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Un viaggio a Saint Lucia con una delle più importanti chef dei Caraibi

Un'avventura gastronomica con Nina Compton, alla scoperta di ingredienti freschi, mercati vivaci e una filosofia di viaggio che celebra la cultura e la sostenibilità.

Le strade di Saint Lucia, che sono molto tortuose e si inerpicano su e giù da colline e dentro cittadine densamente popolate, non sono adatte a tutti. Ma, ovunque voi guardiate, il paesaggio esplode di colori. Le case verde acqua e arancione sono punteggiate dai fiori fucsia della bouganvillea e da quelli dorati della bignonia. Se si guarda all’oceano un arcobaleno splende nel cielo. Un gruppetto di farfalle bianche svolazza sopra i fiori dell’amaranto viola che cresce a bordo strada, dove si vedono anche molti manghi maturi, caduti a terra.

Situata all’estremità orientale del Mar dei Caraibi, Saint Lucia è famosa per le sue spiagge incantevoli, la flora tropicale, le numerose cascate e le strade ripide che conducono a panorami straordinari. Ma è anche un luogo con una cultura gastronomica ben definita e deliziosa, che ho avuto la fortuna di provare durante un viaggio con la F&W Best New Chef 2017 Nina Compton.

Un’avventura nella zona orientale dei Caraibi

Ho viaggiato con Rêverie, un’agenzia di viaggi di lusso fondata e gestita dalla chef Lisa Marie Donovan e dalla pasticcera Julie Belcher (a gennaio 2025, Donovan ha lasciato la società, ma è stata lei ad accompagnarci a Saint Lucia). Le due avevano deciso di fondare l’agenzia, specializzata in viaggi culinari, dopo un viaggio insieme a Tolosa per un retreat di artisti: gli altri ospiti facevano a gara per poterle aiutare in cucina. Rêverie si concentra soprattutto su viaggi in località ricche di cultura, con radici profonde, dando ai propri ospiti l’opportunità di mangiare e trascorrere del tempo con alcuni degli chef migliori al mondo. Non si tratta di posti necessariamente economici o facili da raggiungere, e per certi versi richiedono uno sforzo. Ma le esperienze e i ricordi che si creano ne valgono assolutamente la pena, soprattutto avendo come guida una chef come Compton, conosciuta per aver partecipato a Top Chef in America e per i suoi ristoranti, incluso Compère Lapin a New Orleans. A Saint Lucia, dove è nata e cresciuta, è una leggenda come tutta la sua famiglia.

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Chef Nina Compton

Suo padre, Sir John George Melvin Compton, è stato un amatissimo primo ministro, per tre mandati. Sua sorella Fiona è una famosa artista e storica. Ma quando si tratta di raccontare la storia di Saint Lucia attraverso il cibo, non c’è persona migliore di Nina Compton. L’itinerario di questo viaggio è stato un sogno diventato realtà per noi appassionati di cibo. Abbiamo cominciato da Villa Cosmos St. Lucia, struttura ecoluxury nascosta tra le pendici di una montagna, da cui si ha una vista meravigliosa sul mare e sulle famosissime cime gemelle delle Piton Mountains. All’arrivo ci è stato offerto il punch al rum tipico dell’isola, dal colore rosa acceso per via della granatina, insieme a noci speziate, caramelle al tamarindo e dentice fritto con salsa al mango. I tour di Rêverie sono intenzionalmente intimi, contano non più di 20 partecipanti, e il nostro gruppo era affiatato fin dall’inizio. Certo, i cocktail alla guaiava hanno aiutato, ma non ci è voluto molto per ridere insieme e condividere l’emozione e l’eccitazione per il tempo che avremmo trascorso con gli chef.

