Dal 23 al 29 settembre, Milano torna al centro delle cronache internazionali con la Fashion Week, una delle manifestazioni più rilevanti del calendario mondiale della moda insieme a quelle di Parigi, Londra e New York. Le collezioni sfilano, i party animano la città, buyer e giornalisti arrivano da tutto il mondo. Ma oltre alle passerelle, il capoluogo lombardo diventa anche un laboratorio gastronomico, dove i visitatori cercano esperienze gastronomiche capaci di restituire l’identità cosmopolita della città.
La domanda è sempre la stessa: dove andare a mangiare tra una sfilata e l’altra? La risposta attraversa tipologie e linguaggi diversi, dal fine dining alle trattorie, dalle pizzerie allo street food, fino ai cocktail bar che sperimentano nuove forme di miscelazione.
Fine dining
La ristorazione di alto livello a Milano continua a proporre esperienze che uniscono ricerca e identità. Storicamente molto florida, negli ultimi anni sempre più ristoranti stanno trovando ampio spazio.
Sine by Di Pinto
Il ristorante di Roberto Di Pinto è un progetto che parte dall’identità napoletana e la rilegge attraverso un linguaggio personale. Di Pinto, cresciuto tra le cucine di grandi maestri e formatosi con esperienze internazionali, ha deciso di trasferire a Milano un’idea di “ambasciata partenopea” che coniuga memoria popolare e tecnica contemporanea (emblematico il raviolo di pizza).
In carta trovate piatti come il soffritto napoletano o reinterpretazioni di paste apparentemente semplici, che diventano pretesto per indagare sul valore del gusto originario. L’ambiente conserva eleganza senza cadere nel formalismo, mentre il servizio accompagna senza invadenza. È un fine dining che mette in primo piano l’identità del cuoco, evitando artifici e sequenze infinite di piccole porzioni.
Manna
Conosciuto come il bad guy della cucina milanese, Matteo Fronduti ha costruito negli anni un percorso di ristorazione d’autore capace di sottrarsi ai cliché. Dopo la riapertura del dicembre 2023, Manna ha trovato una nuova identità che ruota intorno a diversi percorsi degustazione e a un cocktail bar interno.
La cucina è diretta, a tratti spigolosa, volutamente provocatoria. Propone il quinto quarto senza timori, i piatti accompagnano il cliente in un viaggio dove la sostanza ha sempre la precedenza sulla forma. La sala ha uno stile sobrio, con un’atmosfera che privilegia il dialogo e la condivisione. Non è un fine dining per chi cerca rassicurazioni, ma per chi vuole osservare come la cucina milanese contemporanea possa parlare con linguaggi alternativi.
Trattorie
Milano custodisce anche il volto della trattoria, rinnovata nella forma ma fedele nello spirito con una cucina tradizionale di altissimo livello e a volte sottovalutata.
Trippa
Diego Rossi è riuscito in un’impresa rara: trasformare una trattoria in un laboratorio gastronomico di riferimento senza snaturarne la natura. La carta è essenziale ma costruita con coerenza. Piatti come la trippa, le animelle, il cervello e la lingua si affiancano a un vitello tonnato che è già diventato un classico contemporaneo e a un risotto perfetto. Ogni portata parte da una base tradizionale, ma viene filtrata attraverso una tecnica affinata negli anni di alta cucina.
L’ambiente rimane informale, quasi spartano, ma dietro la semplicità si cela un progetto gastronomico che ha ridefinito l’idea stessa di trattoria in Italia. La carta dei vini merita attenzione: accanto a etichette italiane e francesi trovano spazio produzioni meno note, dall’Austria alla Romania, che riflettono la curiosità e l’apertura internazionale del progetto.
Il Ronchettino
La storia di questo ristorante affonda le radici in un aneddoto legato a Napoleone, che qui si sarebbe fermato a causa di uno zoccolo rotto. Da stazione di posta, oggi il luogo è diventato un ristorante che custodisce la tradizione lombarda. In carta trovate la cotoletta alla milanese imperiale, proposta in dimensioni notevoli e con un prezzo elevato, ma anche piatti come le cervella fritte, gli ossibuchi e i risotti stagionali.
L’ambiente conserva un fascino rustico ed elegante allo stesso tempo, con un servizio che mantiene i ritmi della trattoria ma un’attenzione da ristorante di livello. È un indirizzo che continua a raccontare la Milano gastronomica attraverso i suoi piatti simbolo.
Pizzerie
Anche la pizza ha trovato a Milano una nuova centralità. Alcuni dei migliori e più premiati indirizzi trovano spazio nella città meneghina con proposte molto diverse tra loro.
Dry Milano
Nato dall’incontro tra alta qualità della pizza e cultura del cocktail bar, Dry si conferma uno degli indirizzi più solidi della città. La mano del pizzaiolo ischitano Lorenzo Sirabella si riconosce nella leggerezza dell’impasto e nella precisione degli abbinamenti.
La Piennolo del Vesuvio Dop, con alici, olive nere, capperi e origano, è una delle più richieste, ma la carta propone anche abbinamenti meno scontati come mozzarella, zest di limone e pane al timo. La sala ha un’atmosfera contemporanea, con luci calde e arredi sobri, mentre lo spazio esterno consente di vivere la pizza in una dimensione più rilassata. Da non trascurare la sezione dolci, curata con attenzione.
