Il macaron è un biscotto a base di albumi, zucchero e farina di mandorle, caratterizzato da due gusci lisci e lucidi che racchiudono un ripieno cremoso, solitamente ganache di cioccolato, crema al burro o confettura. Quello che oggi intendete come macaron «alla francese» è il risultato di una lunga trasformazione: da semplice frollino di mandorla a biscotto-semi-meringato, fino alla versione moderna composta da due cupole perfette unite da un cuore morbido. La sua storia è insieme anatomia del gusto e mappa delle rotte culturali del Mediterraneo.
Tra conventi, botteghe e leggende: quando nasce il macaron
Il nome macaron deriva, attraverso l’italiano maccarone, dal greco μακαρία (makaría), un termine collegato a preparazioni a base di farina e acqua (come la pasta) e, nelle pratiche liturgiche antiche, a cibi offerti in ricordo dei defunti. In Europa meridionale esistono dolci di mandorla documentati già in epoche medievali: la Sicilia e la Spagna, attraversate dalle dominazioni islamiche, svilupparono ricette a base di mandorle e zucchero che conservavano tecniche e sapori importati dal mondo arabo-mediorientale. Queste paste di mandorla, dense e compatte, possono essere considerate antenati lontani del macaron moderno.
I riferimenti storici variano e si intrecciano con la leggenda. Alcune fonti citano ricette simili a macaron in conventi francesi già nell’alto Medioevo; altre collocano i capisaldi della tradizione nel Rinascimento, in corrispondenza degli scambi tra Italia e Francia. La narrazione più nota racconta di suore carmelitane a Nancy che, durante la Rivoluzione francese, produssero biscotti di mandorla per mantenersi, dando vita alla fama dei “macarons de Nancy”. È plausibile che in Francia, come altrove, esistessero per lungo tempo due famiglie distinte: biscotti monopezzo, spesso preparati in occasioni rituali, e versioni più elaborate che nel Novecento si sarebbero evolute nella forma doppia, sandwich, che oggi riconoscete subito.
La svolta decisiva avviene tra Otto e Novecento, quando la pasticceria francese comincia a codificare tecniche di meringa più fini e a sperimentare accostamenti di paste e creme. L’idea di unire due dischi di meringa alle mandorle con un ripieno cremoso viene attribuita, nella sua versione commerciale e raffinata, alle grandi maison parigine del XX secolo. È a Ladurée, e in particolare nella figura di Pierre Desfontaines (spesso citato nelle cronache della pasticceria), che si collega la popolarizzazione del macaron «moderno»: due gusci perfettamente lisci incollati da un filo di ganache o crema. Negli anni successivi la forma si è codificata: la base piatta, la cupola liscia, il “piede” o “pied” attorno alla circonferenza, risultato di corretta maturazione dell’impasto e della cottura.
Nel corso del Novecento il macaron si è trasformato non solo tecnicamente ma anche simbolicamente. Ladurée ha contribuito a renderlo oggetto di lusso e desiderio, con vetrine e confezioni che facevano del biscotto un regalo elegante. Alla fine del secolo e all’inizio del nuovo, chef-pasticceri come Pierre Hermé hanno elevato il macaron a medium creativo, sperimentando gusti insoliti (rosa e litchi, lampone e pepe, olio d’oliva e caramello) e tecniche che ne hanno rinnovato l’immagine. Grazie a queste interpretazioni il macaron ha varcato i confini della Francia diventando fenomeno mondiale: punti vendita monobrand, corsi di pasticceria, e la capacità di dialogare con la cultura del design e del colore ne hanno consolidato il ruolo.
Tecnica e anatomia: come è fatto un macaron
Dal punto di vista tecnico, il macaron è un esercizio di equilibrio chimico. L’impasto è una meringa arricchita con farina di mandorle finissima. Esistono due grandi approcci alla meringa: il metodo “francese”, che monta gli albumi con lo zucchero direttamente e poi incorpora la farina di mandorle, e il metodo “italiano”, che prevede la cottura di uno sciroppo di zucchero a 118–121 °C versato sugli albumi montati, garantendo stabilità e maggiore tolleranza in cottura.
