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Anteprime Romagna

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Romagna, le Anteprime del riscatto

Dopo la terribile alluvione dello scorso maggio, quest'anno l'annuale appuntamento del Consorzio Vini di Romagna ha avuto il sapore della ripartenza.

Vigneti strappati alla collina dalla furia dell’acqua, vigne scivolate a valle per centinaia di metri pattinando sul fango, grappoli schiantati e cantine allagate. Nonostante il presidente del Consorzio Vini di Romagna Roberto Monti abbia dichiarato che «non volevamo perdere l’opportunità di dimostrare che la Romagna si è già rialzata e che è nuovamente pronta ad accogliere operatori e winelover da tutto il mondo», le Anteprime organizzate in quel di Faenza sono state un momento emotivamente forte proprio per la vicinanza temporale alla traumatica alluvione che nel maggio 2023 ha segnato profondamente questo territorio.
Tra strade interrotte, frane, cumuli di macerie e segni di fango, le tracce del disastro sono ancora visibili nonostante gli sforzi dei romagnoli per il ritorno alla normalità. Sul fronte vitivinicolo, l’area più duramente colpita è quella di Modigliana, mentre complessivamente i vigneti in collina sono stati condizionati dal maltempo, ma non devastati. Certo, ci sono aziende che hanno perso frammenti di vigneto o decine di filari, ma stupisce nelle parole e negli occhi delle vignaiole e dei vignaioli di Romagna la consapevolezza di non potersi abbattere. È in questa forza intima e profonda che si concentra anche la passione di uomini e donne del vino in Romagna.

Il riscatto e il tempo

Se dunque l’atmosfera all’Anteprima Vini ad Arte nel comune in provincia di Ravenna è stata condizionata dai gravi fatti di maggio, è stata allo stesso tempo un’occasione per ribadire la forza di chi lavora giorno dopo giorno in campagna e in cantina. E nei calici il sangiovese e l’albana, naturalmente di annate precedenti all’alluvione, hanno portato comunque il senso di un riscatto nel segno de vino. All’assaggio, la crescita qualitativa dei vini di Romagna è evidente, anche se rimane un vulnus di base: la fretta. Sembra infatti che la gran parte delle cantine, dei vignaioli e delle vignaiole in terra romagnola non considerino la componente tempo – e tutti i benefici che porta – nel pensare i propri vini. Ecco che, nonostante l’annata 2022 risulti davvero interessante nella lettura sia dell’albana che del sangiovese, la fretta rimane comunque una dubbia consigliera e alcuni vini lavorati con mano delicata e bella consapevolezza potrebbero davvero trovare collocazioni importanti – dall’assaggio alle tavole che contano – se si potesse attendere qualche mese (forse anno) in più per lanciarli sul mercato.

Il fascino dell’albana

Si narra che, attorno al 400, Galla Placidia, figlia dell’imperatore romano Teodosio il Grande sostasse col suo seguito in Romagna. Qui le offrirono in una ciotola di terracotta il vino del posto, l’albana, e che la principessa deliziata alzando la ciotola abbia esclamato: “Non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì berti in oro” – dando il nome alla cittadina di Bertinoro, da sempre considerata la culla dell’albana. Al di là delle forzature storiche, il vitigno a bacca bianca (forse imparentato con la garganega, suggeriscono alcuni studi) è da tempo un prodotto dei vigneti di Romagna. Amabile, frizzante o passito, era considerato un vino fruttato e facile da approcciare giovane. Nella versione albana secco (riconosciuta come Docg dal 1987) può invece assumere connotati di complessità che ne fanno un vino ben più interessante dopo qualche anno di affinamento, grazie all’acidità che aiuta a mantenere una bella tensione, mentre alla sapidità si uniscono lievi sentori idrocarburici. Tra gli assaggi più interessanti dell’annata 2022 vanno citati Volo d’Aquila della Cantina Forlì Predappio e Arlus di Trerè che bilanciano il frutto con una bella tensione, ma soprattutto l’eleganza sapida e la tensione de I Croppi di Celli, Fondatori GP di Merlotta, Sette Note di Poderi Morini, Valleripa di Tenuta Casali e l’Albana di Tenute Bacana e Masselina. Tra gli assaggi 2021 spicca invece il Drusiana di Poderi delle Rocche.

Sangiovese e consapevolezza

Un atto notarile del 1672 ritrovato nell’Archivio di Stato di Faenza, con cui la proprietaria del podere Fontanella cede in affitto una vigna al parroco di Pagnano, è il primo documento conosciuto in cui si trova il nome sangiovese. A questa lunga tradizione il Consorzio ha voluto dare risalto nell’avviare un processo – ormai giunto a compimento – per la valorizzazione del vitigno nelle differenti espressioni legate al territorio. Ecco che diventa interessante accostare il carattere dei vini alle Rocche di Romagna che ne identificano la provenienza. Considerando il Sangiovese Superiore 2022 sembra ben distribuita l’attenzione verso eleganza e pulizia: dal Benedictus di Cantina Fiammetta (San Clemente) che spicca per finezza e tannino levigato, a Fattoria Nicolucci, Poderi dal Nespoli e Noelia Ricci, che raccontano Predappio tra roccia, tannino robusto e acidità, da Merlotta (Imola) a Tenuta la Viola (Bertinoro) e Tenuta Uccellina (Ravennate), che portano nel calice vini leggiadri centrati sul frutto, mentre il Crepe di Ca’ di Sopra (Marzeno) conquista con il finale amaricante. Se il 2022 portava in dote un bel frutto, l’annata 2021 si presenta più contratta. I calici più convincenti risultano il Canovaio di Poderi delle Rocche (Imola) e il Rosso della Torre de La Sabbiona (Oriolo) per la freschezza, Poggio Vicchio di Fattoria Zerbina e il Vigna Beccaccia di Fattoria Papiano (Modigliana) per sobrietà e pulizia del sorso. Spingendosi ad assaggiare invece i Sangiovese Superiore Riserva, si scopre un’annata 2020 di nerbo e frutto. Predappio se la gioca bene, soprattutto grazie al tris di Chiara Condello (Best Winemaker Under 35 ai Food&Wine Italia Awards 2022 e nella 40 Under 40 Wine Industry Leader di Fortune Italia) con Condè Predappio, Le Lucciole e Raggio Brusa, e il Vigna del Generale di Fattoria Nocolucci, ma escono bene anche Celli con Bron & Ruseval e il Mammutus Oriolo di La Sabbiona (da Oriolo). Molto bella la sintesi tra frutto e spinta acida dell’Orione di Tenuta Santini (Coriano), ma si difendono bene per flessuosità anche Tenute Tozzi (Brisighella), Fattoria del Monticino Rosso (Imola) e Giovanna Madonia (Bertinoro). Dolcezze, frutto corposo eppure tensione si possono ritrovare nelle Riserva 2019, con assaggi molto gradevoli da Imola – Assirelli, Palazzona di Maggio e Le Morine di Fattoria del Monticino Rosso – oltre allo snello e piacevole Mastino di Rocche Malatestiane. Da segnalare, infine, il buon Cuvée Collinaccia 2017 di Fiorentini e soprattutto l’eccellente Nonno Rico di Poderi Morini, che tiene alta la bandiera di Oriolo.

Maggiori informazioni

Vini ad Arte 2023
viniadarte.it

Consorzio Vini di Romagna
consorziovinidiromagna.it

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