Da Zia, il ristorante stellato dello chef Antonio Ziantoni a Trastevere, dove l’alta cucina contemporanea e le preparazioni creative e impeccabili trovano spazio in un ambiente dall’eleganza rilassata e cosmopolita, il personale di sala veste giacche e maglie morbide, in tonalità che seguono le stagioni. A Il Sanlorenzo, raffinato ristorante di pesce con eccellente materia prima e impronta partenopea a due passi da Campo de’ Fiori, dove le opere d’arte colorano le sale in contrasto con gli arredi classici, le linee sartoriali di giacche e camicie si accendono di dettagli e guizzi vivaci come i tessuti rigati di fiocchi, cravatte e fazzoletti da taschino, o dei gilet dei barmen. Mentre da Coromandel, comodi pantaloni color cachi chiaro e camicie azzurre o maglie a righe su cui è ricamato il logo dell’eclettico locale romano specializzato in colazioni e lunch di stampo internazionale – una chiave d’antan – hanno da poco sostituito i colorati completi in stile pigiama dalle fantasie ricercate.
Tre indirizzi molto diversi tra loro, ma accomunati dall’attenzione ai dettagli non solo per quel che riguarda il piatto, e una firma unica per ciò che concerne l’abbigliamento da lavoro: è quella di Katia Minniti Berard, fashion designer di origini valdostane che ai 30 anni di esperienza nel mondo della moda ne affianca 12 da ristoratrice, come ideatrice e patronne appunto di Coromandel, locale romano che ha costruito “su misura” e che porta traccia evidente – dagli arredi al menu – del suo spirito curioso e poliedrico.
Coromandel Couture, la moda incontra la ristorazione
Dopo Maison Coromandel (sito internet attraverso cui vende oggetti di design e artigianato selezionati da lei o creati in collaborazione con artigiane e artigiani di tutta Italia), unendo le sue due anime, nel 2023 ha lanciato il brand “parallelo” Coromandel Couture. Progetto di moda legato al mondo della ristorazione e dell’hospitality, in qualche modo parte dal presupposto diametralmente opposto a quello con cui nacquero le divise nelle case signorili e nei primi ristoranti, a partire dal XVII secolo: se in origine servivano a distinguere facilmente coloro che si occupavano del servizio, annullandone in qualche modo la personalità con linee e (non) colori uniformi, oggi servono invece a comunicare l’identità del locale in modo immediato ed efficace, e a trasmettere un messaggio che vada di pari passo con la proposta gastronomica ma anche con lo stile del posto.
Dovrebbe essere così sempre, eppure non accade: indumenti stazzonati, dettagli fuori posto o, più comunemente, scelte banali e frettolose che non si adeguano al mood generale del locale e mortificano chi li indossa, sono più frequenti da trovare, e non solo nella ristorazione di fascia bassa.

«Ero stufa di andare a mangiare in posti bellissimi, dove però c’era un’attenzione alle divise praticamente nulla», spiega Minniti Berard, che è in primis un’appassionata di cucina e ospitalità. «Eppure è quasi la prima cosa che vedi quando entri in un ristorante e sei accolto dal personale». Così, è nata l’idea di proporre una linea di divise eleganti, funzionali e personalizzate – in linea con l’ambiente del lavoro quotidiano, che riflettano le tendenze della moda e l’evoluzione della cultura del servizio ma soprattutto l’identità di ogni singolo locale –, con tanto di showroom e laboratorio a due passi da Coromandel.
Dalle proposte sartoriali al prêt-à-porter
Qui vengono a trovarla i clienti per conoscersi e magari vedere (e toccare) da vicino tessuti e modelli. Ma in realtà il lavoro è ben più lungo e approfondito e il processo di scelta, nel caso della creazione sartoriale – che prevede uno studio approfondito su colori, tessuti e vestibilità, con l’ideazione di una linea ad hoc spesso in collaborazione con un sarto napoletano e l’utilizzo di bellissimi tessuti vintage ricercati con passione – non può esaurirsi di certo con una chiacchierata: «Per me è fondamentale capire bene la tipologia di cliente, e di locale, per comprendere anche fino a dove mi possa spingere nell’osare qualcosa di un po’ più particolare. Per questo, vado sempre di persona a visitarlo durante il servizio, per osservare dinamiche e clienti. Capita anche di sbagliare: per un ristorante con una numerosa clientela “istituzionale”, ad esempio, inizialmente avevamo scelto per l’estate delle magliette a maniche corte. Ma non tutti hanno apprezzato, e abbiamo cambiato soluzione».

Non si tratta, però, di un progetto elitario: secondo Katia Minniti Berard l’attenzione all’abbigliamento da lavoro vale tanto per gli stellati quanto per pizzerie, bistrot e trattorie; e per ogni budget. Ecco perché con Coromandel Couture propone anche delle soluzioni più “standard” – ma comunque personalizzabili con loghi e dettagli – fatte di modelli già pronti che si possono anche mescolare in svariate combinazioni, o adattare alla fisicità di chi li deve indossare: «Il comfort di chi lavora è fondamentale, e oltre alle linee punto molto anche sui materiali: prediligo il cotone e i tessuti naturali, che magari durano un po’ di meno ma sono decisamente più confortevoli». Una soluzione particolarmente versatile – ma di effetto – sono grembiuli e parannanze, che lei propone anche in modelli e con colori e tessuti originali: sono la scelta ideale soprattutto per gli extra o nei locali dove c’è molto turnover di personale, perché hanno taglie “regolabili” e si possono scambiare facilmente.
Ma a volte bastano davvero pochi dettagli per riuscire a comunicare il proprio stile: «Sconsiglio sempre il nero totale, che è un colore “bloccante”, che non crea empatia e connessione. Mentre anche una semplice fascia colorata in testa può richiamare l’ambiente e la sua bellezza». Per chi ha poco budget e non sa da dove iniziare, poi, propone anche un servizio di personal shopper: si analizza insieme lo stile del luogo e l’immagine da comunicare e, con il suo aiuto, si individuano “pezzi facili”, anche di marchi decisamente pop, da assemblare nel modo giusto o magari da personalizzare con piccoli dettagli come appunto fasce, fazzoletti o altro. Perché oggi davvero non ci sono più scuse per scegliere il “bianco e nero” d’ordinanza.