“E noi che abbiamo vent’anni, e una voglia fottuta di fare rumore”, cantano i Pinguini Tattici Nucleari. Di rumore, Giammarco Gori ne sta facendo eccome. Classe 2005, a soli 20 anni è già parte del team che ogni sera anima il bancone di Locale, a Firenze – 36esimo nella classifica dei The World’s 50 Best Bars. Tradotto? È il bartender italiano più giovane in una delle realtà più prestigiose al mondo. E forse non solo in Italia.
Che quello del bartender non sia un mestiere da “vecchi” lo dicono i turni infiniti, le ore passate in piedi e quell’energia necessaria per trasformare ogni servizio in una festa. Ma quanto spazio c’è davvero per un ventenne della Gen Z in un contesto d’élite, in cui si mescolano rigore tecnico, visione creativa e resistenza fisica?
Spoiler: parecchio. E ce lo racconta lui stesso, con la naturale spavalderia di chi sa di avere ancora tutto da dimostrare – ma anche qualcosa da insegnare.
«Ho iniziato guardando video su YouTube»
«Tutto è cominciato quando avevo 12 o 13 anni. Guardavo i video su YouTube di mostri sacri del bar come Luca Cinalli e Mr. Tolmach e rimanevo colpito da come riuscivano a far star bene le persone, anche solo con una battuta o un drink». Giammarco Gori non aveva ancora iniziato l’alberghiero, ma già studiava da autodidatta: libri, articoli, corsi online. A 15 anni arrivano le prime formazioni vere e proprie, ma il percorso non è affatto in discesa. «Tra i 15 e i 17 anni ho fatto molti sacrifici. A quell’età non hai ancora gli strumenti per capire cosa sia giusto o no, ma io una cosa la sapevo: volevo fare sempre qualcosa in più degli altri».
La scuola, però, non lo agevola. «Ti proponevano lo stage nel bar sotto casa, ma io volevo di più. Così mi sono presentato da Move On, ai piedi del Duomo di Firenze. Era pieno zeppo, vibrante. Ho chiesto di poter fare lì lo stage. E mi hanno detto sì».
Così, Giammarco finisce davvero dietro al bancone. «Il mio ex capo barman mi chiamò per mostrarmi come funzionava il servizio. Poi, all’improvviso, mi mise dietro al banco a preparare da bere. C’erano lui e l’ex direttore che mi osservavano. Ero sciolto, a mio agio. Era il mio posto. Quel giorno ho capito che la mia vita stava finalmente iniziando».
Perché proprio Locale
«Ci ho sempre pensato. Locale non è solo uno dei 50 Best: è grandezza, mentalità, possibilità di crescita. È un posto dove puoi davvero formarti». Giammarco Gori ricorda perfettamente il momento in cui ha messo piede per la prima volta nel cocktail bar fiorentino. «Mi sono seduto al banco per un drink e ho chiesto se potevo lavorarci. Una settimana dopo ero dentro. Non ci potevo credere».
Oggi fa parte del team guidato dai bar manager Fabio Fanni e Alessandro Mengoni. E vive ogni giorno il ritmo intenso, la pressione costante e l’energia creativa che animano Locale: un ambiente dove le aspettative sono alte, e le ambizioni ancora di più.
Piccolo in un mondo di grandi
«Forse è proprio questo il bello: non mi rendo conto della mia età. Forse lo capirò tra qualche anno. Ma adesso no. Ogni tanto mi dispiace non aver fatto di più, ma ho un percorso da seguire. E lo sto portando avanti. Perché dovrei sentirmi piccolo, se nemmeno realizzo di esserlo?».
Per Giammarco Gori, vent’anni appena, l’età è poco più di un numero. «Nel lavoro contano l’atteggiamento, la mentalità. E ciò che trasmetti, anche fuori dal turno». A Locale, racconta, l’esperienza va oltre il servizio: «È come un’università della mixology. Hai ingredienti, attrezzature, macchinari. Il risultato è importante, certo. Ma lo è ancora di più il modo in cui ci arrivi».
Un modello per gli altri
Onore o onere? «Dipende da come la vedi. Per me è un riconoscimento. Sto facendo ciò che amo, perché dovrebbe essere un peso?». Giammarco Gori sa bene che il suo ruolo ha un peso, ma non lo teme. Se lo prende tutto. «Voglio essere d’ispirazione per chi ha paura di provarci, per quei ragazzi che non sanno se buttarsi o meno. Amo avere responsabilità, lavorare sotto pressione mi stimola: è naturale per me».
Ed è proprio quella pressione che, a ogni turno, il “bambino” di Locale trasforma in carburante. «Mi dà l’occasione di rappresentare il futuro del settore. Voglio essere un modello per altri giovani: portare innovazione, freschezza, una nuova visione. Questa è la mia vera responsabilità».