e della bakery, in Italia e all’estero, e che oggi è presente in 76 Paesi. Nel 2025 inizia un nuovo capitolo: l’ingresso del Gruppo Bauli nel capitale segna l’avvio di un’alleanza strategica di lungo respiro, basata su valori comuni e visioni condivise. Un’unione – sottolineano Nicola e Andrea Olivieri, quinta generazione alla guida del “laboratorio” di famiglia – pensata per portare nel mondo l’artigianalità italiana nella sua forma più evoluta. Ambizione, curiosità e organizzazione sono da sempre nel Dna di Olivieri 1882: requisiti indispensabili per farsi portavoce del patrimonio gastronomico nostrano. Un posizionamento che oggi, grazie alla sinergia con Bauli, si consolida e guarda con forza all’espansione globale.
Qual è oggi l’eredità più significativa di Olivieri 1882?
Siamo nati come attività di famiglia e, generazione dopo generazione, ognuno ha contribuito a consolidare la nostra identità. La storia per noi è un patrimonio prezioso, ma non un vincolo: ci ha sempre guidati nel guardare avanti. Oggi ci definiamo “artigiani organizzati”, un’espressione che per noi significa essere un ponte tra passato, presente e futuro, incarnando la preziosa eredità della nostra famiglia e un pensiero che sposa la contemporaneità.
La storia di famiglia è diventata storia di famiglie con l’ingresso di Bauli. Cosa è cambiato e cosa cambierà?
È un’unione che si fonda sui valori condivisi. Non lo definiamo un cambiamento, quanto piuttosto l’espressione di visione e obiettivi comuni, nel perimetro di una strategia fondata sull’identità distintiva di entrambi i brand e sulla volontà di farne convergere le specificità. Siamo un marchio forte e riconoscibile, sinonimo di artigianalità, eccellenza e innovazione. Il Gruppo Bauli intende valorizzare al massimo gli asset chiave della nostra azienda: l’e-commerce, il livello dei lievitati, la reputazione internazionale, le collaborazioni con brand di lusso e, soprattutto, il capitale umano e creativo che ha guidato la nostra crescita fino a oggi.
Come si preserva l’anima artigianale in un contesto di espansione industriale?
L’alleanza strategica permette al Gruppo Bauli di rafforzare la presenza nel segmento luxury del mondo dei lievitati e a Olivieri 1882 di accelerare un’espansione globale già in forte sviluppo, alla luce di valori fondanti condivisi. All’interno di questa sinergia, il Gruppo Bauli mette a disposizione un importante supporto strategico, attraverso il proprio know-how organizzativo e un centro di ricerca e sviluppo avanzato, per favorire l’espansione internazionale di Olivieri 1882. Conserviamo l’identità, il management e il team, ma anche libertà creativa e autonomia nella gestione produttiva, mostrando come si possano mantenere gli standard della qualità senza compromessi all’interno di una macchina più strutturata. Questa nuova e virtuosa sinergia non può in nessun modo scalfire la nostra identità.
Fatto a mano “come una volta” è un mito da marketing o un valore?
L’alimentare è uno di quei settori in cui la declinazione di lavorazione manuale assume contorni sfaccettati ed è spesso accompagnata dall’idea che solo piccole realtà, produzioni minime e manuali possano esserne il cuore pulsante. Un concetto che è giusto far evolvere, nell’ottica dei processi di produzione, per cui un nuovo modo di interpretare l’artigianalità si esprime nel pensiero e nell’ideazione della migliore modalità possibile di fare le cose, perché siano sempre buone, replicabili e senza compromessi. Il risultato finale è un prodotto costante nella qualità, disponibile su numeri significativi, sostenibile nella produzione e nelle economie di scala, reperibile in tutto il mondo e rispondente a quel principio di originalità che è tipico della produzione intellettuale. Il “come una volta” è storia, cultura, è il nostro Dna, ma è fondamentale saper evolvere ed essere contemporanei nella direzione di un miglioramento costante, senza cui non esisterebbe futuro.
Le innovazioni e la ricerca scientifica
In quest’ottica avete avviato una collaborazione con l’Università di Padova. L’Università ha avuto la possibilità di entrare nelle dinamiche aziendali, sviluppando un’analisi volta all’ottimizzazione dei processi. È stata messa a punto la connessione digitale di tutte le fasi di produzione, in modo da essere all’avanguardia sulla tracciabilità e sul controllo degli impasti. E questo si concretizza nella proposta al consumatore di un prodotto migliorato nei suoi standard qualitativi, in termini di bontà e di benessere.
Quali innovazioni rispetto alla shelf-life possono cambiare la narrazione del panettone d’autore?
Lo studio condotto insieme all’Università di Padova ha avuto come focus quello di valutare le criticità in ambito di conservazione, con analisi approfondite dei processi e delle lavorazioni, per arrivare a un miglioramento concreto in termini di leggerezza e digeribilità, allungando la shelf-life senza rendere necessario l’utilizzo di conservanti. Questo ha portato a una razionalizzazione degli spazi, con l’implementazione di una camera bianca asettica e di celle a temperatura e umidità controllate, per una fermentazione corretta a garanzia di leggerezza e digeribilità. Processi volti a un miglioramento del prodotto che ne allungano la vita a scaffale, senza rendere necessario l’utilizzo di conservanti. Un tema “dirompente”, con la scienza a supporto dell’evoluzione che diventa protagonista nella narrazione attuale del brand.

Quali sono le specificità culturali nel proporre il panettone sui mercati internazionali?
L’affermazione del gusto italiano passa attraverso qualità e tradizione. Anche il packaging riveste un ruolo chiave, identificativo del brand e garanzia di freschezza, fragranza e umidità durante il trasporto. Altrettanto imprescindibile è il racconto della storia e della tradizione del panettone, ma si rivela strategico proporre varianti di gusto in grado di ampliare il pubblico e dare valore alla contaminazione. Ci piace viaggiare e ascoltare il mondo, nelle sue peculiarità.
Si riesce davvero a destagionalizzarlo, magari proprio all’estero?
Le procedure di lavorazione ci hanno permesso di offrire estrema qualità durante tutto l’anno. Poter degustare il prodotto nelle sfumature che si svelano nelle diverse stagioni è un’esperienza di grande interesse. Ed è un modo per offrire una nuova prospettiva a un grande classico, rendendolo protagonista anche fuori dalle ricorrenze di rito. All’estero la destagionalizzazione diventa un importante strumento, che consente di consolidare il posizionamento durante tutto l’anno su un target di consumatori che guarda all’eccellenza italiana ed è meno legato alla ricorrenza. Destagionalizzare conduce verso nuove frontiere culturali: si pensi che gli americani a Pasqua insieme alla colomba acquistano il panettone. E creare prodotti dedicati ai gusti di ogni stagione aiuta ad agevolare un passaggio culturale, che all’estero è molto più naturale rispetto all’Italia.