Cerca
Close this search box.
Nutriscore: Formaggi Italiani Dop e Igp

Nutriscore: semaforo rosso per i pilastri della dieta mediterranea

L’Associazione dei Formaggi Italiani Dop e Igp presenta alcuni dubbi sul nuovo sistema di etichettatura nutrizionale, che metterebbe al bando alcuni dei prodotti d’eccellenza della nostra tradizione gastronomica.

Semplificare, riassumere, schematizzare non è mai scontato, specie quando sotto la lente di ingrandimento ci sono temi complessi come il cibo e il nostro rapporto con la tavola. Se oggi siamo oltre il pacifico riconoscimento della correlazione tra corretta alimentazione e buona salute, a scaldare il dibattito sono i sistemi di etichettatura nutrizionale, obbligatori per quasi la totalità dei prodotti alimentari da Regolamento Europeo del 2016 e oggi in fase di affinamento. Alle indicazioni imposte per legge, infatti, si sono aggiunti alcuni sistemi supplementari, già adottati da alcuni stati come Francia e Gran Bretagna. Premesse e obiettivi lodevoli: fornire ai consumatori strumenti utili per l’adozione di comportamenti sani e combattere le patologie legate a un’alimentazione sbilanciata. Le modalità e le strategie di attuazione, però, restano dibattute e controverse.

Il Nutriscore — questo il nome del sistema di attribuzione nutrizionale elaborato in Francia, che entro 12 mesi potrebbe essere esteso a tutti i paesi Ue — si basa sul conteggio dei nutrienti presenti in 100 grammi (o ml) di prodotto, indipendentemente dalle porzioni medie di riferimento. Una valutazione sulla percentuale di grassi saturi, zuccheri, proteine, sodio, fibre e calorie che si traduce nell’attribuzione di un colore e una classificazione (dal verde della A al rosso della E) ed esprime un giudizio sulla “pericolosità per la salute”. Via libera quindi non solo a frutta e verdura, ma anche a cibi processati e ai cosiddetti prodotti “light”, che rientrerebbero nella fascia più sicura indipendentemente dalla presenza di additivi o edulcoranti. Semaforo rosso, invece, per alcuni dei pilastri della dieta mediterranea: tra tutti olio, insaccati e latticini.

Un grido di allarme, dunque, quello lanciato il 15 marzo durante un incontro indetto a Roma da AFIDOP — Associazione dei Formaggi Italiani Dop e Igp che, a 30 anni dalla nascita del marchio Dop, legge nella possibile nuova normativa segnali preoccupanti per il mercato dei prodotti italiani e i valori di cui sono emblema. Quelle che riguardano l’alimentazione non sono infatti mai soltanto scelte politiche ed economiche, ma anche e soprattutto sociali e culturali. Basti pensare a come, dal 2010, la dieta mediterranea sia entrata a far parte del patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO. Un modello che è rimasto costante nel tempo e nello spazio di territori affacciati sul Mare Nostrum, accomunati dal consumo di cereali, frutta e verdura fresca e secca e, in misura più moderata, carne, pesce e latticini. Ben oltre il semplice elenco di materie prime o l’osservazione di una tabella nutrizionale, la nostra cucina è vessillo di uno stile di vita che comprende conoscenze, rituali, simboli e tradizioni che riguardano la coltivazione, l’allevamento, la conservazione e, più di ogni altro, la condivisione e il consumo di cibo. Appare dunque riduttivo, e addirittura fuorviante, incasellare gli alimenti che ne stanno alla base secondo categorie schematiche, che valutano le materie prime come semplici commodities da raccomandare o viceversa sconsigliare in assoluto al di fuori del loro contesto.

Una posizione puntuale e illuminata quella di Stefano Patuanelli, Ministro per le Politiche Agricole, Agroalimentari e Forestali, che è intervenuto all’incontro dichiarando: «È un sistema che non informa, ma che punta solo a condizionare il consumatore — spiega in sintesi —. Il pilastro centrale per una sana alimentazione è l’educazione e la consapevolezza su cosa e come si mangia. Solo così il consumatore potrà scegliere. Non ha senso imporre una dieta, tantomeno in paesi in cui la cultura gastronomica è vasta e varia, differenziata per territori e per generi alimentari».

Un’educazione, appunto, che privilegi la qualità dei prodotti e la giusta misura per ogni vivanda, passando per le tavole di casa come per quelle dei ristoranti e riconosca negli chef del nostro paese dei preziosi alleati. Uno su tutti Davide Oldani, ospite alla tavola rotonda AFIDOP per raccontare il suo punto di vista. «La cucina è armonia quando nutre e fa bene, è basata sulla stagionalità e sulla varietà, è amica del territorio e ne rispetta le radici culturali. I formaggi facevano parte della dieta dei nostri antenati e non dovrebbero mancare neanche in quella dei nostri figli. Dietro ogni Dop c’è un patrimonio enogastronomico fatto di tradizioni, persone, territori e clima unici al mondo per peculiarità». Non intende dunque rinunciarvi nei menu del D’O, ma con un occhio di riguardo alla misura e alla varietà. Find the real one è la sua interpretazione del classico carrello dei formaggi, una tradizione consolidata che vede chiudere i pasti con le più raffinate selezioni casearie: un piccolo assaggio di una specialità italiana che varia di mese in mese, da assaporare insieme a una parte dolce e una base di pane. Niente di così distante dal caro vecchio “pane, formaggio e miele”, ma in una veste nuova e leggera. Finché ci saranno cuochi in grado di traghettarla nel futuro, la grande tradizione gastronomica italiana può dirsi salva.

Maggiori informazioni

Condividi

Facebook
Twitter
LinkedIn
Articoli
correlati