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Il vino nasce anche grazie agli insetti: il ruolo delle vespe nella fermentazione alcolica

Dall’inoculo dei lieviti alla biodiversità microbiologica, il contributo di vespe e calabroni alla produzione del vino è oggetto di studio scientifico e attenzione crescente

Negli ecosistemi viticoli, vespe e calabroni ricoprono un ruolo inatteso e fondamentale: quello di vettori naturali dei lieviti responsabili della fermentazione alcolica. Diversi studi scientifici hanno confermato come questi insetti contribuiscano al trasferimento e alla conservazione di Saccharomyces cerevisiae, il lievito protagonista del processo che trasforma gli zuccheri dell’uva in alcol. Un meccanismo antico e complesso, che protegge la biodiversità microbica e arricchisce il profilo sensoriale dei vini.

Le vespe sono delle grandi “vignaiole”

La produzione del vino non dipende unicamente dall’intervento umano, dalle caratteristiche del suolo o dalle condizioni climatiche. Un contributo decisivo arriva anche dal microcosmo animale che popola i vigneti, e in particolare dagli insetti. Tra questi, vespe e calabroni svolgono una funzione biologica di rilievo nel ciclo di vita della vigna e nella vinificazione stessa.
Uno studio condotto dall’Università di Firenze ha evidenziato il ruolo di questi insetti nel trasferimento del lievito Saccharomyces cerevisiae sugli acini d’uva. Questo microrganismo unicellulare, utilizzato sin dall’antichità per la fermentazione di alimenti e bevande, è troppo pesante per essere diffuso dal vento e necessita di vettori naturali per spostarsi all’interno degli ambienti viticoli.

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Il meccanismo è stato osservato soprattutto nei mesi primaverili e estivi, quando vespe e calabroni, dopo la fase di svernamento, si nutrono degli zuccheri presenti sugli acini maturi. Durante questo processo, i lieviti presenti nell’intestino degli insetti vengono depositati sui grappoli, entrando così in contatto diretto con il frutto. Questi lieviti possono originare da cortecce, frutti e altre fonti naturali, e l’intestino degli insetti costituisce un ambiente favorevole al loro accoppiamento e alla formazione di nuove varianti.
Il dottor Duccio Cavalieri, coordinatore della ricerca fiorentina, ha spiegato come l’apparato digerente delle vespe ospiti una varietà di ceppi di Saccharomyces cerevisiae e di ibridi tra questi e altre specie selvatiche di lieviti. All’interno di questo micro habitat si creano incroci naturali che generano ceppi più resistenti agli stress fermentativi e capaci di adattarsi alle specificità del territorio. Questa caratteristica consente di mantenere una biodiversità microbiologica essenziale per la qualità e la tipicità dei vini.
In passato si riteneva che i lieviti necessari alla fermentazione si trovassero principalmente nelle cantine o venissero aggiunti in fase di vinificazione. Oggi si sa che una parte significativa del processo avviene direttamente in vigna, grazie a questi vettori naturali. L’importanza di tale dinamica è accresciuta dal fatto che, con la progressiva diffusione di ceppi selezionati e standardizzati di lieviti in enologia, il rischio di riduzione della biodiversità microbica è concreto.
I lieviti trasportati dalle vespe, frutto di accoppiamenti naturali e adattamenti ambientali, si rivelano non soltanto più resistenti rispetto a quelli coltivati in laboratorio, ma anche in grado di conferire aromi e caratteristiche organolettiche peculiari ai vini. Elementi che riflettono l’ambiente di provenienza e contribuiscono a definirne l’identità territoriale.
Questo patrimonio biologico e culturale è oggi oggetto di valorizzazione in numerosi progetti di viticoltura sostenibile, che mirano a ridurre l’utilizzo di lieviti industriali e a preservare le fermentazioni spontanee guidate dai microrganismi autoctoni. In questo contesto, la presenza di vespe e calabroni nei vigneti viene considerata un indicatore ecologico di equilibrio ambientale e una risorsa per la qualità enologica.

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Foto da Shutterstock

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