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Colazione

Di che colazione sei?

In stile nordico alla francese o con influenze orientali: sono a Milano gli indirizzi più di tendenza.

Continentale o anglosassone? Ovvero classicamente dolce, incentrata su caffè o cappuccino, spremuta d’arancia, brioche e pane, burro e marmellata, o salata, a base di uova, bacon e salsicce insieme a porridge o pancake? Nel linguaggio un po’ “burocratese” dell’hôtellerie più stanca, le opzioni per indicare il modo preferito per cominciare la giornata si limitano a queste due, con la prima che da noi viene definita anche “all’italiana”. La realtà quotidiana – tanto nelle case quanto nei bar della Penisola – fotografa però spesso un’immagine di tutt’altro tipo: un caffè veloce, ormai sempre più sovente con cialde e capsule, o un espresso da bere al bancone, accompagnato da yogurt o fette biscottate per chi s’impone un certo autocontrollo, o più spesso da un cornetto anonimo da sbocconcellare scrollando le notizie del giorno sullo schermo dello smartphone.

Qualcosa, però, sta cambiando. Negli ultimi anni, forse “grazie” alla pandemia che ha fatto scoprire a tutti il piacere di ritmi più lenti – e la procrastinabilità di gran parte degli impegni che riempiono le giornate – anche in Italia il momento della prima colazione ha iniziato ad assumere un passo più rilassato e contorni nuovi, più ampi e decisamente più interessanti, guardando pure ad altre culture e tradizioni ben oltre le latitudini più vicine e scontate (che comunque non sono mai state interpretate con così tanta attenzione). Dunque, lievitati e laminati prendono forme e sfumature diverse dal solito, talvolta anche ardite, sfidando la presunta intoccabilità del momento più tradizionalista della giornata; l’offerta salata si amplia e va ben oltre il “solito” toast – che non passa mai di moda, anzi –, e sempre più spesso la colazione viene vissuta come una coccola cui dedicare tempo e attenzione, se non come una vera e propria esperienza gastronomica. Un cambio di paradigma favorito dal fenomeno in crescita del “rientro dei cervelli” (culinari) – di nuovo, incoraggiato dallo stop forzato per il Covid – che ha visto molti professionisti tornare in Italia con il loro bagaglio allargato di esperienze professionali e abitudini personali; ma pure, più in generale, dall’abbattimento delle frontiere gastronomiche che sta scardinando anche le consuetudini più radicate degli italiani.

Così, a Milano – città che detiene probabilmente il primato di indirizzi cosmopoliti dedicati al primo pasto della giornata, e che abbiamo individuato come avamposto di sperimentazione e apertura a riguardo, seguita a stretto giro da Roma – sono sempre più frequenti le file fuori alle porte di bakery e pâtisserie, come avviene a Parigi, per accaparrarsi gli sfogliati più friabili e un tavolino per gustarli con calma, magari accanto a un caffè specialty estratto con V60 o altro sistema a filtro, come nelle caffetterie del Nord Europa e di altri Paesi del mondo. E non solo, perché come dicevamo i rinnovati confini della prima colazione guardano ben più in là e spesso si fanno labili, mescolando tradizioni e tendenze che stanno diventando sempre più anche “nostre”, e facendo spazio a gusti allargati, a cominciare dai cultori della colazione salata.

Per esempio, da Pan-bakery kitchen and wine – locale aperto nella primavera 2023 in zona Città Studi – si può scegliere tra croissant classici, allo yuzu o al tè matcha, pain suisse e matcha cheesecake ma anche ordinare un Anpan farcito di anko (la “marmellata” di fagioli azuki che caratterizza gran parte della pasticceria nipponica), o un Creampan che nel soffice impasto dalla forma caratteristica – che ricorda una nuvoletta o, per alcuni, un guanto – nasconde una crema pasticcera densa ma delicata. Ad accompagnarli, ci sono i caffè specialty della torrefazione milanese Cafezal, i cappuccini in versione classica o al matcha (importato direttamente dal Giappone, da una piccola coltivazione di qualità che lo macina su ordinazione e garantisce una polvere verde dalla grande freschezza e priva di spigoli amari), il delizioso Matcha latte caldo o freddo o la limonata allo yuzu. