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Maurizio Paparello cantina Salumeria Roscioli

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Come si costruisce (e si giudica) una buona carta dei vini?

Ecco gli ingredienti giusti per costruirla e le tavole dove trovare le migliori e più originali in Italia.

Un paio di anni fa abbiamo pubblicato su queste pagine una storia spassosa (e utilissima) del nostro fidato Ray Isle, executive wine editor di Food&Wine, che per alcune settimane si era finto sommelier in diversi ristoranti degli Stati Uniti per comprendere meglio e facilitare il complicato rapporto tra cliente e sommelier e per compilare una sorta di vademecum a uso di entrambi. Diceva una cosa giusta, Ray: che la carta dei vini – che è lo strumento che mette in relazione i due protagonisti – può rivelarsi tanto un momento di epifania per appassionati e addetti ai lavori quanto una spaventosa nebulosa capace di scoraggiare e mettere a disagio chi non abbia dimestichezza e familiarità con lo sconfinato mondo del vino.

Qual è la prima cosa che notate quando vi viene consegnata al tavolo? L’ampiezza, la varietà, l’originalità? Oppure il criterio di divisione? O magari la profondità di annate o il rapporto qualità/prezzo? E ancora, come capita al sottoscritto, quanto apprezzate la personalità e la qualità delle proposte al calice e viceversa mal tollerate refusi e imprecisioni nelle diciture delle denominazioni e dei vitigni così come l’indisponibilità di tante (troppe) etichette presenti nella lista? Cerchiamo dunque di capire come si compila al meglio una carta dei vini oppure, ribaltando il punto di vista, quali sono i criteri per valutarne la bontà e la personalità. Lo facciamo grazie all’autorevole ausilio di due esperte colleghe: Cinzia Benzi, degustatrice, wine writer e collaboratrice di Identità Golose, e Cristiana Lauro, scrittrice di vino e wine ambassador. Reduce dalla selezione per la giuria della Milano Wine Week che ha premiato le migliori carte dei vini d’Italia, Benzi non ha dubbi su cosa vuole (e non vuole) trovare in una carta dei vini: «Desidero costantemente arricchire le mie conoscenze enoiche, per cui spesso sono attratta da etichette che non conosco. In una carta dei vini giudico la varietà, la profondità territoriale, l’immediata fruibilità e anche l’estetica. Sono sempre colpita dalla veste grafica. Spesso il minimalismo prevale e invece vorrei vedere carte più emozionali e sperimentali. È importante fare scouting e offrire visibilità ai produttori meno blasonati e conosciuti. Ovvio che molte delle carte dei ristoranti con due o tre stelle Michelin sono impeccabili, tuttavia mi ha trasmesso qualcosa in più la consultazione di quelle di Piazzetta Milù a Castellammare di Stabia, la Franceschetta a Modena o la Langosteria a Milano». L’offerta enologica della holding di Enrico Buonocore (sbarcata anche a Parigi) ha pochi eguali in Europa per ricchezza, profondità di annate e formati speciali, dagli Champagne alle bollicine italiane – che accompagnano al meglio la raffinata cucina di pesce –, dalla Borgogna alle Langhe, con verticali complete di etichette di culto, tra cui il Sassicaia. E con un motto che apre l’imponente tomo (oggi digitale), illustrato con grande eleganza da Elisa Macellari: “Il piacere della scoperta è la condivisione”. Le altre preferite di Benzi? Capofaro a Salina, «perché raccontata attraverso le coordinate geografiche, evidenziando il legame tra vino e luogo e scegliendo produttori in linea con i valori di identità territoriale»; quella di Blend4, enotavola di Azzate, direzione Lago di Varese, «che ricerca costantemente referenze inedite e tipologie dimenticate, con ricarichi onestissimi»; e quella del Consorzio di Torino, «una carta dei vini apparentemente semplice, dove è la naturalità a guidare le scelte, mai scontate e dai prezzi decisamente vantaggiosi». La semplicità (che non vuol dire banalità) e la comprensibilità sono decisamente due ingredienti fondamentali. «L’ermeneutica della carta dei vini – sottolinea Cristiana Lauro – è l’aspetto meno attrattivo per chi va al ristorante. I contenuti devono essere sintetici, comprensibili, senza retoriche impolverate e noiosissime. Mi piace che la grafica sia coerente con lo stile del locale e che garantisca chiarezza nella consultazione». Quella della Pergola del Rome Cavalieri, ad esempio, «non solo è ineccepibile da ogni punto di vista ma viene servita – sorride Lauro – in accompagnamento a occhiali di tutte le gradazioni, in caso di presbiopia».

