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Dieci libri di cucina consigliati da dieci grandi chef

Manuali e ricettari, storie di vita vissute e romanzi: alcuni dei più importanti e talentuosi stellati d'Italia ci consigliano i loro volumi del cuore in cui il cibo è protagonista.

Ci sono libri che segnano un’epoca, altri che diventano compagni di vita. E poi ci sono quei volumi che ogni cuoco, professionista o appassionato, dovrebbe leggere almeno una volta. Perché dietro a ogni grande chef c’è sempre stato un grande libro: una raccolta di ricette, un manuale tecnico o un memoir di sapori e territori.

Abbiamo chiesto a dieci cuochi di raccontarci quale libro abbia lasciato un’impronta indelebile nel loro percorso, e che magari continuano a sfogliare come fonte d’ispirazione quotidiana. Ne è nata una selezione che riflette l’essenza stessa dell’alta cucina italiana contemporanea: radici profonde e sguardo proiettato al futuro. Dai classici immancabili ai titoli più attuali, passando per testi su fermentazioni, pasticceria e filosofia del gusto, questa è la guida ideale per costruire una biblioteca gastronomica degna di una cucina stellata.

I libri di cucina più amati dagli chef

La cucina non è soltanto tecnica, fuoco e ingredienti: è, prima di tutto, cultura, conoscenza e memoria. In ogni percorso gastronomico che ambisca a lasciare un segno, c’è sempre un libro capace di segnare una svolta. Alcuni testi cambiano il modo di concepire una ricetta, altri insegnano il valore della misura e della disciplina.

Ci sono libri che raccontano territori, storie familiari e tradizioni orali salvate dalla carta stampata, accanto a volumi contemporanei che esplorano fermentazioni, botaniche rare, neuroscienze del gusto e nuove frontiere della sostenibilità. Sono quei libri che restano sulla scrivania anche dopo il servizio, che accompagnano i cuochi nei viaggi e ispirano i piatti destinati a entrare nel menu.

Perché, in fondo, la cucina si scrive prima con l’inchiostro, e poi con il coltello.

Iside De Cesare

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La chef stellata de La Parolina esordisce così: «Ammetto che Kitchen confidential di Anthony Bourdain mi è piaciuto moltissimo ma in realtà consiglierei un manuale a chiunque si voglia avvicinare al mondo della cucina. In particolare, avendo io l’anima divisa tra il salato e la pasticceria, suggerirei Tradizione in Evoluzione arte e scienza in pasticceria di Leonardo Di Carlo. Questo per me è “il” manuale. Un libro che coniuga una grandissima tecnica e una parte teorica meravigliosa. Ci sono ricette classiche e ci sono ricette moderne». Ciò che rende davvero unico questo volume per Iside De Cesare è però «il fatto che parla degli errori. La visione dell’autore è interessante: spiega cosa succede se si sbaglia. Un modo di ragionare in cucina che ritengo eccezionale perché comprendere cosa non è andato bene in una preparazione e rimediare all’errore è un metodo vincente, secondo me. Questo è un libro tecnico, anche abbastanza avanzato, ma lo consiglio anche agli amatori. Io dico sempre: non lavorare in maniera casuale ma in maniera rigorosa».

Anthony Genovese

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Di origini francesi è anche un altro due stelle Michelin: Anthony Genovese, chef del ristorante Il Pagliaccio a Roma, nato nei pressi di Chamonix e Courmayeur, da una famiglia calabrese. Lui consiglia Il perfezionista. “Vita e morte di un grande chef”, il libro biografico di Bernard Loiseau. «Tratta la fine della vita di questo grande cuoco francese, un libro che consiglio a tutti, anche a chi sta cominciando la carriera nella ristorazione. Qui potete trovare tutta la vita di un cuoco: la follia, l’amore, la passione, la paura e l’angoscia legate alla ricerca della perfezione. Racconta anche della vita di un uomo attraverso le sue peripezie, le sue avventure, le sue battaglie, quelle che deve affrontare per portare avanti una grande cucina».

Antonia Klugmann

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La chef de L’Argine a Vencò, una stella Michelin in Friuli-Venezia Giulia, sceglie di restare vicino a casa: «Il libro che suggerirei è La cucina triestina. Si tratta di un ricettario pubblicato per la prima volta nel 1927 dalla giornalista e cuoca Maria Stelvio, volume presente in ogni casa triestina». Per lei è un testo identitario: «Ogni cuoco dovrebbe avere un ricettario di riferimento, e questo, quando avevo vent’anni, mi ha trasmesso un forte legame con il mio territorio». Un territorio complesso, stratificato come la sua cucina, che il libro racconta in modo puntuale: «Trieste per secoli è stata un porto che accoglieva genti di ogni provenienza. Stelvio ha codificato sia la cucina internazionale che quella delle case, citando sempre l’origine delle ricette». Ma ciò che colpisce davvero è l’attualità del suo approccio: «Il suo sguardo è modernissimo. Segue principi salutari che ancora oggi cerchiamo di proporre: largo uso di verdure, preservandone il colore con cotture brevi e raffreddamenti rapidi, l’uso del pesce azzurro e il consumo limitato di carne rossa».