Condizione necessaria per un buon macaron sono l’albumenaggio corretto, la setacciatura della farina di mandorle e dello zucchero a velo, il macaronage — cioè il tempo e il modo con cui si mescola l’impasto fino a ottenere la giusta viscosità — e infine la fase di riposo prima della cottura, che permette alla superficie di seccare e formare la crosticina lucida. In forno il guscio sviluppa il caratteristico piede.
Il ripieno, che distingue gusti e scuole, varia dalla ganache di cioccolato alle creme al burro aromatizzate, passando per confetture e composte.
Come degustarlo e abbinarlo: i migliori da provare
Voi che assaggerete un macaron sapete già che è un concentrato di fragranza, dolcezza e aromaticità. Il guscio richiede un morso delicato per non romperne l’armonia: la temperatura di servizio ideale è fresca, non fredda, così che la ganache mantenga cremosità senza risultare grassa. Gli abbinamenti seguono la logica degli ingredienti: un macaron al cioccolato fondente si presta a un caffè ristretto o a un vino liquoroso dolce; un macaron alla frutta trova complicità in tè leggeri o in bollicine delicate. Anche il colore gioca: nella pasticceria contemporanea il macaron è spesso proposto come elemento scenografico, e il suo impatto visivo è parte integrante dell’esperienza.
L’Italia storicamente è molto legata a questo prodotto perché, come abbiamo visto, ricalca un po’ anche la storia della nostra pasticceria. Abbiamo degli esempi di macarons davvero eccellenti come quello di Le Levain a Roma, pasticceria di chiaro stampo francese che nella Capitale si è imposta anche come boulangerie di livello (ottimi i macarons a cocco e a mango). Oppure le proposte di due volti noti della tv e dell’arte dolciaria italiana come Iginio Massari ed Ernst Knam che, soprattutto nelle versioni più tradizionali, hanno conquistato i palati dei bresciani e dei milanesi. Restando al Nord è impossibile non citare il magnifico duo di San Sebastiano da Po, in provincia di Torino: la pasticceria omonima di Fabrizio Galla che, con la moglie Federica Russo, punta tutto sulla pasticceria francese in Italia e può tranquillamente competere con le migliori maison d’Oltralpe soprattutto in questo particolare prodotto.

Al Sud impossibile non citare Celestina, a Pollena Trocchia, in provincia di Napoli, con la giovanissima Nancy Sannino rientrata a casa qualche anno fa dopo aver lavorato con il maestro Rinaldini in Italia e con Yann Couvreur a Parigi. Una cura maniacale sui macarons che li rende a mani basse tra i migliori e più apprezzabili del Bel Paese. Tra l’altro segnaliamo una sua spiccata dote estetica e quindi le versioni per le festività (Halloween e Pasqua soprattutto) sono bellissime da vedere oltre che ottime da mangiare. Sempre in Campania sono davvero speciali quelli di Pasquale Marigliano, a Nola, altro maestro rinomato con un’esperienza in Francia. In Sicilia citiamo quelli di Sciampagna, a Palermo (in particolare abbiamo apprezzato quelli al caffè).
Ce n’è dunque per tutti i gusti perché il macaron è un piccolo monumento alla pasticceria tecnica e alla capacità di un dolce di raccontare viaggi, scambi e trasformazioni. È insieme eredità e campo di gioco: un’eredità fatta di farine di mandorla e albumi, e un campo di gioco per la creatività dei pasticceri contemporanei che lo reinventano senza tradire la struttura. Provenendo da una lunga catena di influenze mediterranee, religiose e borghesi, il macaron mostra come un semplice biscotto possa diventare veicolo di stile, memoria e innovazione.