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Capofaro

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L’incanto di Capofaro, dalla vista alla tavola

Il Relais & Châteaux della famiglia Tasca sull’isola di Salina è un luogo magico dove s’incontrano natura e mare, ospitalità e vino. E anche un’eccellente cucina, con la guida dello chef Gabriele Camiolo.

Da quando “l’orto” è diventato uno dei trend imprescindibili dell’alta gastronomia è facile trovare due o tre filari di lattuga e qualche cespuglio di erbe aromatiche disposte ad arte ad accogliere gli ospiti dei ristoranti, lasciando spazio più alla componente estetica del mondo vegetale che all’impiego effettivo nel menu. Non è quanto avviene a Capofaro, la tenuta di Tasca d’Almerita sull’isola eoliana di Salina, che completa con la sua struggente bellezza – e con il fascino del faro, ancora funzionante e gestito dalla Capitaneria di porto di Reggio Calabria, che di notte illumina col suo tratteggio la costa e le stanze ricavate appena sotto la struttura – il mosaico vitivinicolo e di ospitalità della casata siciliana.

Qui il profumo di rosmarino e alloro accompagna il tragitto dalle camere diffuse ai tavoli del ristorante, mentre zucchine e tenerumi crescono accanto al faro, su richiesta dello chef; insalate, erbe e fiori (freschi e conservati, come i boccioli di acacia e glicine raccolti nel periodo della fioritura e messi sotto sale come per i sakura giapponesi, o quelli di papavero che stanno finendo in giardiniera in questi giorni) compongono invece la deliziosa misticanza e finiscono pure in alcuni cocktail messi a punto dal Bar Manager Mattia Patruno. Persino le potature verdi dei vigneti di malvasia – sei ettari disseminati nella tenuta, tra cui la panoramica e bellissima vigna Anfiteatro dalle cui uve nasce la Malvasia Dolce che affianca il fresco e sapido Didyme, perfetto per accompagnare gli aperitivi vista mare – vengono conservate per usi culinari, e dai frutti degli alberi d’olivo impiantati da decenni a proteggere dal vento questo angolo incantato d’isola si ottiene un profumato olio extravergine che con gli altri quattro, uno per tenuta, completa il racconto aromatico e piccante, diversificato tra cultivar e terroir, del mondo Tasca.

Da quando, lo scorso anno, la guida della proposta gastronomica di Capofaro è passata nelle mani di Gabriele Camiolo – che ne era pasticcere dal 2015 affiancando con le sue preparazioni dolci la cucina dello chef Ludovico De Vivo – la sintonia del team agro-culinario è massima: oltre all’intero staff di cucina, sono coinvolti dal suo lavoro anche Antonio, il giardiniere che si prende cura della bellezza e produttività del verde, e l’agronomo Alessandro Accardi che segue le vigne delle tenute di Mozia e Salina, e pure quelle di Vulcano, dove ha fatto da trait d’union tra Paola Lantieri e Alberto Tasca d’Almerita per il passaggio di consegne della bella vigna di malvasia in contrada Gelso da cui nasce lo splendido Bianco Salina Igt Vigna di Paola. E pure il giovane e appassionato sommelier Valerio D’Angelo – arrivato sull’isola da Anzio (e dal romano Retrobottega) lo scorso anno ad affiancare Giulio Bruni, ora Estate Manager nella galassia Tasca, e oggi responsabile della bella carta dei vini “geo-localizzata” – è stato assoldato per la raccolta di fiori ed erbe prima dell’apertura della stagione 2022, oltre che per gli abbinamenti con il menu.

«Mi piace molto mangiare e girare per ristoranti, e già da prima affiancavo Ludovico in cucina con alcune tecniche di pasticceria applicate alla cucina, e per la panificazione. Ma sono sempre stato un pasticcere e non pensavo che avrei mai cucinato in maniera professionale», racconta Camiolo, originario di Modica, che oggi cura anche la cucina della tenuta etnea Tascante. La scintilla scatta in occasione di uno stage al Mugaritz nel 2018, dove lui arriva senza dire nulla di specifico del proprio profilo professionale visto che il ristorante di Aduriz non ha una partita dedicata alla pasticceria: «Lì mi sono sentito un cocinero, l’esperienza mi ha acceso la fiamma». Così, al suo ritorno in Sicilia ha iniziato a occuparsi del ristorante palermitano di Tasca, Le Cattive (oggi chiuso), fino a quando– saltata la stagione 2020 a causa della pandemia – nella primavera 2021 la decisione di De Vivo di percorrere altre strade non ha offerto a Camiolo la sfida di diventare chef di Capofaro, per cui era già responsabile della sontuosa prima colazione.