Confine – Pizza e Cantina
Il progetto di Francesco Capece (premiato come Best Pizza Chef Under 35 ai Food&Wine Italia Awards 2023) e Mario Ventura interpreta la pizzeria come un luogo di esperienza gastronomica. Non solo pizze classiche, ma anche fritte, al padellino e varianti creative che attingono al repertorio della cucina italiana.
L’ambiente ha un design curato, con dettagli che richiamano eleganza e accoglienza. La carta dei vini è uno degli elementi centrali: ampia e strutturata, accompagna ogni pizza con etichette selezionate tra produttori italiani e internazionali. È un indirizzo che amplia i confini del concetto di pizzeria, trasformandolo in un luogo di incontro tra tradizione e sperimentazione.
Street food
Lo street food è ormai parte integrante del tessuto gastronomico milanese. Soprattutto dal 2015 in poi, anno dell’Expo, le cose in città sono cambiate moltissimo e ci sono tanti indirizzi importanti e sfiziosi.
Porcobrado
Il progetto Porcobrado nasce in Toscana dall’idea di Angelo Poletti a Cortona, con l’obiettivo di valorizzare razze autoctone e filiera corta. Le carni provengono esclusivamente da cinta senese e grigio chianino, allevati all’aperto. La preparazione segue un percorso accurato: affumicatura con legna da frutto, salatura, marinatura e una lunga cottura di dodici ore, a cui si aggiunge la rifinitura in barbecue alimentato a legno di quercia.
Il pane, realizzato con grano antico Verna, accompagna la carne sfilacciata, servita con diverse salse artigianali disponibili in abbinamento. Tra le varianti, si distingue il panino con carne arricchita da salsa alla cipolla caramellata, mentre la selezione di salumi completa l’offerta con prodotti della stessa filiera.
Mo Sarpi
Nato come estensione della Ravioleria Sarpi, Mo ha portato a Milano una specialità della città cinese di Xi’an: il mo, pane ripieno di carne stufata per ore con spezie naturali. Il prezzo accessibile e la qualità degli ingredienti hanno reso questo prodotto un riferimento dello street food cittadino.
Accanto al mo trovate baozi e involtini freschi, preparati al momento con ingredienti come gamberi, cavolo rosso e foglie di menta. L’ambiente è semplice, con servizio rapido, pensato per chi vuole assaggiare piatti autentici in una dimensione quotidiana.
Cocktail bar
Il percorso non può che chiudersi con la mixology. Milano è da sempre culla della grande miscelazione italiana con alcuni bar che hanno fatto la storia mondiale come il Bar Basso o il Camparino. Qui è partita la grande rinascita dei cocktail bar italiani e oggi è senza dubbio una delle città più interessanti d’Europa in cui bere bene.
Carico
Guidato da Dom Carella, Carico è uno dei punti di riferimento della mixology milanese. Lo spazio ha un design moderno con dettagli di verde sospeso, mentre la lista dei cocktail cambia periodicamente seguendo la ricerca su tecniche e ingredienti.
Il Capsicum Funky, a base di tequila ridistillata con jalapeño e cioccolato bianco, è ormai un simbolo della proposta del locale. L’attenzione alla sostenibilità è evidente nella scelta delle materie prime e nell’approccio all’intera filiera. È un bar che unisce sperimentazione e comfort, capace di intercettare sia appassionati sia un pubblico curioso. E dal punto di vista gastronomico? Carico è stato uno dei primi bar a puntare moltissimo sull’abbinamento col cibo e, pur se sono cambiate delle cose negli ultimi mesi, il reparto food resta un punto importante della proposta. Il Taco, pulled pork, dragoncello, Sriracha, parmigiano 24 mesi, o il Croque monsieur, mortadella artigianale, fonduta di parmigiano sono due portate gustose, semplici e sfiziose, ideali per un locale del genere.
Rita Tiki’s Room
Specializzato in drink tiki, il Rita lavora soprattutto sul rum, distillato che permette infinite interpretazioni. La carta propone classici come il Mai Tai e l’Hurricane, accanto a cocktail stagionali e varianti come il Banana Boulevardier o il Forbidden Eden.
L’ambiente è avvolgente, con arredi che richiamano l’estetica tiki tradizionale, mentre il servizio accompagna il cliente in un percorso di scoperta dei diversi stili di rum. L’ampia selezione di etichette consente anche degustazioni verticali e abbinamenti personalizzati. È un locale che invita a vivere il bere miscelato come esperienza culturale, non solo come intrattenimento. Il reparto food si basa su una proposta molto varia, che abbraccia molto la cucina orientale ma, soprattutto, delle sensazioni: i piatti del Rita’s tiki hanno un buon sapore, sono facilmente condivisibili tra gli ospiti, sono tutti leggermente sapidi ma sono soprattutto piatti sfiziosi. Praticamente l’ABC di un menu food di un cocktail bar. Portate come Won ton giapponesi croccanti con crema di cheddar, guacamole, jalapeno e pico de ananas e mango o i Gyoza cotti al vapore e poi piastrati con salsa di soia agrodolce sono goduriosi e ben fatti.