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Zucchero di canna, sciroppo di mais o miele: cosa cambia davvero?

La nuova Coca-Cola americana riapre il dibattito sul ruolo degli zuccheri nella dieta quotidiana

Negli Stati Uniti Coca-Cola ha introdotto una nuova versione della sua bibita con zucchero di canna al posto dello sciroppo di mais, dopo pressioni politiche legate a convinzioni non supportate dalla comunità scientifica. Il caso ha riacceso il dibattito sulle differenze tra i tipi di zuccheri, che dal punto di vista nutrizionale si rivelano in gran parte equivalenti.

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La recente decisione di Coca-Cola di introdurre negli Stati Uniti una nuova formula del proprio prodotto, dolcificata con zucchero di canna anziché con sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, ha attirato l’attenzione di pubblico, media e operatori del settore. Il cambiamento, fortemente sostenuto dall’attuale ministro della Salute statunitense Robert F. Kennedy Jr., si inserisce in un clima politico in cui alcuni dolcificanti vengono demonizzati senza fondamento scientifico. A riportare per primo la notizia è stato Il Post, con un’analisi che ha chiarito molti aspetti tecnici spesso trascurati nel dibattito pubblico.

Coca-Cola, negli Stati Uniti, utilizza da anni lo sciroppo di mais come dolcificante standard, un prodotto largamente impiegato nell’industria alimentare americana grazie al suo basso costo, favorito dai sussidi federali alla coltivazione del mais. In altri mercati, come quelli europei o latinoamericani, si preferisce invece lo zucchero “classico” da tavola, in particolare quello derivato dalla canna da zucchero.

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Dal punto di vista chimico, però, queste differenze appaiono minime. Sia lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio sia il comune saccarosio – lo zucchero bianco da cucina – si compongono di due zuccheri semplici: glucosio e fruttosio. Nel caso del saccarosio, i due componenti sono legati da un legame che viene scisso dagli enzimi intestinali prima dell’assorbimento. Nel caso dello sciroppo, invece, glucosio e fruttosio sono già presenti in forma libera, pronti per essere assimilati.

Nonostante le differenze marginali nel processo digestivo, non ci sono prove scientifiche solide che dimostrino effetti significativamente diversi tra i vari tipi di zucchero sul metabolismo, a parità di quantità e nel contesto di una dieta equilibrata. Lo stesso vale per prodotti come miele, zucchero di cocco o di palma: seppur differenti per aroma, composizione e origine, offrono un apporto calorico simile (circa 4 kcal per grammo) e non si distinguono in termini di impatto sulla salute, se consumati in eccesso.

Il problema, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), non risiede nel tipo di zucchero ma nella quantità totale assunta quotidianamente, in particolare quella legata agli “zuccheri liberi”. Si tratta di zuccheri aggiunti o separati dalla matrice dell’alimento originale, come avviene nei succhi di frutta, nei dolci industriali o nelle bibite zuccherate. La raccomandazione è di non superare il 10% delle calorie giornaliere totali in forma di zuccheri liberi, suggerendo idealmente di ridurli fino al 5%. Per una dieta di 2000 kcal giornaliere, si tratta di circa 50 grammi: poco più del contenuto in mezzo litro di una classica bibita gassata.

La distinzione più rilevante, quindi, non è tra sciroppo di mais e zucchero di canna, ma tra zuccheri assunti attraverso alimenti complessi, come la frutta intera, e zuccheri rapidamente assimilabili, come quelli contenuti nei prodotti ultra-processati. Nel primo caso, la struttura dell’alimento rallenta l’assorbimento e aumenta il senso di sazietà. Nel secondo, l’organismo viene esposto a un carico glicemico rapido e potenzialmente problematico.

Il cambiamento proposto da Coca-Cola, pur apparendo come una risposta a un’esigenza di maggiore salubrità, si configura quindi più come un’operazione di marketing e di posizionamento politico che come un reale intervento di salute pubblica. Per chi si occupa di alimentazione, resta centrale il tema dell’educazione nutrizionale e dell’informazione corretta, al di là delle etichette e delle tendenze momentanee.

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Foto di Shutterstock

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