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Foto di Andrea Di Lorenzo

Come ti affogo il gelato

Uno dei classici dessert anni 80 aggiorna il suo glorioso passato tra specialty coffee ed estetica (più) gentile.

Quando aprite i post di Instagram lasciate l’audio? Sperando che la vostra risposta sia affermativa, andate a recuperare uno degli ultimi contenuti – ad alto tasso ASMR (acronimo di Autonomous Sensory Meridian Response) – postati dal pastry chef Fabrizio Fiorani, che nel 2019 è stato eletto il migliore nella sua categoria dalla nota classifica The World’s 50 Best Restaurants: siamo sicuri che vi ipnotizzerà. Cosa genera questa piacevole sensazione? L’estrazione di caffè – uno specialty 100% arabica, con un corpo di media acidità – che viene versato a filo (e non troppo caldo) su un gelato alla vaniglia, anche questa “speciale” perché è bio e proviene dal Madagascar, il tutto servito in una coppa di quelle con lo stelo lungo. In quale luogo raggiungere la pace dei sensi con questo dolce? Nel polo gastronomico del W Rome, sia da Zucchero X Fabrizio Fiorani, dolcissima boutique che mette al centro l’idea di Fiorani di “pasticceria italiana contemporanea” – vi abbiamo già detto che i cookies al cioccolato creano dipendenza? –, sia da Giano dove, con la complicità dell’executive chef Nicola Zamperetti, nascono capolavori come il tiramisù con gli occhiali o il cannolo del Sultano (omaggio al noto chef siciliano che qui fa la consulenza e che di nome, chiaramente, fa Ciccio). Tornando al nostro affogato al caffè – sì, perché se non era chiaro è a questo grande classico senza tempo che il pasticcere di fama internazionale si è ispirato –, ci è voluto un po’ di coraggio e una buona dose di nostalgia per farlo tornare in gran spolvero nell’alta pasticceria: «Mi ricorda la punta del celebre cornetto perché la sua fortuna l’ha fatta proprio la parte finale. Non trovate anche voi che questo mix che ho ricreato, da mangiare e bere alla fine, faccia molto anni 80?». Il vero lusso, però, è farsi preparare il gelato soft e “à la minute” con una delle macchine di Carpigiani quando si soggiorna in una delle camere del W: ci vorranno davvero 5 minuti per averlo mantecato prima di lasciarlo affogare nel caffè, anch’esso espresso.

In Umbria, da Une (locale di cui vi abbiamo raccontato la genesi nel nostro ultimo End Pieces che recuperate qui), lo chef Giulio Gigli ha riportato in auge uno dei dolci preferiti della sua infanzia, o almeno di quando in pizzeria a fine serata ordinava il tartufo bianco. «Partiamo dal presupposto che sono un patito di gelato: era da un po’ che pensavo di proporre una mia variante proprio sul concetto dell’affogato. Con Kuro, specialty coffee shop gestito da Chiara Tomassini a Foligno, abbiamo individuato la varietà di caffè durante una degustazione con i miei ragazzi. Ho scelto Mundo Novo, un’origine brasiliana di Peacocks, torrefazione di Lissone, in provincia di Monza e della Brianza (il torrefattore Matteo Pavoni è campione barista italiano 2022)». Sempre ispirato dalla stagionalità, ha utilizzato un bianchetto per il suo parfait che all’interno racchiude un cuore con infusione al sambuco tra i fiori raccolti proprio da loro lo scorso anno e del profumato St-Germain, entrambi sigillati sotto forma di semisfere congelate. «Lo tiriamo fuori prima del servizio affinché il centro assuma la consistenza di una granita, poi intorno aggiungiamo una meringa all’italiana secca e, direttamente a tavola, versiamo il cold brew». Per accompagnare, ricordatevi di chiedere il rum macerato (anche questo fait maison) a base di cachi vaniglia e semi di zucca. 

Non è la prima volta che Gigli usa il tartufo in un dessert – c’è stata anche l’albicocca farcita con pannacotta, miele e scorzone nero estivo –, intuizione che già in passato altri chef hanno avuto. Una variante ancora più regionale arriva dalle Marche, dove Daniele Citeroni Maurizi in un evergreen di Osteria Ophis rivisita il classico tartufo bianco: in questo caso si tratta di un semifreddo alla vaniglia ripieno di cioccolato e granella di funghetto offidano, ovvero il tradizionale biscottino secco aromatizzato all’anice. Forse, qualcuno dirà déjà-vu: sì, perché anche di questo vi avevamo già parlato. Il tocco finale? Ad “affogare” il dolce qui è l’orzo, sostituito al caffè.

Maggiori informazioni

Foto di apertura: L’affogato al caffè di Fabrizio Fiorani per W Rome, ph. Andrea Di Lorenzo

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