Philippe Léveillé

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Incursione francese con Philippe Léveillé, due stelle Michelin al Miramonti l’Altro di Concesio (BS), ormai italiano d’adozione. Il suo consiglio va a un libro straniero: «Io sono legatissimo a La cuisine du gibier à plume d’Europe di Benoît Violier, sulla cacciagione. Non ho mai visto un libro così bello in tutta la mia vita. Un livello di approfondimento incredibile, sei anni di lavoro, tutti i volatili d’Europa e ricette da colleghi di tutto il mondo. La passione che Violier aveva messo in questo libro si vede dalle pagine». Il legame è anche personale: «Era molto più bravo di me, aveva avuto una carriera migliore della mia anche se era più giovane. Un giorno mi ritrovo al ristorante un suo collaboratore dall’Hôtel de Ville de Crissier per farmi avere il libro, una cosa che mi ha emozionato molto. Purtroppo poco tempo dopo Violier ha deciso di mettere fine alla sua vita. Abbiamo solo parlato al telefono ed è una cosa che mi resterà sempre dentro». Léveillé riflette anche sul cambiamento nei rapporti con i libri: «Acquistare e leggere un libro trent’anni fa era diverso. Oggi i ragazzi leggono sul telefono: in brigata ho tredici giovani e non ce n’è uno che abbia mai comprato un libro di cucina, che io sappia. I tempi sono cambiati e non lo dico come una critica, anche se mi danno del boomer».

Aurora Mazzucchelli

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A Sasso Marconi, nel suo Casa Mazzucchelli, una stella Michelin, Aurora Mazzucchelli diverte con una cucina solo in apparenza semplice: dietro, un pensiero profondo e leggero insieme, proprio come il suo spirito romagnolo. Con spontaneità ci suggerisce, sorridendo, la Bibbia: «Pur non essendo credente, per questo lavoro ci vogliono pazienza, devozione e un momento di raccoglimento psicologico per riprendere le forze». Ma la scelta più affettiva va a un libro che era del padre: «La cucina pratica professionale di Mario Borrini, con oltre 5mila ricette, tutte testate. Mi ha aiutato molto ed è tutt’oggi d’ispirazione. Lo consiglio anche perché trovo bellissimo leggerci delle terminologie che nei libri moderni non troviamo più. Un gergo classico della cucina francese, unito a quello italiano, che rende questo ricettario davvero poetico anche nella lettura».

Secondo Mazzucchelli, viviamo un’epoca di sovrabbondanza editoriale: «Oggi siamo tutti super invasi dai libri. Potrei suggerire centinaia di titoli che vorrei leggere e che non ho il tempo di sfogliare. Questa abbondanza però allontana un po’ i lettori perché si sentono bombardati. Per me il libro resta un oggetto da tutelare. A me piacciono i libri, ti aiutano a vivere in questa giungla, ma abbiamo talmente tante notizie che nel tempo libero siamo alla ricerca del silenzio ed è anche per questo che tendiamo a leggere di meno secondo me».

E chiude con un consiglio originale: «In realtà a un appassionato suggerirei anche qualche libro sugli orti o sul giardinaggio. Quando sono tra le piante sto bene. Adoro stare in giardino, vivere l’orto, e mi appassiona molto questa parte di bibliografia: in fondo l’orto è come se fosse una fase di preparazione della linea, prima ancora di arrivare al vegetale».

Chiara Pavan

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Chef di Venissa, wine resort al largo di Venezia, una stella Michelin, Chiara Pavan è sempre più riconosciuta per il suo approccio culturale e anticonvenzionale alla cucina. È una voce fuori dal coro, che parla a tutti, ma soprattutto a chi considera la gastronomia anche un atto politico, sociale e filosofico. La sua scelta ricade su Una educazione culinaria. Quel che ho imparato in cinque anni nelle cucine francesi di Bill Buford: «Parla di un giornalista americano appassionato di food, che ne scrive anche, e un giorno decide di andare a Lione per trascorrere un po’ di tempo nelle cucine francesi. Va a lavorare a La mère Brazier, parla di Paul Bocuse, di ristorazione francese e delle dinamiche interne alle cucine. Parla anche del rapporto storico tra cucina italiana e d’oltralpe. È molto bello anche perché tocca tanti temi storici e tecnici».

Tra i volumi di cucina più classici, Chiara Pavan ci suggerisce anche Relæ di Christian Puglisi, un libro che racchiude l’anima e il pensiero della cucina nordica, fuori dagli schemi, fondata sulla creatività e l’etica ai fornelli. È interessante perché non si tratta di un libro incentrato sulle ricette del ristorante ma sul pensiero e sulle idee che ci sono alla base.

