Fulvio Pierangelini pasta al pomodoro

I segreti di Fulvio Pierangelini per la pasta al pomodoro perfetta

Rispettare la forma naturale dei frutti, separare la polpa e i semi, non usare mai il coltello: in cucina con un maestro d’eccezione per imparare a preparare un piatto di spaghetti a prova di chef.

Immaginate una squadra di giornaliste milanesi, munite di grembiule, a pelare pomodori in Sicilia. È ciò che accadeva lo scorso aprile nell’orto della società agricola del Verdura Resort a Sciacca, di fronte allo sguardo esaminatore di Fulvio Pierangelini. Oggi il cuoco dirige i ristoranti del gruppo Rocco Forte, ma in molti lo ricorderanno per il suo Gambero Rosso di San Vincenzo, insegna pluristellata dove lo spaghetto al pomodoro era un signature già negli anni Novanta.

E se pensate che si tratti di un piatto alla portata di tutti, cucinare la pasta al sugo con chef del calibro di Pierangelini è un altro paio di maniche. Bisogna rimboccare i polsini, preparare le dita e i palmi, ascoltare senza pronunciare sciocchezze. «Per sbucciarli facciamo l’incisione a croce?» ha chiesto una collega. «Solo se li vuoi distruggere, loro odiano le lame dei coltelli» ha risposto lui riferendosi ai pomodori come fossero persone. «Li dovete accarezzare». Nessuna ha più avanzato domande tecniche.

Un pomodoro non vale l’altro

Fulvio Pierangelini ha sempre avuto i suoi contadini, conosce profondamente la terra, parlava di sostenibilità prima che il concetto fosse sulla bocca di tutti. «Dovete scegliere bene le materie prime – comincia – perché cucinare è un atto sociale e dalle vostre scelte dipende non solo la buona riuscita di un piatto ma anche il futuro della natura. Questa va ascoltata, assecondata, protetta». Riguardo ai pomodori, consiglia di cercare i più languidi e i più maturi, e di combinare almeno tre varietà perché «ogni frutto ha le sue caratteristiche e solo unendole si ottiene una buona salsa». Noi abbiamo usato San Marzano, Cuore di Bue e Tondo Ramato, circa 200 grammi per ogni etto di spaghetti.

I primi tre passaggi sono cruciali

«La cosa peggiore che si può fare ai pomodori prima di scottarli, è inciderli. L’acqua penetra all’interno e la polpa perde sapore» spiega lo chef. «Bisogna rispettare la forma naturale dei frutti, sfiorarli con dolcezza e sbucciarli delicatamente con le dita. Una volta pelati, sempre con le mani vanno privati dei semi che costituiscono la parte più acida» continua, dimostrando come il suo obiettivo sia tramandare non ricette, ma valori. «Ai ragazzi insegno come rispettare e lavorare gli ingredienti, così che in futuro possano preparare ottimi piatti da soli».

Chi taglia, sbaglia

Se chiedessimo a Pierangelini qual è il colmo per un pomodoro, ci risponderebbe «finire concassé». In francese, il termine significa “finemente tagliato” e indica una tecnica culinaria applicata alle verdure. Ma guai a guastare con le lame la polpa di un ortaggio. «I pomodori dovete spezzarli gentilmente con le mani, uno a uno, senza alternarne la struttura, altrimenti perdete i sapori e snaturate la cucina, che dev’essere espressione del territorio così com’è». Sono le parole di un cuoco che si è sempre pronunciato contrario a tecnicismi e intellettualismi. I pomodori a pezzetti vanno adagiati in padella con olio extravergine d’oliva, un paio di spicchi d’aglio schiacciati con il palmo, un rametto di timo, qualche ciuffo di basilico, fior di sale e un pizzico di zucchero per bilanciare il gusto. Bisogna lasciarli sussultare a fuoco dolce, senza mescolare, poi via l’aglio e le foglie di basilico esauste. «In questa salsa la pasta sì che sarà felice» assicura lo chef. Il tocco finale? Basilico spezzettato, Parmigiano Reggiano come se piovesse, abbondante olio e – ecco il trucco – qualche cubetto di burro.

Il vero segreto non è nel piatto

Servire la pasta al pomodoro al ristorante significa confrontarsi ogni volta con secoli di nonne, tradizioni e ricordi personali. «Lo scopo è la semplicità, il richiamo a elementi noti che custodiscono i sapori e i profumi del territorio. Noi chef dobbiamo cercare il meglio, non scendere a compromessi, essere coerenti e rispettosi» dichiara manifestando un’etica e un’intransigenza sui valori inflessibili. Il segreto non sta nel perfetto equilibrio tra gli ingredienti nel piatto, ma nello scambio tra le parti coinvolte: terreno, clima, agricoltori, trasformatori e cuochi devono interagire e relazionarsi come un sistema. Tutto è parte di una rete e chi se ne dimentica, consumatori compresi, è complice della standardizzazione e dell’impoverimento della cucina.

Dove assaggiare gli spaghetti di Fulvio Pierangelini

Al Verdura Resort, il piatto si assaggia al ristorante L’Osteria, a pranzo e a cena. I pomodori e le erbe aromatiche provengono dall’orto della tenuta, e anche l’olio extravergine d’oliva è autoprodotto: ha un colore verde brillante e all’olfatto presenta un bouquet di profumi tipici del luogo. Sentori di carciofo, fiori di zagara, menta e basilico scivolano sul palato amalgamandosi al gusto unico del pomodoro fresco.

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