Mentre eravamo a tavola assaggiando piatti nutrienti, deliziosi e originali, Compton, il cui entusiasmo era palpabile, ha condiviso con noi storie, racconti e ricette di Saint Lucia. La prima portata era una ricca zuppa a base di mais e zucca, dal colore caldo e invitante, piena di verdure e spinners (gnocchetti fatti a mano tipici dei Caraibi), e arricchita da zenzero, cipolla e dall’aroma potente dei peperoncini locali. Poi è stato il momento del pollo al curry, piatto tipico dell’isola, servito con riso al cocco. Per concludere, Compton ha servito un dolce ispirato a sua madre Janice: torta al cocco con panna alla cherimoya, frutto tropicale che dava al dessert un tocco di acidità. «Mia mamma era un’ottima pasticcera», racconta, «che preparasse marmellata di guaiava, mousse di cherimoya o torta al cocco, la stagionalità era fondamentale per lei». Alla fine della giornata, ci siamo ritirati nelle nostre stanze, ognuna con affaccio sul mare. Abbiamo dormito circondati da reti sottili, che ci hanno protetto dagli insetti notturni fino al risveglio. Dopo una colazione leggera, la mattina seguente siamo stati al mercato di Castries. Fondato nel 1891 e recentemente ristrutturato, è espressione perfetta dell’abbondanza che si trova su quest’isola. Compton è stata accolta come una star, con persone che la fermavano mentre passeggiavamo tra i banchi del mercato. Con sorrisi calorosi e genuino interesse, lei si intratteneva a parlare con tutti, come se fossero vicini di casa.

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Dozzine di mercanti esponevano la loro merce, perlopiù conosciuta: cocco, mango, avocado, banane ed erbe aromatiche. Ma Compton ci ha mostrato alcuni tesori locali: la mela cannella (un frutto delle dimensioni di una palla da baseball che potrebbe tranquillamente venire scambiata per un uovo di drago, con una polpa cremosa e numerosi semi neri) e il mamoncillo, anche chiamato lime spagnolo (un piccolo frutto con una polpa rosa, dolce e leggermente acidula). Ma non è tutto: file e file di spezie, bottiglie con cannella e altri aromi per preparare il rum speziato, salsa al peperoncino fatta in casa e stupendi cestini intrecciati a mano. I banchi dei pescatori sono all’angolo esterno del mercato, ognuno con almeno una dozzina di specie di pesce: tonno, dentice, aguglie, marlin, barracuda, ricciole, e altri pesci locali come il mahi-mahi (lampuga) e il wahoo, o acantocibio, della stessa famiglia dello sgombro. Le nostre braccia erano cariche di bontà locali.

Lezioni di cucina e banchetti: l’anima della gastronomia caraibica

Il bottino è stato la base per i pasti dei cinque giorni successivi. Tornati dal mercato, Compton ha tenuto la prima lezione di cucina: culantro (o coriandolo messicano), cipollotti e peperoni sono stati usati per le Accras, frittelle di baccalà che si gustano nei Caraibi e in molti Paesi del Sudamerica. Introdotto durante il periodo coloniale, il baccalà è oggi un ingrediente fondamentale e molto amato, usato per dare sapore, proprio come la salsa di pesce in Thailandia o le acciughe in Italia. La sua carne si spezza facilmente, rendendolo perfetto per le frittelle e le insalate tipiche di Saint Lucia.

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Con il passare del tempo, la nostra vacanza a Saint Lucia si è sviluppata interamente attorno al cibo e alla cucina. Alla mattina si impastava: pane creolo, preparato con latte di cocco e cotto nel forno a legna, pane di cassava e frittelle tipiche dell’isola. I pranzi erano più rilassati, ma sempre con piatti deliziosi uno dopo l’altro. Per le cene, Compton e le chef di Rêverie davano il meglio. Una sera abbiamo fatto una grigliata in stile locale: jerk chicken (pollo alla giamaicana), pannocchie grigliate, ananas e peperoni serviti con polpette di melanzane, salsa all’avocado e anguria fresca come dolce. Il tutto accompagnato da Daiquiri alla cherimoya. Un’altra sera abbiamo divorato del dentice con salsa creola, gamberi sottaceto con sedano locale, tostones di platano acerbo fritto, empanadas con callaloo (stufato di verdure), e insalata di carambola e avocado.

