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St. Moritz

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St. Moritz, montagna deluxe

La località più esclusiva delle Alpi Svizzere non affascina solo per le piste da sci ma anche per i panorami. Naturali e gastronomici.

Fino al 1984, St. Moritz era conosciuta soprattutto come meta di villeggiatura estiva, molto amata in particolare dagli inglesi per il paesaggio incantevole con il lago omonimo su cui si specchiano le cime delle Alpi Retiche (ideale per gli sport acquatici, come dimostrano ancora i “beach club” e i circoli di vela lungo il perimetro), le acque termali e il caldo sole che illumina i prati fioriti. Nell’ampia vallata del Canton Grigioni a 1.856 metri di altitudine, però, il sole splende quasi tutto l’anno e la candida coltre di neve che ricopre ogni cosa nei mesi più freddi – solitamente fino ad aprile – non fa che aumentare la magia della località alpina dell’Engadina, valle svizzera a poche ore di macchina da Milano. Così la pensava Johannes Badrutt, albergatore locale che propose ai suoi ospiti inglesi una scommessa: li invitò a prenotare un soggiorno invernale all’hotel Kulm che nel 1858, in maniera altrettanto temeraria, aveva deciso di costruire (a partire da una piccola pensione gestita dal 1856) non nel centro di St. Moritz Bad – l’originaria località termale – ma sulla collina di fronte, da cui si godeva un panorama unico sul lago e dove batteva più a lungo il sole. Se non fossero rimasti soddisfatti, avrebbe rimborsato loro la spesa.

Come andò, è evidente: da allora, infatti, St. Moritz è una delle più rinomate ed esclusive località montane delle Alpi, e il centro principale si è spostato proprio sulla collina ai piedi del Kulm, in un susseguirsi di boutique di alta moda, galleria d’arte e cioccolaterie come Hanselmann, dove acquistare praline e la deliziosa torta alle noci. Ad attirare il jet set inter- nazionale sono tanto gli impianti di sci, snowboard e skeleton (folle disce- sa a testa in giù su uno slittino lungo la ripida pista della Cresta Run), quanto l’ospitalità di lusso e l’animata vita mondana. E non di meno quella gastronomica, rappresentata sia dall’annuale Gourmet Festival con gran pienone di stelle Michelin – quest’anno alla sua trentesima edizione – che dalla notevole offerta di ristorazione fine dining che si snoda tra rifugi e hotel a cinque stelle. Anche in quest’ultimo caso, l’intuizione si deve a Badrutt: il Grand Restaurant dell’hotel fu il primo a servire la cena (nonché la prima sala illuminata dall’energia elettrica della Svizzera), dando l’avvio alla grande ospitalità a tutto tondo del Kulm: ai magnifici ambienti della lobby decorati dai parati trompe-l’oeil di Renzo Mongiardino e da opere d’arte contemporanea, alla spa panoramica e alle lussuose stanze dislocate nei tre caseggiati in cui la struttura originaria si ampliò in momenti successivi, si affianca una proposta gastronomica di alto livello – inclusa la ricca prima colazione che annovera proposte dolci e salate al buffet ed espresse, e prodotti locali come gli ottimi formaggi della Val Bregaglia – coordinata dall’executive chef Mauro Taufer.

È lui a supervisionare i menu del Grand Restaurant, dell’informale La Pizzeria e del ristorante tradizionale engadinese Chesa Al Parc, oltre ad affiancare le brigate dei tre ristoranti d’autore dell’hotel che dalla stagione 2023/24 hanno trovato un nuovo assetto. La chef limeña Claudia Canessa, che fino allo scorso anno presidiava il suggestivo Sunny Bar – sede ufficiale dell’epico Cresta Club, al quale il locale è riservato a pranzo – propone ora la sua raffinata cucina nippo-peruviana, dalle deliziose crocchette di ajide gallina all’intenso ma equilibrato ceviche, al nuovo Amaru, nell’intima sala in stile tradizionale ridecorata del designer britannico Luke Edward Hall nei toni del verde, del rosa e del giallo. Il menu della cena del Sunny Bar è invece firmato dal giovane chef inglese Tom Booton, alla guida del The Grill dell’hotel The Dorchester di Londra, la cui cucina British – autentica ma elegantemente contemporanea, in pieno stile gastro pub – si addice particolarmente all’atmosfera informale ma piena di fascino dello storico sport bar mixando comfort food britannico e ingredienti di pregio per dare il giusto ristoro dopo le giornate in quota, come il rösti croccante con caviale o tartare, le ostriche irlandesi di Brandy Bay o lo smashed burger con bacon, hash browns e chutney di pomodoro che lo chef non esita a definire «very dirty». E la domenica – eccezionalmente di sera – si serve l’unico Sunday Roast delle Alpi, con tanto di pudding e gravy. Mentre se fino allo scorso anno l’hotel vantava la stella Michelin ottenuta in tempi record del ristorante K, affidato a Mauro Colagreco, da quest’anno lo chef argentino del Mirazur è voluto tornare all’atmosfera sofisticata ma informale del Kulm Country Club, dove alcuni anni fa era iniziata la sua collaborazione con l’hotel.