Niko Romito

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Lo chef tre stelle Michelin di Casadonna Reale a Castel di Sangro ci suggerisce La Cucina Sottovuoto di Joan Roca e Salvador Brugués. Un libro pubblicato nel 2003, quando la cucina sottovuoto era decisamente avanguardia. «Al di là della tecnica in sé, il libro ha segnato molto la mia carriera. Mi ha reso pienamente consapevole dell’importanza della trasformazione di un ingrediente, di quell’insieme di processi chimici e fisici che intervengono nella lavorazione della materia prima e che possono portare alla creazione di un piatto». Parole che rappresentano appieno l’identità di Niko Romito, uno chef autodidatta che ha saputo sviluppare in tempi rapidissimi una filosofia di cucina diventata poi il suo marchio di fabbrica: essenziale, profonda, radicata nel territorio ma proiettata verso l’innovazione. La sua è una ricerca costante, una sperimentazione instancabile che ha dato vita a un linguaggio gastronomico innovativo e fortemente personale.

Ciccio Sultano

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Ci spostiamo in Sicilia da Ciccio Sultano che, come suo solito, fa sfoggio di una sconfinata conoscenza della propria regione e ci offre un taglio diverso. Per il cuoco del Duomo di Ragusa, due stelle Michelin, il libro di cucina che consiglierebbe a un giovane e appassionato di food è Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: «Per me fondamentale. Descrive con maggiore solennità lo spirito siciliano, la sua verità, raccontando il passaggio da un mondo aristocratico e contadino alla modernità. In quelle pagine si fa conoscenza di un capolavoro dell’arte culinaria siciliana, una vera e propria opera d’ingegneria gastronomica: il timballo. Un piatto che per vigore, complessità e finezza paragonerei a un atto politico. Perciò, l’ho fatto mio in una versione attualizzata e in formato “bonsai”». Questa ricetta viene effettivamente descritta con grande enfasi durante la scena di un banchetto. Si tratta di un timballo di maccheroni (o altri tipi di pasta corta come anelletti o garganelli) molto ricco e complesso, racchiuso in un involucro di pasta frolla dorata, spesso aromatizzata alla cannella.

Mauro Uliassi

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Lo chef tre stelle Michelin dell’omonimo ristorante a Senigallia racconta: «Sono diversi i libri che ho divorato nel mio percorso professionale, tra questi cito il Pellaprat, sulla cucina internazionale classica. Una sorta di bibbia per quelli della mia generazione. Se vedessi quanto è malridotta la mia copia capiresti quante volte l’ho usata». La scelta di Mauro Uliassi è significativa: Pellaprat è il nome con cui è noto il libro, preso dall’autore Henri-Paul Pellaprat, contemporaneo – e per alcuni, rivale – di Auguste Escoffier. Il titolo originale è L’arte della cucina moderna, pubblicato per la prima volta nel 1935 e oggi tradotto in tutto il mondo, con oltre tremila ricette divenute classici. Uliassi consiglia anche La cucina regionale di Anna Gosetti della Salda, perché «ci dà uno spaccato ancora abbastanza contemporaneo sulla cucina tradizionale italiana. Un tentativo unico di codificare la tavola del Bel Paese». E non manca Oltre il fornello di Gualtiero Marchesi: «Un piccolo manuale di consigli pratici a un giovane cuoco professionista». Infine, una lettura personale e simbolica: «Un volume da cui ho tratto le motivazioni profonde della mia scelta di cucinare, il pensiero del piacere e dare piacere, di desiderare il desiderio: Cibo e Eros di Willy Pasini, perché il cibo e l’eros sono strumenti straordinari per comunicare con i cinque sensi».

Marianna Vitale

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La chef napoletana, che si appresta a chiudere il ristorante stellato Sud a Quarto per intraprendere una nuova avventura nella ristorazione più informale, sceglie un libro dal forte valore personale: «Miseria e nobiltà nella storia della cucina napoletana è un testo che ho acquistato poco prima di aprire Sud. Lo possiedo da sedici anni e continuo a consultarlo, avrei dovuto impararlo a memoria per quante volte l’ho sfogliato. È sicuramente il libro che uso di più, perché riesce sempre a collocarmi nel tempo e nel luogo in cui mi trovo».

Un legame profondo con la propria identità, che passa anche attraverso il tono dell’opera: «È bello perché non è scientifico, non è storico: ha un approccio molto popolare alla cucina napoletana, agli ingredienti e all’origine dei nostri piatti, dai Greci fino al Novecento. Leggendolo riesco sempre a ritrovare il tempo e lo spazio di un piatto o di un ingrediente, che sia da mangiare o da cucinare».

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