I pasti non erano tutti preparati da Compton, ma il risultato di un lavoro di gruppo. La fondatrice di Rêverie, Donovan, e la chef Anne Churchill erano in cucina ogni giorno, assieme alla manager Sharmika Lawrence e al resto della brigata di cucina del Cosmos. Spesso i loro piatti erano frutto dell’ispirazione quotidiana. Al contrario dei resort all inclusive che si associano a certe località turistiche come Saint Lucia, Rêverie dà la priorità agli ingredienti freschi, investe nell’economia locale e tiene moltissimo alla sostenibilità anche nelle piccole cose: è capitato che gli avanzi venissero reinventati in nuovi piatti, o portati come pranzo al sacco in una delle nostre gite. L’approccio al viaggio di Rêverie si sposa bene con la cultura di Saint Lucia: tradizionale sì, ma che si evolve, si adatta e cambia in base ai gusti degli chef, a cosa cresce, alle stagioni e al clima.

Etica, comunità e sostenibilità: l’essenza del viaggiare con Rêverie

«Quando arriviamo in un posto, siamo noi i visitatori», ci spiega la co-founder di Rêverie Julie Belcher. «Portiamo un gruppo di persone a scoprire la cultura e conoscere i produttori locali e lo facciamo con rispetto e una certa reverenza». Dal punto di vista di Compton, è un’esperienza ideale: «Rêverie è interessata ai pescatori, agli agricoltori, ai ristoratori del luogo. I tassisti a volte sono stati anche delle guide turistiche», racconta.

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L’ultimo giorno, siamo stati in uno dei ristoranti preferiti della chef. Al Martha’s Tables, un piccolo locale all’aria aperta a Soufriere guidato da mamma e figlia, abbiamo mangiato frittelle di baccalà e frutti dell’albero del pane, Alette di pollo glassate alla guaiava, braciole di maiale marinate, pollo alla griglia, del mahi-mahi grigliato al momento accompagnato da una salsa creola al pomodoro, un’insalata di lenticchie e melanzane, un purè di taro, e molto altro. Ho assaggiato tutto, e ho particolarmente apprezzato alcuni piatti che mi hanno ricordato le mie radici portoricane: pesci e carni grigliate, insalata di patate, purè di tuberi e radici, platano dolce fritto, salse di frutti tropicali. Tutto quello che abbiamo assaggiato era un perfetto esempio di «farm to table» ma, secondo Compton, su quest’isola questo è semplicemente il modo in cui si cucina. Con le pance piene ci siamo poi spostati al Sugar Beach resort, in quella che fu una piantagione di zucchero. Tutte le spiagge di Saint Lucia sono pubbliche, e anche questa è una meta popolare per turisti e famiglie. Inoltre affaccia a ovest, il che la rende perfetta per godersi un cocktail in spiaggia al tramonto. Al nostro ritorno in hotel, ci siamo goduti l’ultimo banchetto preparato da Compton: dentice e mahi-mahi grigliati, conch (un mollusco locale, detto anche chiocciola di mare o strombo, ndt) grigliato e marinato allo zenzero con arance amare e salsa piccante, o sottaceto in insalata con mango verde, lime, peperoni, cipolle, cetrioli e fiori edibili.

«Cucinare qui dove sono nata, è speciale per me», racconta la chef. «Il pesce appena pescato, i frutti dell’albero del pane, zenzero e curcuma all’apice della loro bontà: così è la vita ai Caraibi». Ho visitato molte isole, sia nei Caraibi che in altri posti, ma il viaggio con Rêverie a Saint Lucia è stato unico e quasi onirico, come se fossi stata resa partecipe di un segreto. Viaggiare ha degli impatti enormi in termini di costi, clima e conseguenze sulle comunità locali, ma l’etica e il loro approccio al viaggio dimostra che un’altra strada è possibile: una via trasformativa, generativa, che restituisce ai luoghi più di quanto prende.

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Foto di Cedric Angels

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