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Gravner

Gravner

Il percorso del vino qui ha un respiro cerimoniale, in accordo con i ritmi d ella natura.

Protagonista nell’ultimo scorcio del Novecento di successi enologici centrati sui vitigni internazionali, Josko Gravner compie una sterzata netta e radicale verso vini da uve autoctone negli anni Duemila: dal 2012 tutti i vigneti sono a pignolo e ribolla e nel 2022 l’unico bianco rilasciato è appunto la Ribolla. Una decisione che va di pari passo con quella di abbandonare la vinificazione in acciaio per ricongiungersi con la tradizione, dedicandosi a sperimentare la fermentazione con lunga macerazione in grandi anfore in terracotta interrate, che dalla Georgia porta fin sulle colline al confine tra Italia e Slovenia. I vini di Gravner nascono infatti a Oslavia, a cavallo tra il Collio goriziano e lo sloveno Brda. L’azienda è una piccola realtà familiare, dove tre generazioni lavorano oggi insieme e dove il giovane Gregor, figlio di Mateja Gravner, da un paio d’anni a²anca il nonno nel lavoro in vigna e in cantina, recependo i suoi insegnamenti eppure sviluppando idee proprie. Dialogando con Josko e con la figlia Mateja – che oggi accompagna le etichette di Gravner sulle tavole e nelle carte dei vini di mezzo mondo – emerge un senso di equilibrio che trasuda dalle passeggiate in vigna e dalle riflessioni in cantina, dove l’essenzialità è un ritorno indietro nel tempo. Sì, perché nell’anima di Gravner “la strada vecchia è la strada nuova”. E dopo aver riempito la cantina del padre con tutta la tecnologia possibile, l’ha poirivenduta. Non ci sono macchine tra i muri di Oslavia, la diraspatrice non serve più e le follature vengono fatte a mano. In cantina, il percorso del vino segue la regola del sette: il cambiamento biologico dell’essere umano avviene con cicli di sette anni, allo stesso modo i vini necessitano di un invecchiamento di sette anni, uno in anfora e sei in botti grandi. A scandire i momenti del lavoro in vigna – dove nel 2015 avviene la conversione alla biodinamica – e in cantina è il calendario (secondo l’interpretazione di Maria Thun) basato sulle fasi lunari e sulle posizioni dei pianeti. Ogni vigneto poi ospita uno stagno che attira insetti, animali e piante spontanee, capaci di ristabilire l’equilibrio naturale. Il percorso del vino in casa Gravner ha un respiro da cerimoniale. Forse perché tutto ha preso avvio nel 1996, quando due disastrose grandinate distrussero il 95% della produzione dell’annata. In quei momenti di sconforto, Josko inizia una riflessione nuova e le poche uve raccolte vengono utilizzate per fare le prime prove di macerazione della ribolla. Negli stessi anni Gravner ha segnato la strada e oggi è considerato un antesignano dei cosiddetti “orange wine” italiani.

Maggiori informazioni

Oslavia (Gorizia)
gravner.it

 

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