È la rosa il simbolo di questa cantina, nata nel 1997 grazie alla visione e all’intraprendenza dei fratelli Pico e Valentino Maccario, a cui il nonno Carlo lasciò in eredità un patrimonio di 25 ettari di vigneto. E un altro genere di capitale, appunto: 4.500 rose, che per consuetudine si usavano davanti a ogni filare come “sentinelle” di eventuali malattie della vite. Oggi gli ettari sono 100, una proprietà a corpo unico nel cuore della denominazione Barbera d’Asti, tra 150 e 300 metri d’altitudine, che ha fatto tesoro della tradizione di famiglia per guardare al futuro con grande ambizione imprenditoriale e spirito innovativo. L’altro simbolo di un’azienda decisamente “colorata” sono i 900 pali matita in 22 differenti nuance che delimitano i vigneti e che hanno successivamente ispirato il packaging delle cassette in legno e dei contenitori delle bottiglie, anche questi a forma di matita e in technicolor, riutilizzabili e da collezionare. Ma la creatività e la sensibilità estetica – entrambi i fratelli sono appassionati d’arte e di design – avrebbero poco senso senza un contenuto di qualità: l’attenta gestione delle vigne, su terreni argillosi e di medio impasto, e una filosofia produttiva dichiaratamente moderna restituiscono vini dal frutto ricco e integro e dal profilo aromatico preciso, a cominciare dalla barbera che ha poi conquistato tantissimi mercati (oggi le bottiglie di Pico Maccario sono esportate in quasi 50 Paesi nel mondo), sia nella denominazione Barbera d’Asti che Nizza. La linea di etichette si è allargata più recentemente, andando a comprendere anche nobili cru di Barolo – tra cui l’insuperabile Cannubi – e Barbaresco, da vigne in a²tto, così da poter essere ancora più competitivi nell’export. C’è spazio anche per bianchi di buona fattura: Vita (sauvignon), Estrosa (viognier) e Dolcevita, un Moscato d’Asti particolarmente riuscito.
