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Claudio Liu: «La nostra cucina libera»

Il patron del gruppo racconta l'evoluzione e le novità del sistema Iyo, tra Milano e l'Oriente.

Flashback: Milano, 2007. Un giovane ventiquattrenne nato in Cina e cresciuto in Emilia, innamorato del Sol Levante e della sua arte culinaria, inaugura a via Piero della Francesca uno scenografico locale di ispirazione giapponese, dall’approccio creativo e contemporaneo (fusion, direbbe qualcuno). Si chiama Iyo – desinenza di Ukiyo, cioè “mondo fluttuante” – e serve in maniera impeccabile sushi, sashimi, uramaki e gunkan (non tradizionali in senso stretto), buoni come raramente si sono visti, almeno a Milano. Quattordici anni dopo, quell’intuizione frutto di passione e intelligenza imprenditoriale si è evoluta in un gruppo di quattro insegne – due delle quali premiate con la stella Michelin, caso ancora unico in Italia per ristoranti di cucina non italiana – che incarna perfettamente lo spirito innovativo e dinamico della città. Se pensate che quel giovane lungimirante, nel frattempo, si sia ritirato nel back office a godersi il meritato successo, vi sbagliate di grosso. Claudio Liu è ancora in sala, con il suo consueto garbo e un entusiasmo reso oggi più efficace dalla maturità, e governa una squadra di una settantina di persone (che superano quota 100 se aggiungiamo anche il ristorante Ba del fratello Marco e Gong della sorella Giulia: sei locali in tre).
«In questo periodo mi capita anche di trascorrere 16 ore al ristorante. Non vorrò mai smettere di lavorare in sala. Mi dà modo di confrontarmi con clienti da tutto il mondo, osservare le loro reazioni quando assaggiano un piatto, controllare le tempistiche e le singole partite. Stare in mezzo a quel meccanismo mi dà la lucidità e le informazioni necessarie per capire il mercato e per prendere le decisioni giuste».

Dall’esperienza di Iyo, nel 2018, è nato Aji, premium delivery di sushi e cucina orientale, con una dark kitchen aperta in tempi non sospetti, prima delle mode e della pandemia. E nel 2019 è Piazza Alvar Aalto – la più cosmopolita e proiettata nel futuro – il palcoscenico naturale per una doppietta elettrizzante: Iyo Omakase, con un banco in puro stile tradizionale giapponese, e Aalto, un fine dining che si smarca da pregiudizi e facili definizioni. «Io sono un cinese cresciuto in Italia, lo chef Takeshi Iwai è un giapponese che lavorava in un farm restaurant nella campagna lombarda. Siamo cittadini del mondo e Aalto rappresenta il nostro spirito, la nostra voglia di fare una cucina libera, senza etichette». Attraverso piatti-ponte tra cultura gastronomica italiana e tecniche e gesti di quella giapponese (e contaminazioni dal mondo) come gli spaghetti cacio e pepe alla Tsukemen con ostriche-bushi grattugiato (alla maniera del katsuobushi) da intingere in un brodo di anguilla in saor e completare con olio di pino e ginepro, guancia di maiale e olio al caffè, sedano e Lime-kosho (preparato secondo la tecnica utilizzata per lo yuzukosho). Oppure il risotto a mano e gelato ai ricci di mare in cui lo chef rievoca il ricordo del sushi della sua infanzia.

Una cucina amplificata dal progetto firmato da Maurizio Lai (vincitore del premio per il miglior interior design ai Food&Wine Italia Awards del 2020) in cui si combinano elementi ad alto tasso tecnologico con materiali naturali come legno di noce canaletto, porfido grigio-verde e ottone. Lo spazio custodisce, come detto, anche un ristorante nel ristorante: qui sette fortunati ospiti, seduti al banco dell’omakase, possono osservare il rigoroso mestiere del Sushi Master Masashi Suzuki, interagire con lui e rivivere la tradizione dell’Edomae-zushi, che affonda le radici nell’epoca Bunsei (1818-30), fase finale del periodo Edo (l’antico nome di Tokyo). Un percorso immersivo e rituale, di “complessa semplicità”, in cui si susseguono sakizuke, nigiri, sashimi e misoshiru.
«Funziona benissimo ma è giunto il momento di dare il giusto spazio alle due diverse anime. Sto cercando una location indipendente per Iyo Omakase – svela Liu – possibilmente con un giardino, dove fare un viaggio sensoriale, rilassarsi e bere un tè, e godere di un racconto approfondito della materia prima e della cucina».

Non è l’unica novità in programma per il 2022: posticipato per via dell’emergenza sanitaria, è in cantiere l’ennesimo restyling di Iyo (ancora con il contributo di Lai), che si ingrandirà di altri 130 metri quadrati: «Ma interverremo anche sullo stile del servizio, sulle divise del team e sull’esperienza al tavolo. Vogliamo aggiungere celle per la maturazione del pesce, una pasticceria climatizzata (per la gioia dell’ottimo pastry chef Luca De Santi, autore di dessert anche questi inediti e particolarmente originali per un ristorante asiatico, ndr), una zona bancone con miscelazione, in cui sperimentare abbinamenti con cocktail creativi, e un laboratorio al piano -1 dove faremo cucina di ricerca». Iyo Experience ha oggi lo status di un grande ristorante (anche nella sartorialità del servizio e nelle ambizioni della cantina) in cui diventa quasi pleonastica la postilla “di ispirazione giapponese” o qualsiasi altro distinguo. E la rivoluzione gentile di Claudio Liu non si ferma qui.

Maggiori informazioni

AALTO RESTAURANT 
Piazza Alvar Aalto, 20124 Milano
aalto-restaurant.com

Foto in apertura: Claudio Liu, patron del gruppo Iyo

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