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Pizzoccheri della Valtellina: storia e segreti del piatto simbolo di Teglio

Nel cuore delle Alpi lombarde, i pizzoccheri raccontano secoli di cultura contadina e identità gastronomica. Dalle prime tracce settecentesche all’Accademia che ne tutela la ricetta tradizionale.

Nel panorama della cucina lombarda, pochi piatti rappresentano un territorio quanto i pizzoccheri della Valtellina. Nati a Teglio, piccolo borgo tra le montagne valtellinesi, questi nastri di pasta al grano saraceno sono oggi un simbolo gastronomico e culturale riconosciuto in tutta Italia. A base di ingredienti semplici – farina di grano saraceno, farina bianca, patate, verza, formaggio Casera Dop e burro – i pizzoccheri sono l’espressione di una cucina povera ma identitaria, nata per valorizzare le risorse locali.

La loro storia affonda le radici in un passato agricolo di lunga data. A Teglio la coltivazione del grano saraceno è documentata da oltre quattro secoli, e il legame con questo cereale ha plasmato la cucina della valle. Qui la farina di grano saraceno è protagonista non solo dei pizzoccheri, ma anche di altre preparazioni tradizionali come gli sciàt, la polenta taragna e i chiscioi.

Le prime tracce storiche dei pizzoccheri

Le prime testimonianze scritte dei pizzoccheri risalgono alla fine del Settecento. Nelle cronache dell’autore svizzero H.L. Lehmann, che descrive la Valtellina all’epoca dei Grigioni, si fa riferimento ai perzockel: tagliatelle di grano saraceno condite con burro e formaggio. È però nel 1834 che il termine “pizzoccheri” compare ufficialmente, nel Prodromo della flora valtellinese di Giuseppe Filippo Massara, dove si menzionano “gnocchi e tagliatelli” di grano saraceno chiamati appunto pizzoccheri.

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Questa versione ottocentesca, più simile a quella moderna, era considerata un piatto dei contadini benestanti. I più poveri, che non disponevano di tavoli per stendere la sfoglia, preparavano gli gnocchi; chi poteva permettersi un piano di lavoro realizzava invece le larghe tagliatelle di saraceno e farina bianca. Dopo la cottura in acqua salata, insieme a patate e verdure di stagione – verze, coste o fagiolini – i pizzoccheri venivano disposti a strati con due formaggi locali, uno magro e uno più stagionato, e conditi con burro fuso e aglio o, in alcune varianti, cipolla e salvia.

La ricetta tradizionale e l’Accademia del Pizzocchero di Teglio

Nel 2002 è nata a Teglio l’Accademia del Pizzocchero, con l’obiettivo di preservare la ricetta originale e promuovere la conoscenza del piatto simbolo della Valtellina. L’associazione custodisce la versione autentica, che prevede la preparazione a mano della pasta, la cottura con patate e verza (o verdure equivalenti secondo la stagione) e il condimento a strati, senza mescolare, con Casera Dop, formaggio grana grattugiato e burro fuso.

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Il piatto viene completato con una leggera macinata di pepe, a esaltare la complessità aromatica del formaggio e del burro. Nella sua apparente semplicità, il pizzocchero racchiude la storia e la geografia della valle: un equilibrio tra montagne, grano saraceno e sapori di malga.

Oggi i pizzoccheri sono riconosciuti come uno dei piatti più rappresentativi della cucina alpina e sono al centro di eventi, sagre e momenti di promozione territoriale. A Teglio, patria storica della ricetta, il Pizzocchero d’Oro celebra ogni anno la tradizione locale con degustazioni e dimostrazioni artigianali.

Da piatto contadino a simbolo identitario, i pizzoccheri continuano a raccontare la storia di una valle che ha saputo trasformare l’essenzialità dei suoi prodotti in un patrimonio gastronomico riconosciuto in tutto il mondo.

Maggiori informazioni

Tutte le immagini sono dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio

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