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“+ che Svizzeri”, sei formaggi interpretati dagli chef italiani

Per la nuova campagna di comunicazione che punta a valorizzare i prodotti d’eccellenza della tradizione casearia nazionale, Formaggi dalla Svizzera ha coinvolto sei tra i più interessanti chef d’Italia.

Affidabili, precisi, rigorosi e – forse – un po’ noiosi: cliché legati alla Svizzera e agli svizzeri, in alcuni casi corrispondenti a realtà ma in altri pronti a essere smentiti, ad esempio, dalla vivacità di Basilea o dalla mondanità di St. Moritz. Impegno, attenzione alla qualità e rispetto per la natura – altri tratti caratteristici della “Swissness”, insieme di valori e caratteristiche ormai identificate nella bandiera con la croce bianca su fondo rosso – si ritrovano invece appieno nella produzione casearia del paese al di là delle Alpi, che conta oltre settecento specialità ed è molto apprezzata anche da noi: siamo il secondo paese importatore dopo la Germania e i primi riguardo al prodotto di punta, l’Emmentaler Dop, che rappresenta il 55,4% del totale esportato.

Capitanate appunto dal famoso “formaggio con i buchi” (che ha dato anche vita a imitazioni industriali racchiuse dalla denominazione di “svizzero” tout court), le eccellenze elvetiche comprendono perlomeno altri cinque fiori all’occhiello: Le Gruyère Dop prodotto nei dintorni dell’omonima cittadina della Romandia, dall’aroma raffinato e dal sapore deciso di latte, versatile protagonista della fonduta; l’insolito e aromatico Appenzeller, che nasce sulle montagne incontaminate dell’Appenzello dal latte crudo di vacche che si nutrono esclusivamente di erba fresca e fieno, le cui forme in stagionatura vengono trattate con una salamoia di erbe (talvolta anche con sidro o vino) che dona profumi unici; l’intenso Tête de Moine Dop, nato 800 anni fa nell’abbazia di Bellelay, nella regione del Jura svizzero, che viene raschiato con l’apposito utensile detto Girolle (o Pirouette) per ottenere le graziose rosette perfette per aperitivi e taglieri; la Raclette Suisse, saporito formaggio a pasta grassa semidura fin dal Cinquecento al centro di un rituale conviviale che ne prende il nome, facendone fondere leggermente delle sottili fette (o la superficie interna di una forma tagliata a metà) da “raschiare” e mangiare insieme alle patate lesse; e lo Sbrinz Dop, prodotto da cinque secoli nei cantoni della Svizzera centrale e utilizzato come merce di scambio con l’Italia: formaggio a pasta extra dura, stagiona a lungo per acquisire la tipica texture granulosa e friabile, simile a quella del nostro Parmigiano, e un aroma ricchissimo dato dai pascoli alpini.

Sono questi i prodotti al centro della nuova campagna di comunicazione “+ che Svizzeri” lanciata dal consorzio Formaggi dalla Svizzera e ideata dall’agenzia creativa Child The Agency, che trasforma il segno iconico della bandiera in un “più” grafico a sottolinearne il valore aggiunto che può rendere speciale un tagliere, una serata con amici, una ricetta. Tanto che, per sottolineare il posizionamento premium di questi prodotti presso il pubblico italiano sempre più gourmand e attento alle produzioni di eccellenza, ma anche presso un target giovane e che apprezza le innovazioni, Formaggi dalla Svizzera ha voluto coinvolgere sei grandi chef (e pizzaioli) italiani, chiamandoli a intrepretare ciascuno uno dei sei prodotti di punta in un piatto che, pur esprimendo pienamente la propria cucina o già parte della propria proposta, rappresentasse anche il valore aggiunto del formaggio “adottato”, diventando così protagonisti della campagna social e web.

Niko Romito ha scelto la personalità di Emmentaler Dop per preparare il suo amatissimo toast, proposto nei locali abruzzesi di Alt, nella colazione di Casadonna e al Bvlgari di Milano: una preparazione semplicissima – ma in questo caso curata nei minimi dettagli, dalla particolare consistenza e croccantezza del pane alla sapidità del prosciutto, fino alla “più che gustosa” scioglievolezza calda e cremosa del formaggio in sostituzione di un prodotto abruzzese – che prende spunto dalle abitudini d’infanzia e salva spesso la cena di tante famiglie, ma che sa diventare anche un boccone gourmet.

Gianluca Gorini, grande interprete della tradizione romagnola della pasta ripiena, ha utilizzato il gusto deciso e pieno dello Sbrinz Dop per il ripieno “esplosivo” (sotto forma di fonduta) dei cappelletti, accompagnati dalle note agrumate e speziate di macis e limone salato.

Davide Caranchini rende omaggio al rituale della Raclette Suisse, diffuso anche sulle sponde del lago di Como – il suo ristorante Materia sta a Cernobbio, a due passi dal confine svizzero – facendone un ripieno per dei voluttuosi ravioli di patata, accompagnati da uno strepitoso infuso di bosco e rosmarino che ne evidenzia le note aromatiche.

Il Tête de Moine Dop è andato dentro e sopra la focaccia di Stefano Vola, pizzaiolo piemontese che da sempre perlustra il suo territorio in cerca degli ingredienti migliori ma non si preclude escursioni oltre confine: così il soffice impasto, ispirato alla “torta al formaggio” tipica di diverse tradizioni regionali è diventata la base per un topping con rosette di Tête de Moine, mortadella di bue, nocciole e olio alla senape.

È l’abbinamento tra pesce e formaggio – spesso criticato o considerato eretico, ma convincente se ben dosato e costruito – a contraddistinguere i piatti di Antonio Guida e Luigi Taglienti: l’elegante e delicata triglia avvolta in una foglia di bieta e tartare di calamari all’Appenzeller, nel primo caso, e l’astice Thermidor, non gratinato ma avvolto da un’intensa salsa di Gruyère e da una bisque di testa di crostaceo e aglio orsino, nel secondo: più che raffinato.

Maggiori informazioni

Foto di Enrico Labriola

Formaggi dalla Svizzera

 

 

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