Un rotolo di pasta lievitata e lavorata a mano a base di farine locali, latte, panna, burro di latteria, uova “arcobaleno” e grappa, spennellato con un mix di confetture, accoglie un ripieno di noci, nocciole, amaretti, pangrattato tostato nel burro e pinoli italiani tagliati longitudinalmente e disposti a mano come le uvette per assicurare la distribuzione ottimale perché «nessun ingrediente della gubana deve essere predominante quando la si assapora», come raccomandava la bisnonna Maria. Sono i gesti precisi appresi da lei e tramandati di madre in figlia (e oggi a Giacomo) che assicurano la forma elegante, con la “testa” che resta in superficie a mo’ di fiorellino, e l’interno dalla striatura equilibrata. «Raccomandiamo di scaldarla appena prima di mangiarla mentre non c’è bisogno di bagnarla con la grappa, come si fa solitamente per gubane più secche», specifica Brandolin.