Ciro Salvo

Ciro Salvo, il maestro dell’impasto

Dalla pizzeria di famiglia a San Giorgio a Cremano fino al cuore di Napoli e di Londra, le buonissime pizze di Ciro “Kalò” sono frutto di studio e determinazione. Senza dimenticare gli insegnamenti del padre.

Classe 1977, Ciro Salvo è “nato” nella pizzeria che il padre aveva rilevato nel 1968 nel paese vesuviano di Portici, portando così avanti la tradizione di famiglia avviata dalla madre per necessità: «Mia nonna aveva molti figli da sfamare. Così aveva iniziato a fare le classiche “pizze a otto” che i passanti compravano per riempirsi lo stomaco e potevano pagare dopo otto giorni, com’era tradizione. Mio padre ne ha fatto un’attività a conduzione familiare semplice ma solida: grazie al suo lavoro, a noi non è mai mancato niente», racconta.

La pizzeria di Portici, dunque, diventa per Ciro prima una “sala giochi”, poi un hobby importante e infine una passione e l’inizio di un percorso professionale in costante crescita: «Mi era sempre piaciuto guardare, aiutare per quello che potevo. Poi a 13 anni, per far fronte a un’esigenza della pizzeria, mi sono trovato al forno; dopo la scuola andavo lì e mi occupavo delle fritture, della cottura delle pizze, di quello che c’era da fare. Ho iniziato dalle piccole cose, facendo la gavetta completa, fino a quando non ho potuto iniziare a lavorare al banco. A 18, una volta preso il diploma come odontotecnico ho cominciato a lavorare stabilmente in pizzeria affiancando mio padre. A dire il vero avrei voluto fare il dentista, e quando comunicai ai miei insegnanti che non avrei proseguito gli studi per fare il pizzaiolo mi dissero che ero un pazzo. Col senno di poi, posso dire di aver preso la decisione giusta».

Oggi Ciro è infatti riconosciuto da tutti come uno dei grandi maestri italiani dell’impasto, apprezzato per le sue pizze leggerissime e super scioglievoli oltre che per i condimenti curati e ben calibrati senza mai essere oltre le righe. E come un innovatore, tra i primissimi a lavorare con farine selezionate, alte idratazioni e maturazioni lunghe per ottenere dischi di pasta quasi eterei, molto diversi dai canoni della tradizione partenopea fin lì consolidata, eppure di stampo “napoletano” al 100%. Lo dimostra anche l’insegna che ha scelto per la sua pizzeria, aperta nel 2014 a piazza Sannazzaro – nel centro di Napoli, a due passi dal porto di Mergellina – insieme al socio Alessandro Guglielmini: 50 Kalò, che rimanda al gergo segreto dei pizzaioli napoletani ispirato alla cabala, per cui “50” è il pane, e dunque l’impasto, e kalò – dal greco kalos– vuol dire “bello” o buono. «È un nome che mi identifica moltissimo, io mi sento davvero “Ciro Kalò”. E identifica il mio lavoro di continua ricerca dell’impasto perfetto, iniziato quando ancora si prestava poca attenzione a caratteristiche come la digeribilità e la leggerezza». Un percorso che oggi – con l’apertura di 50Kalò anche a Londra, a Trafalgar Square, nel 2018, e di 50Panino e del B&B di charme 50Suite a Napoli, a poca distanza dalla pizzeria, sempre in società con Guglielmini e frutto interamente dei loro investimenti economici e con la loro gestione diretta – può dirsi di grande successo. Pur se Ciro non è tipo da sedersi sugli allori, né da smettere di porsi domande e cercare di migliorare.

