Nel mondo del vino l’annata è sempre stata un elemento centrale: indica la vendemmia e rappresenta la memoria climatica di un territorio. Tuttavia le condizioni atmosferiche sempre più estreme stanno inducendo un numero crescente di produttori a sperimentare con i vini fermi non millesimati, ottenuti dall’assemblaggio di più annate. Un tempo associati a produzioni economiche e di bassa qualità nell’immaginario collettivo, oggi iniziano a essere rivalutati come risposta alla crescente imprevedibilità del clima.
Il cambiamento climatico si riflette nella bottiglia
Nella Napa Valley, in California, l’enologo Chris Howell lavora dal 1991 alla Cain Vineyard and Winery. Negli ultimi decenni ha registrato estati più calde, ondate di calore fino a 50 °C e incendi boschivi sempre più frequenti, come quelli devastanti del 2017 che colpirono in piena vendemmia o quello di qualche giorno fa. In occasione della tragedia del 2017, parte della produzione venne salvata e utilizzata per un blend non millesimato chiamato Cain Cuvée, che unisce vini di annate diverse per mantenere uno stile coerente anche in annate difficili. Quest’anno staremo a vedere cosa farà Howell perché l’incendio ha devastato buona parte della produzione californiana ma crediamo possa attuare la stessa tattica.
Howell sottolinea alla BBC in che modo la variabilità climatica renda più probabile il ricorso a questi assemblaggi, pur riconoscendo che uno stigma culturale rimane forte, soprattutto tra chi associa il valore di un vino esclusivamente alla singola annata.

L’idea del vino non millesimato non è nuova: gli champagne francesi ne sono l’esempio più noto. Storicamente, la Champagne, regione vinicola più settentrionale della Francia, doveva necessariamente unire vini di annate diverse per assicurare qualità e continuità. Oggi, paradossalmente, il cambiamento climatico sta portando estati più favorevoli, aumentando la produzione di champagne millesimati.
In Italia, Riccardo Pasqua ha scelto di introdurre il primo vino fermo pluriennale della Penisola. Dal 2019, la sua azienda familiare nel Veronese produce Hey French, You Could Have Made This But You Didn’t, un blend di cinque annate diverse. L’obiettivo dichiarato è valorizzare al massimo il potenziale di un singolo vigneto, indipendentemente dalle oscillazioni climatiche.
Pasqua racconta che inizialmente la proposta fu accolta con scetticismo: «Andare contro la tradizione dell’annata era visto come un rischio», ma le condizioni meteorologiche sempre più estreme – gelate tardive, grandinate violente, siccità – hanno reso l’approccio pluriennale una strategia sempre più condivisa anche da altre cantine italiane.
Secondo la Master of Wine Dawn Davies, i consumatori si dividono in tre gruppi: chi acquista vini senza badare all’annata, chi possiede conoscenze approfondite e riconosce i vantaggi dei blend pluriennali, e infine chi resta legato in maniera rigida alla tradizione millesimata. Per Davies, la maggioranza dei vini è comunque frutto di un assemblaggio, non di una singola botte, perciò l’estensione della pratica alle diverse annate appare una conseguenza logica.