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Stroopwafel: il biscotto al caramello che racconta l’Olanda

Un waffle tipico dei Paesi Bassi che viene servito in maniera molto curiosa e particolare.

Due sottili cialde dorate unite da un cuore caldo e appiccicoso di caramello: così si presenta lo stroopwafel, uno dei dolci più iconici dei Paesi Bassi. Letteralmente “waffle allo sciroppo”, lo stroopwafel è molto più di un semplice biscotto: è una piccola finestra sulla storia e sulla cultura olandese, capace di raccontare la trasformazione di un umile dolce di recupero in un simbolo nazionale esportato in tutto il mondo.

La storia degli stoopwafel

Secondo la tradizione, gli stroopwafel nacquero all’inizio dell’Ottocento nella cittadina di Gouda, famosa oggi tanto per il suo formaggio quanto per questo dessert. Il merito sarebbe di un panettiere, Gerard Kamphuisen, che decise di riutilizzare gli scarti di impasto del proprio forno, amalgamandoli con uno sciroppo di zucchero e miele. Il risultato fu un biscotto semplice ma straordinariamente buono, che conquistò le classi più umili e divenne presto noto come armenkoeken, cioè “biscotto dei poveri”.

Da quel momento, la fama dello stroopwafel iniziò a diffondersi oltre i confini di Gouda. Dopo il 1870, grazie all’invenzione delle prime piastre per waffle, il dolce divenne accessibile anche ai pasticceri di altre città olandesi. Nel Novecento nacquero le prime fabbriche dedicate esclusivamente alla sua produzione: a Gouda se ne contavano ben diciassette, quattro delle quali sono ancora attive e conservano le ricette originali. Oggi, la città celebra ogni anno un festival dedicato allo stroopwafel, con dimostrazioni dal vivo, degustazioni e versioni creative del celebre biscotto.

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La semplicità è parte del fascino. Le cialde sono preparate con farina, zucchero di canna, burro, uova, lievito, latte e una leggera nota di cannella. Dopo la cottura, quando l’impasto è ancora caldo, viene tagliato in due dischi sottili e farcito con uno sciroppo di caramello ottenuto da zucchero, burro e melassa. La consistenza è la chiave: la cialda deve essere croccante ma flessibile, mentre il ripieno deve rimanere fluido, senza colare. È questa precisione artigianale a distinguere un buon stroopwafel da uno mediocre.

La tradizione vuole che lo stroopwafel si gusti appoggiato sopra una tazza di caffè o di tè bollente, in modo che il vapore ammorbidisca lo sciroppo e sprigioni il suo profumo intenso. È un gesto semplice ma carico di ritualità, che trasforma un momento quotidiano in un piccolo rito di piacere. Il tempo d’attesa – quel minuto in cui il biscotto si riscalda e il caramello si scioglie – è parte integrante dell’esperienza, quasi una metafora dell’approccio olandese alla vita: calma, precisione e apprezzamento per le piccole cose.

Negli ultimi anni lo stroopwafel ha vissuto una seconda giovinezza. Dalle bancarelle dei mercati di Amsterdam è approdato nei negozi gourmet di New York, Tokyo e Milano, fino a diventare snack ufficiale di compagnie aeree come KLM (la compagnia aerea più antica in attività e compagnia di bandiera olandese). Le varianti moderne includono versioni con cioccolato, miele, spezie, noci o caramello salato, ma anche reinterpretazioni gastronomiche nei ristoranti stellati dei Paesi Bassi, dove viene servito come dessert destrutturato.

Eppure, nonostante le mode, il vero stroopwafel resta quello di Gouda: preparato a mano, con lo sciroppo che cola appena, profumato di burro e cannella. È un dolce che racconta una storia di ingegno, sobrietà e calore, valori profondamente radicati nella cultura olandese. Un piccolo simbolo che, come i canali di Amsterdam o i tulipani in fiore, riesce a rappresentare l’essenza di un Paese intero in un solo morso.

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