Non è una pizza, non è un pane, non è una focaccia: un po’ come Balto, la falia di Priverno sa bene soltanto ciò che non è. Eppure, proprio come il celebre cane da slitta, anche questo prodotto ha un’identità precisa, un’anima tutta sua: quella della falia.
Parliamo di un lievitato con vita propria, delizioso e dotato di una dignità gastronomica che merita di essere riscoperta. A contribuire in modo decisivo alla sua popolarità negli ultimi anni è stato Luca Mastracci, pizzaiolo del territorio e volto in ascesa della panificazione italiana. Nella sua pizzeria Luca!, a Frosinone, ha costruito un menu fortemente legato ai sapori locali, in cui spicca proprio questa preparazione, proposta tra gli antipasti.
Ma cos’è la falia? Si tratta di una sorta di pane-focaccia, realizzata con ingredienti essenziali: farina, acqua, lievito madre, olio extravergine d’oliva e sale. La sua forma è allungata e schiacciata, con caratteristiche scanalature longitudinali che aiutano a trattenere l’olio, conferendole un sapore ricco e una consistenza piacevolmente rustica. Non è pane, non è pizza: è un prodotto autonomo, radicato profondamente nella cultura gastronomica della zona dei Monti Lepini, nel Lazio meridionale.
Storia e leggenda della falia
La falia era quasi scomparsa dalle tradizioni locali, riscoperta proprio da Mastracci: «Ho iniziato a studiare questo prodotto nel 2014. Andavo in giro per i vicoli di Priverno chiedendo alle anziane del posto come fosse la loro vita nel dopoguerra e tutte mi raccontavano come affrontavano le giornate. A Priverno c’erano circa sette forni comunali in cui le donne andavano a cuocere il pane. La falia veniva infornata prima del pane, cosparsa di olio, con dei solchi centrali per contenere il grasso. Veniva usata per stemperare il forno innanzitutto ma anche per avere qualcosa “da fare” mentre aspettavano che il pane “vero” fosse pronto. All’epoca il pane veniva cotto una sola volta a settimana, in grosse quantità, e quindi, mentre attendevano, mangiavano la falia, la condivano con il chiacchieteglio e discutevano della vita quotidiana».
L’origine del prodotto è contadina e popolare, una sorta di antipasto per le amiche del forno, un premio per l’attesa durante la cottura. Il nome nasce da una leggenda: Mastracci ci racconta che, a quei tempi, c’era una signora, Lia, che sfornava una falia buonissima. Tutti chiedevano chi la cucinasse e la risposta, ovviamente, era sempre la stessa: «La fa Lia», da qui il nome.
Cos’è il chiacchiteglio?
I chiacchietegli sono una particolare varietà di broccoletti viola coltivati nelle pianure di Priverno, vicino al fiume Amaseno. La loro origine è ignota, ma la semente e la tradizione si tramandano di generazione in generazione. Seminati in estate e trapiantati in campo, i primi germogli viola e ramificati spuntano prima di Natale. La raccolta inizia tra fine gennaio e inizio febbraio con la cimatura dell’infiorescenza centrale, seguita dalla raccolta scalare dei germogli laterali fino a Pasqua. Il nome “chiacchietegli” deriva dalla somiglianza di questa operazione con la “scacchiatura” della vite.
Questi broccoletti possono essere conservati sott’olio o gustati freschi in numerosi piatti locali. Il loro utilizzo più tradizionale è nella zuppa di chiacchietegli: si preparano in una pentola di terracotta con un soffritto di aglio e olio (o lardo, in passato), e si servono su fette di pane raffermo, irrorati con olio extravergine di oliva itrana.
La falia di Luca Mastracci
Per il pizzaiolo frusinate «la falia è stata una salvezza. Durante il covid la cucinavo, si è sparsa la voce e in un mese ho avuto 15-20 clienti tra botteghe e supermercati che me la chiedevano. È diventata un must, mi ha aiutato in quel periodo di depressione che tutti abbiamo passato chiusi in casa. Quando ho aperto la prima pizzeria a Priverno la mandavo come amuse-bouche a tutti i clienti, oggi è diventata un must e ne sono molto felice perché è un prodotto del territorio che ci ha sempre aiutato nel corso della nostra storia. Al ristorante la servo sia come prodotto singolo sia in degustazione, il ripieno segue la stagionalità ed è sempre molto apprezzata dai clienti».