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uno dei paesaggi della Borgogna

Alcune cose da sapere sulla Borgogna

È una delle più grandi regioni vinicole, la patria del pinot nero e dello chardonnay, il luogo d’origine dell’idea di terroir e, ormai, la terra natale di alcuni dei vini più costosi al mondo (ma anche di alcuni, come quelli di questo articolo, meno cari). Tuttavia, ci sono alcuni aspetti che possono creare confusione. Ecco tre cose fondamentali da sapere

Cosa significano i termini sull’etichetta?

Pensate alla Borgogna come a una cipolla. La denominazione geografica più grande comprende i vini etichettati come Bourgogne Rouge o Bourgogne Blanc: per definizione, rossi e bianchi che provengono da vigneti situati in qualsiasi parte della Borgogna. Al suo interno si trovano le denominazioni subregionali: le Hautes Côtes de Beaune, per esempio (letteralmente, le “alte pendici di Beaune”, denominazione che comprende i vigneti delle colline a ovest della città di Beaune). Le denominazioni comunali costituiscono uno strato ancora più piccolo: quando un Borgogna è etichettato semplicemente “Pommard” o “Fixin”, le uve provengono dall’area intorno a quella località. Poi ci sono i Premier cru e i Grand cru, gli strati più piccoli e interni che rappresentano i vigneti migliori all’interno di ogni villaggio. Quindi, un Fixin Les Hervelets Premier Cru proviene dal vigneto denominato Les Hervelets, che si trova all’interno della più ampia denominazione Fixin e che è stato considerato di qualità Premier cru nel 1936, quando è stato istituito il sistema nazionale francese delle denominazioni di origine controllata (ci sono delle eccezioni, ma questa è la classificazione generale).

Qual’è la differenza tra négociant e domaine?

Un négociant tradizionalmente acquistava da una piccola azienda il vino finito o talvolta l’uva da vinificare. Lo invecchiava in botti, per poi venderlo con il nome del négociant (Louis Jadot ne è un ottimo esempio). I produttori di domaine, invece, possiedono i vigneti, producono i propri vini e li vendono con il proprio nome. Oggi i confini sono più sfumati – alcuni négociant, come Jadot o Drouhin, producono anche ottimi vini da vigneti di proprietà. C’è stata un’ondata di micro-négociants, che in genere acquistano solo l’uva e producono i loro vini secondo standard rigorosi (Chanterêves ha iniziato in questo modo). Poiché i terreni vitati in Borgogna sono diventati estremamente costosi, molti giovani viticoltori ambiziosi hanno intrapreso quest’ultima strada.

Cos’è l’aligoté?

L’aligoté, un’uva a bacca bianca, è una delle grandi storie di rinascita della Borgogna. Vent’anni fa, se qualcuno veniva in cantina e tu dicevi: «Vuoi provare l’aligoté?», avrebbe risposto «Argh!», guardandoti probabilmente con disgusto, come ricorda Pablo Chevrot del Domaine Chevrot. Ma l’aligoté, coltivato e vinificato con cura, dà vita a vini bianchi complessi, pieni di carattere e dalla spiccata acidità. Purtroppo, se lo si coltiva in modo approssimativo come accadeva per lo più 20 anni fa, cercando di ottenere la massima resa da una produzione frammentaria, il rischio è quello di avere un bianco esile, aspro, tagliente e poco interessante. Oggi, per fortuna, questo rappresenta una rarità.

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Leggi anche: L’altra Borgogna

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