Quali sono i criteri per giudicarla? «Me lo chiedo da anni e fin qui non ho trovato una quadra. Ho simpatia per le carte organizzate per struttura dei vini ma non mi convincono fino in fondo perché è un criterio discutibile. D’altra parte – prosegue – le selezioni dichiaratamente regionali sono vecchie e in pochi se le possono permettere. Se la carta dei vini è veramente regionale, e non un bluff, allora voglio vedere rappresentate anche la Calabria e l’Emilia Romagna, con più di una referenza». Quella di Enoteca Ferrara a Roma, «la più chiara e diretta che abbia mai visto al mondo», si prende la briga di dedicare una pagina a ogni vino, con tanto di etichetta. Ma tra le preferite di Lauro ci sono anche quelle milanesi di Contraste («laica e intelligente»), di Rovello 18 («dal grande rapporto qualità/prezzo e con una proposta colta e dedicata ai veri appassionati»), e de Il Luogo di Aimo e Nadia («impeccabile nel layout e nei contenuti, rappresenta tutto quello che cerco in una carta dei vini») e, cambiando destinazione, quella del celebre San Domenico di Imola perché «concreta, centrata, con numerose sorprese di annate introvabili». A queste già citate non possiamo non aggiungere la sconfinata wine list de La Ciau del Tornavento di Treiso: una collezione di oltre 5mila etichette da tutto il mondo, a cominciare da Barolo e Barbaresco. E qualche altra carta più “sudista”. Come quella del nuovo Aria Restaurant di Paolo Barrale a Napoli, non particolarmente estesa ma centrata sulla proposta culinaria, molto chiara e ben organizzata e arricchita dalle illustrazioni di Fabio Buonocore. E poi quella del Duomo di Ciccio Sultano. Citando lo chef, “una buona carta dei vini sostiene il ristorante, senza dimenticare che la si fa per i clienti e non per sé stessi”. Compilata dal sommelier Antonio Currò con grande passione, consente di fare un viaggio che inizia in via Capitano Bocchieri e che da Ragusa Ibla si dirama nelle migliori regioni vinicole al mondo, privilegiando i vini che esprimono il territorio e che raccontano la storia del vignaiolo. Chiudiamo infine con una carta che occupa un posto nel cuore di tantissimi cultori (a cominciare da chi scrive e parla in questo articolo). È quella di Roscioli, la storica gastronomia con cucina a Roma: una vera e propria enciclopedia – ma priva di prosopopea – con una carrellata entusiasmante di referenze italiane e straniere e una ricerca incessante di vini non convenzionali che rispecchiano l’esperienza e la sensibilità di Maurizio Paparello. Un vero fuoriclasse della sala italiana, tanto competente quanto umile.

Maggiori informazioni

Nella foto di copertina Maurizio Paparello nella fornita cantina della Salumeria Roscioli.

Ristorante Consorzio
Torino
ristoranteconsorzio.it

La Ciau del Tornavento
Treiso (CN)
laciaudeltornavento.it

Contraste
Milano
contrastemilano.it

Il Luogo di Aimo e Nadia
Milano
aimoenadia.com

Langosteria
Milano
langosteria.com

Rovello 18
Milano
rovello18.it

Blend 4
Azzate (VA)
blend4.it

Franceschetta58
Modena
franceschetta.it

Il San Domenico
Imola (BO)
sandomenico.it

Enoteca Ferrara
Roma
enotecaferrara.com

La Pergola del Rome Cavalieri
Roma
romecavalieri.com

Roscioli
Roma
salumeriaroscioli.com

Aria Restaurant
Napoli
ariarestaurant.it

Piazzetta Milù
Castellammare di Stabia (NA)
piazzettamilu.it

Capofaro Locanda & Malvasia
Malfa, Isola di Salina (ME)
capofaro.it

Duomo
Ragusa
cicciosultano.it

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