L’elegante dependance a pochi passi dal Kulm, il cui restyling è stato affidato nel 2017 a Sir Norman Foster e al suo rinomato studio inglese, è la cornice ideale per una cucina raffinata ma allo stesso tempo “verace”, ricca di anima e di gusto. Qui lo chef applica il concetto di “Mountain Terroir”, basato sulla ricerca e l’uso di prodotti locali, cotture e affumicature al Josper e portate in condivisione che omaggiano le tradizioni latine, per pranzi e cene in pieno family style e all’insegna della convivialità gourmet: dalla zucca alla griglia con vinaigrette affumicata al miele alle conchigliette con bisque di gamberi di fiume e tartufo nero, dalla scioglievole spalla d’agnello di Suoz accompagnata dalla polenta della Val Maggia con formaggio alpino alla sontuosa “Parmentier” di patate e altri tuberi che nasconde sul fondo della casseruola di servizio la deliziosa anatra confit. Mentre tra i dessert, accanto alla fonduta di cioccolato e al pain perdu con gelato alla vaniglia non può mancare il godurioso flan di dulce de leche.

Grazie al successo del Kulm – e dell’impero creato da Johannes Badrutt, che lo divise equamente tra i due figli – nel 1896 nacque anche il Badrutt’s Palace, che nel corso dei decenni ha accolto ospiti illustri come Coco Chanel, Charlie Chaplin, Alfred Hitchcock e Marlene Dietrich. Situato quasi a ridosso del lago, con il suo aspetto da castello delle fiabe con torri e tetti a punta, eguaglia l’albergo “fratello” in quanto a lusso, ospitalità leggendaria e offerta gastronomica che conta ben tre bar e dieci ristoranti – tra cui La Coupole, firmato dal celebre chef giapponese Nobuyuki Matsuhisa, mentre la stagione invernale in corso ha visto l’avvicendamento tra la cucina nordica di Eric e Tina Kragh Vildgaard, (due stelle al danese Jordnær), e quella vegana della chef marocchino-spagnola Zineb Hattab (stella verde e rossa al Kle di Zurigo). Oltre al rinnovato King’s Social House che 40 anni fa fu uno de primi nightclub della Svizzera e che oggi ospita l’eclettica cucina dello chef inglese Jason Atherton. Mentre a pochi passi dall’hotel c’è il Chesa Veglia, edificio del Seicento che ospita tra gli altri un locale dedicato alla fonduta, una stube con cucina alpina e specialità come pizzoccheri e capuns (poderosi involtini di pasta, verdura, formaggio e salsiccia), e in estate anche la pizzeria Heuboden, famosa per la pizza Dama Bianca con mozzarella di bufala e tartufo.

E salendo in quota il rifugio Paradiso ospita un Mountain Club per soci e ospiti giornalieri. Ma, come avrete intuito, St. Moritz è in grado di accontentare ogni gusto, e non c’è desiderio gastronomico che qui non possa essere avverato. Se, ad esempio, la neve dovesse mettere voglia di crostacei e pesce fresco vista Alpi, dal 2022 basta salire a Chesa Chantarella – baita di montagna dalla cui terrazza si accede direttamente sulle piste da sci del comprensorio del Corviglia – per trovare l’impeccabile proposta di Langosteria, il brand fondato e guidato da Enrico Buonocore che porta la cucina di mare dall’animo italiano e cosmopolita anche in quota: dai plateau di ostriche, scampi e gamberi rossi alle selezioni di caviale, dal king crab alla catalana alle capesante di Bretagna, dagli spaghetti alla chitarra con le canocchie alla guancia di tonno rosso con cime di rapa e chimichurri.

E se invece dovesse venire la nostalgia ancora più specifica per uno dei piatti icona del fine dining italiano in chiave comfort, come i paccheri mantecati al tavolo di Da Vittorio? Ci sono anche quelli. È il Carlton Hotel a ospitare dal 2012 la sede più alta (e bistellata dal 2020) dell’insegna dei fratelli Cerea affidata a Paolo Rota, l’executive chef di Da Vittorio che nelle stagioni invernali guida la brigata del locale elvetico. In menu non mancano naturalmente i signature di Brusaporto, a cominciare appunto dai paccheri o dal Crudo d’Amare di pesce e crostacei, ma c’è spazio anche per nuove proposte site specific come i Tortellini di pernice nel loro brodo (avvolti da un saporito ristretto di pernice arrosto con salsa alla soia, mirin, succo di limone ed erbe aromatiche, e accompagnati da cavolo rosso fermentato) o il Piccione con cuore di carciofi, timo e limone. Ma anche il raffinato e godurioso dessert Bivacco a St. Moritz: cioccolato affumicato, dragoncello e sorbetto alla birra.

Dove dormire e mangiare

Kulm Hotel
kulm.com

Badrutt’s Palace
badruttspalace.com

Da Vittorio St. Moritz
davittorio.com

Langosteria St. Moritz
langosteria.com

Hanselmann
hanselmann.ch

Maggiori informazioni

In apertura: il rifugio Paradiso

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