Una sfida colta al volo, con coraggio e consapevolezza e soprattutto con un grande entusiasmo e un lavoro che riguarda non solo le tecniche di cucina ma appunto la creazione di un team affiatato – a cominciare dalla General Manager Antonella Puglisi, arrivata nel 2021 a dirigere la struttura con alle spalle altre esperienze in Relais & Châteaux all’estero – e la piena corrispondenza con la filosofia a spreco zero, attenta all’ambiente e al territorio (e a prodotti non scontati, a cominciare dai pesci solitamente meno richiesti) della casa madre che si esplicita nel protocollo SOStain.

Dopo l’ingresso “in corsa” dello scorso anno, oggi la cucina di Camiolo – che abbiamo avuto l’occasione di assaggiare a due settimane dall’apertura ufficiale di stagione – appare nitidissima e azzeccata, rassicurante quanto basta per accontentare ospiti italiani e stranieri in cerca di sapori siculi ma anche in grado di sorprendere e incuriosire. Tanto più che da aprile a ottobre lo chef ha in programma di cambiare perlomeno tre menu, seguendo l’evoluzione dell’orto, più uno “special” dedicato alla vendemmia che qui avviene a fine agosto, mostrando l’autenticità di questo wine resort dove viticoltura e accoglienza sono in pieno equilibrio, e dove il tradizionale momento di festa segnato dalla raccolta dell’uva – portata poi a Regaleali per la vinificazione – coinvolgerà tanto i lavoratori quanto gli ospiti. Quello che non arriva dall’azienda stessa viene dalle barche dei pescatori locali e dagli allevamenti isolani di conigli, dalle altre tenute di Tasca (come le farine di grani come Senatore Cappelli e Maiorca, utilizzate per la pagnotta servita in tavola come una portata da spezzare e accompagnare con uno dei cinque oli) o da fornitori selezionati: dai capperi dell’isola alle uova di un allevamento free range di galline di razza siciliana della zona iblea, da provare anche a colazione in aggiunta al curato e ragionevolmente ampio buffet dolce e salato.

I piatti del ristorante – proposti nei due percorsi degustazione Benvenuti a Capofaro e Orto e Mare, o nella carta libera – raccontano il mondo eoliano e quello della Sicilia tutta, ma anche una cucina fatta soprattutto “di conversazioni, di scambi, di saperi e di rapporti con le persone che abitano sul territorio e con quelli che lo hanno preceduto”. E si basano su un bel lavoro di testa e di mani, dove le cotture sottovuoto sono sostituite dalle padelle roventi e si usa il mortaio invece del robot da cucina. Ad esempio, si può iniziare dalla buonissima Carota al Bbq con crema di mandorle ed erbette spontanee, che rende giustizia a quest’ortaggio poco considerato nella cucina gourmet, con il Crudo di gamberi di Salina all’eoliana (con un’elegante salsa che riprende i sapori della tipica insalata con pomodori, patate, olive e capperi) o con il delizioso Sashimi di gallinella con la maionese di peperoni e cumino, che fa riscoprire la carnosità piena e fresca di questo pesce raramente servito crudo. Tra i primi piatti, sorprende l’equilibrio delle Linguine con pistacchio di Raffadali, bottarga di tonno e zenzero, dove la speziata radice grattugiata fresca smorza la dolcezza del pistacchio ed esalta la sapidità della bottarga e trova un abbinamento perfetto nel Nozze d’Oro di Regaleali, blend di inzolia e sauvignon creato per i cinquant’anni di matrimonio del Conte Giuseppe Tasca d’Almerita e la moglie Franca; mentre la Minestra di scorfano, mandorla e tenerumi rimanda al mood confortevole della “cucina della nonna” – a partire dal formato di pasta scelto, i tubettini rigati – ma ha tutta l’eleganza e l’intensità di un piatto di alta gastronomia contemporanea. Lo stesso vale per l’Ombrina – marinata per 24 ore nelle foglie di lattuga di mare e cotta al vapore per esaltarne la consistenza polposa – accompagnata da una foglia di vite fritta e dalla raffinata e squisita salsa alla mugnaia che alla freschezza e all’acidità del limone unisce quella del succo di prugna fermentata.

E poi ci sono, naturalmente, i dessert dello chef-pasticcere: dall’insolito e riuscito Tiramisù eoliano – con granita al caffè, cremoso al mascarpone, gelato di biscotto e capperi di Salina fritti, ultimato da un’aria di latte e capperi – al fresco insieme primaverile di Ricotta, fragole e alloro, per finire con la “piccola pasticceria” che gioca tra dolce e salato, dalle “olivette” di marzapane nell’olio extravergine al cremino di sesamo e frutta secca lavorato in una forma tonda e raschiato con la girolle come fosse un Tête de Moine.

Maggiori informazioni

Capofaro Locanda&Malvasia
capofaro.it

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