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ph credit Andrea Di Lorenzo

Bistrot64: tradizione, fermentazioni e dolci inattesi

Con il rientro in squadra di Emanuele Cozzo e il talento di Giacomo Zezza, il ristorante romano non delude le aspettative, come dimostra anche la rinnovata menzione nella Guida Michelin.

«Ho voluto riaprire con una nuova filosofia rispetto alla gestione precedente: sia io che il mio team ci dobbiamo divertire. Basta con l’eccessiva formalità». A parlare è l’anima di Bistrot 64, Emanuele Cozzo, che ha ripreso le redini dell’insegna lo scorso luglio con uno spirito diverso da quello che portò il ristorante al traguardo della stella Michelin nel 2016. E i risultati sembrano dargli ragione, come testimonia il perenne overbooking del locale che premia l’ambiente più conviviale e la sala dinamica, estroversa e (già) affiatata composta dal maître e sommelier Nikola Bacalu (uno dei volti storici del Bistrot) e il neo acquisto Shiren Akther, fino a pochi mesi da Pulejo, altro indirizzo vincente della Capitale; senza dimenticare la cucina di Giacomo Zezza, l’ex sous chef di Noda Kotaro che ha ora l’occasione di esprimere tutte le sue potenzialità al pass.

«Al momento non abbiamo l’obiettivo della stella, perché comporterebbe grandi sacrifici sia in termini umani che economici, certo se poi ci premiano siamo tutti più felici – commenta Cozzo –. Sto girando tanto tra i fine dining italiani e spesso mi annoio: trovo ancora dei servizi troppo “impettiti” e piatti che non mi emozionano perché ridondanti. Tra gli appassionati di cibo sta tornando prepotentemente il voler mangiare bene in un’atmosfera meno rigida e più familiare, ed è proprio quello che sto cercando di fare qui».

Concetti che si ritrovano ampiamente nel menu del Bistrot 64, dove lo chef porta in tavola delle preparazioni divertenti e contemporanee che traggono ispirazione dai suoi ricordi d’infanzia, che spesso hanno il gusto della tradizione romana. «Siamo un bistrot, quindi non mi piace l’idea di avere nel piatto tanti elementi – racconta Giacomo Zezza –. La mia ispirazione attinge dalle ricette che ero solito mangiare a casa, in famiglia, per poi reinterpretarle adattandole al giusto contesto».

Un esempio? Manzo, pomodoro “Paglione”, cipolla e alloro: una guancia di vitello brasata che si adagia su una conserva di pomodoro pelato e viene avvolta da una cialda di cipolla caramellata glassata con il fondo di manzo; il tutto armoniosamente legato dall’olio al basilico. Un signature intenso e goloso – che si aggiunge ai nuovi innesti in carta per la stagione autunnale –, in cui il cuoco interpreta in maniera futurista il bollito alla picchiapò. Tradizione a parte, la sua capacità tecnica emerge nel Risotto mantecato al Castelmagno, tartufo nero fermentato, ciauscolo di cuore (homemade) e polvere di finocchio sgranato, dove quest’ultimo ingrediente equilibra il carattere incisivo della portata. Il fil rouge di queste preparazioni è la fermentazione, con cui lo chef sembra trovarsi a suo agio: «È una tecnica che ho appreso dall’esperienza al fianco di Kotaro; inoltre cerco sempre di dare alle mie creazioni una nota acida attraverso l’utilizzo del limone, di un aceto o con la fermentazione stessa». Un’altra ottima prova (forse la migliore della serata) è la Lingua di vitella cotta a bassa temperatura per poi essere brasata e scaloppata con il fondo bruno e accompagnata da un carciofo alla brace glassato con un estratto di mirto, gel di pomodoro e liquirizia. Un abbinamento che viaggia all’unisono tra la cottura perfetta del quinto quarto e la complessità aromatica del vegetale.

Ma a conquistare la scena è la piccola pasticceria sul finale, che arriva dopo il dessert e, invece di presentarsi nel consueto cofanetto colmo di dolci delizie, appare a sorpresa nell’inedita veste delle Mezze maniche cacio e pepe che rivedono in maniera nuova anche la classica selezione di formaggi con cui molti amano terminare il pasto. Nata da un’ispirazione di Emanuele Cozzo e accolta senza indugi da Giacomo Zezza, è un’intuizione azzardata, divertente e “goduriosamente geniale”: un mix di pecorino e Parmigiano Reggiano – per attenuare la sapidità – e un tris di pepi aromatici – Sichuan, Madagascar e messicano – che si fondono in una crema sapientemente bilanciata, talmente buona da invogliare il palato a ricominciare dall’inizio.

Maggiori informazioni

Bistrot64
Via G. Calderini 62/64, 00196 Roma
bistrot64.it

 

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