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Sardegna

Sardegna Selvaggia. Sulcis, una terra da scoprire

Dalle dune di Porto Pino e le acque azzurre di Punta Teulada e Sant’Antioco alle vigne di Sant’Anna Arresi

A circa un’ora e mezza da Cagliari, nell’estremità sud-ovest dell’Isola affacciata verso le coste africane, il Sulcis – in sardo, chiamato Meurreddìa – è l’area geologica più antica della Sardegna: ne reca traccia la composizione eterogenea del suolo, in cui si alternano formazioni granitiche, basalti, argille, scisti, aree sabbiose e calcaree. A tale tumulto sotterraneo fa da contraltare la natura incontaminata e dalla ricca biodiversità, intervallata da siti archeologici e dai placidi borghi rurali detti “medaus”. Lontano dai clamori di altre coste sarde, un’accoglienza autentica e schietta caratterizza questa sorta di anfiteatro protetto da montagne e morbide colline ricoperte di vigne e macchia mediterranea che digradano in spiagge candide affacciate su acque incredibilmente turchesi.

Anche l’ospitalità è spesso ancora spartana ma non priva di indirizzi insoliti da scoprire. A Santadi, placido borgo del Basso Sulcis più interno, è ricavato in un ex carcere – con tanto di cella lasciata intatta come memoria storica – l’accogliente Villa Santadi Boutique Hotel, dallo charme singolare. Poco fuori dal centro, l’agriturismo La Grotta del Tesoro mette in menu specialità di cucina tipica sarda come l’agnello con i carciofi.

Poco distante, nell’antico borgo di Tratalias il tempo sembra essersi fermato all’epoca della costruzione della bella ex cattedrale di santa Maria di Monserrato, nel XIII secolo. Qui la Locanda Monserrat propone una gustosa cucina di mare con ricette inedite come le “cozze legate”, cotte in modo da conservare all’interno i succhi iodati. Sant’Anna Arresi, nel cui territorio sorge Cantina Mesa, è il paese del vino e della musica, sede di un rinomato festival jazz fin dal 1985. Poco distante, affacciato sullo stagno di Porto Pino, il ristorantino ittico La Peschiera unisce l’atmosfera rilassata a una cucina di pesce che valorizza la materia prima: dalla bottarga di muggine con noci tritate al cuore di tonno con salsa piccante fino alle triglie alla Vernaccia.

Da qui, ci si dirige verso l’isola (collegata alla terraferma da un istmo artificiale) di Sant’Antioco, l’antica colonia fenicia di Sulky da cui prende nome la regione. Nel centro dell’omonima cittadina si trovano l’antico mausoleo romano Sa Presonedda e il MuMa, museo dedicato alle tradizioni marinare e all’arte della vela latina; e il ristorante Da Achille dove la sosta è d’obbligo per la strepitosa insalatina d’astice alla catalana e per gli eccellenti dessert (ma tutto il menu è all’altezza) dello chef Achille Pinna, che applica le sue esperienze internazionali, a cominciare da quelle in Giappone, a prodotti e tradizioni locali.

Nella tranquilla località balneare di Maladroxia, affacciato sulla bella baia, Lu Hotel è una struttura a quattro stelle in stile mediterraneo. Dall’altro lato dell’isola, a Calasetta, l’indirizzo da segnare è quello del ristorante Perla (ma tutti lo conoscono come “da Donatello”) per assaggiare zuppa di cozze all’alloro e anemoni di mare.

Altre due tappe sulcitane: l’affascinante isola di San Pietro con il borgo di Carloforte, antica enclave genovese colonizzata nel 1738 dai pescatori provenienti dall’isola tunisina di Tabarka e originari di Pegli, per perlustrare le belle coste, le tradizionali tonnare e il menu del ristorante Da Nicolo, della famiglia Pomata. E il porticciolo di Marina di Teulada, da cui ci s’imbarca a bordo della goletta Milmar per veleggiare lungo la costa sud della Sardegna godendosi bagni indimenticabili e le coccole – carpaccio di tonno e pasta alla bottarga inclusi – del capitano Roberto e del suo equipaggio.

 

Mesa: storie d’amore e di vino
La cantina di Gavino Sanna racconta l’orgoglio sardo

mesa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quattro lettere – quelle del nome mesa, che in sardo come in spagnolo significa tavola – e segni grafici che richiamano gli intrecci dei tappeti sardi rielaborati da giovani artigiani. Ma anche una bottiglia dall’inconfondibile profilo tondeggiante che richiama la sagoma delle donne sarde con il costume tradizionale e retro-etichette che risuonano come versi poetici racchiudendo l’essenza dei vini custoditi dalle bottiglie. E nomi che sono suggestioni sinestesiche: Buio e Buio Buio per l’avvolgente Carignano del Sulcis Doc e la Riserva, Giunco per il fragrante e versatile Vermentino di Sardegna Doc lavorato in acciaio, Opale per la setosa freschezza della versione affinata in legno, Forte Rosso per il raro e vellutato Carignano del Sulcis Doc Passito e così via.

All’origine di tutto c’è la mente creativa di Gavino Sanna, il più noto pubblicitario italiano. Nato in Sardegna, si è fatto strada tra Milano e New York con delle avventure alla Huckleberry Finn – dagli inizi precari negli States alle frequentazioni del gotha internazionale – fino a diventare una vera e propria icona degli anni ’80 e ’90. Accanto a lui, indivisibili fin dal suo ritorno in Italia, la moglie Lella; e Luca Fontana, che ha collaborato con Sanna prima come creativo e adesso come direttore di cantina. Un’avventura, quella da vignaiolo, iniziata un po’ per sfida e un po’ per ricambiare quella convivialità che lui – astemio – non poteva condividere: «Un giorno, facendomi la barba, ho deciso di mollare la pubblicità – racconta – e così ho fatto, nel 2000. Alcuni amici hanno iniziato a preoccuparsi che mi annoiassi, uno mi disse: “Perché non fai vino?”. Così nel 2004 è nata Mesa, con il desiderio e l’orgoglio di raccontare questa terra e l’idea di poter creare una Tiffany del vino nel Sulcis».

Niente toni turchesi ma una palette perlopiù terragna, materiali naturali e forti richiami all’identità sarda ma lontani dalla retorica isolana. E un progetto nitido che dal 2017 si è rafforzato grazie all’ingresso nel Gruppo Santa Margherita, che nella cantina e nel territorio sulcitano ha investito consentendo l’acquisto di 66 dei 78 ettari di vigne con esposizioni e suoli diversi: da quello argilloso di Masainas, dal cui nascono Giunco e Opale, a quello scistoso e basaltico di Crabì, dove cresce il carignano alla base del Buio, fino alle sabbie marine con componente calcarea di Cannigonis da cui nasce il Buio Buio.

È stata presentata a luglio 2021 la prima annata – 2019 – del Galesa, Vermentino Valli di Porto Pino Igt ambrato e avvolgente con belle note minerali che è un ulteriore racconto di questa terra, e dell’amore tra Gavino (Ga) e Lella (Le) Sanna (Sa). Raccontato così: «Due innamorati, il loro sguardo unito all’orizzonte dove cielo e mare si baciano all’infinito. Le mani strette in un sentimento forte e ardente, radioso come la mia Sardegna. Come una madre generosa che osserva i suoi figli, la natura risponde con un sorriso».

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