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Foradori

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Sul fondale grandioso delle Dolomiti, il lavoro di una famiglia di "custodi della terra".

“Custodi della terra”: è così che la famiglia Foradori-Zierock descrive se stessa e il proprio lavoro. Un organismo plurimo e vitale, quello della loro azienda, impossibile da distillare in sole tre parole ma che dalla precisione e chiarezza degli obiettivi e delle vie per raggiungerli trae il suo spirito più autentico. A incorniciare una storia che oggi ha raggiunto il quarto passaggio generazionale — nel 1939 Vittorio Foradori acquista l’agricola che consegnerà nel ’60 al figlio Roberto, nell’84 la prima vendemmia di Elisabetta, mentre dal 2012 sono all’opera i giovani Emilio, Theo e Myrtha Zierock — c’è il fondale grandioso delle Dolomiti. Un avamposto di confine ma anche un varco di passaggio tra il Mediterraneo e l’Europa continentale, che sembra conservare le energie particolari che si sviluppano al limitare delle frontiere. È in particolare nei terreni sciolti, magri e ben drenati della pianura alluvionale formata dal Noce, il cosiddetto Campo Rotaliano, che si estendono i loro vigneti, insieme a quelli che coronano la collina rossa di argilla e bianca di calcare di Fontanasanta, a est di Trento. Gli sforzi complementari di ognuno dei membri della famiglia facilitano la gestione di un totale di 30 ettari (l’80% a teroldego, il 10% a Manzoni bianco, il 5% a nosiola e il 5% a pinot grigio) dai quali si ricava una media di 180mila bottiglie l’anno. Se la certificazione Demeter e ICEA (Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale) arriva ufficialmente solo nel 2009, è da un ventennio esatto che in azienda la biodinamica è una missione globale e pervasiva: «Questo tipo di agricoltura si può definire un intervento agronomico “solare” — spiegano — e ogni pratica in campagna tende a portare le forze del sole nei processi vitali del terreno e della pianta». Nel 2002 si inizia con i primi trattamenti a base di preparati biodinamici, seguiti da ricerche accurate sulla selezione clonale per aumentare al massimo la variabilità genetica e tutelare la biodiversità delle varietà più legate al territorio: nosiola e teroldego. L’ultimo e più recente passo — una sorta di quadratura del cerchio che lega i portatori di questa visione alla terra che li ospita — è l’introduzione di animali in azienda. Non solo quelli selvatici che hanno fatto ritorno naturalmente tra i filari ma anche le mucche di razza Grigio Alpina che pascolano nelle vigne a fine vendemmia e inizio germogliamento, regalando il latte ricco e di carattere che si trasforma in formaggi e fermentati.

Maggiori informazioni

Mezzolombardo (Trento)
agricolaforadori.com

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