«Ho imparato tutto da mio padre e dai tanti pizzaioli che hanno lavorato con noi, rubando spesso il mestiere con gli occhi. Facevamo un prodotto validissimo, perfettamente rispondente ai canoni della Pizza Napoletana Stg. Ma quando provavo a chiedere perché una cosa si facesse in un dato modo la risposta era invariabilmente: “perché si è sempre fatto così”. Io invece avevo bisogno di trovare spiegazioni; così ho iniziato a studiare per conto mio, facendo ricerche su farine e lievitazioni, sperimentando, buttando impasti mal riusciti per arrivare a capire come l’idratazione fosse il punto cruciale per avere un prodotto digeribile. Parliamo di 25 anni fa: molti mi chiedevano chi me lo facesse fare, mi dicevano che la mia ricerca era un’utopia; non c’erano nemmeno i social a fare da cassa di risonanza per chi facesse un lavoro diverso, e la stampa specializzata non aveva ancora iniziato a occuparsi di pizza. Ma io volevo caratterizzare il mio impasto, trovare un’identità legata a me e al mio lavoro».

Nasce così la sua strada da “solista” – per quanto con la spalla di Guglielmini, che si occupa delle faccende amministrative della società – che, dopo la morte improvvisa del padre e gli anni insieme ai due fratelli (Francesco e Salvatore, titolari della Pizzeria Salvo) in una nuova pizzeria a poca distanza da quella originaria, lo ha visto lavorare come docente per scuole e associazioni e come pizzaiolo per un locale di Torre Annunziata prima di coronare il suo sogno: aprire una pizzeria a Napoli che, dice lui, «è come per un calciatore arrivare a giocare in Champions League». Un successo confermato da numerosi riconoscimenti – Ciro ha un palmarès d’eccezione, la pizzeria di Londra è stata più volte premiata come migliore esempio di pizza napoletana all’estero – e dai numeri notevoli – il locale di Napoli arriva a sfornare anche 2000 pizze al giorno nei fine settimana e ha una fila perenne – che nel corso dell’ultimo anno, nonostante la pandemia, sono addirittura aumentati facendo chiudere il bilancio in positivo. Se gli si chiede il “segreto”, lui non ha dubbi: «Per fare la differenza bisogna dare importanza ai dettagli, io so di essere maniacale. E se un conto è essere impeccabile su poche pizze, un altro è esserlo con i numeri che facciamo noi. Ma è esattamente quello che volevo, mi annoierei se fosse altrimenti: come dice il proverbio, “il buon capitano si vede quando il mare è mosso”».

Il suo è un percorso frutto di determinazione, passione e dedizione – pur se Ciro si tiene piuttosto lontano dal cliché del pizzaiolo tutto “sudore e sacrificio” – e anche di una buona dose di coraggio nel rompere alcune delle regole non scritte della tradizione. Ma che resta ben consapevole delle sue origini: «L’impasto per me è fondamentale, come pure la qualità degli ingredienti. Ma una buona pizza è fatta anche di altre cose che si imparano soprattutto con l’esperienza: dalla manualità, che fa davvero la differenza, fino a una cottura precisa. E, oltre a questo, mio padre mi ha insegnato anche a gestire una pizzeria, che è diverso dal saper fare la pizza. Al suo fianco, ho svolto tutti i ruoli in pizzeria e oggi so capire subito chi sa lavorare e chi no, anche se si tratta di un lavapiatti». Insegnamenti preziosi che lui, a sua volta, cerca di trasmettere a chi collabora con lui oltre alle conoscenze tecniche su lievitazioni e stesure: «A chi vuole fare questo mestiere, consiglio soprattutto di non cercare scorciatoie. Oggi il pizzaiolo vive di sovraesposizione mediatica ma non bisogna guardare solo quello. Alla base devono esserci sostanza e concretezza, con tanta esperienza. Quali sono le caratteristiche che cerco nei miei collaboratori? La voglia di lavorare e la fame di imparare».

Maggiori informazioni

50Kalò
Piazza Sannazaro 201/B, Napoli
8 Northumberland Ave, London WC2N 5BY, Regno Unito
50kalò.it

Leggi anche: Storie di famiglia nel mondo della pizza

Condividi

Facebook
Twitter
LinkedIn
Articoli
correlati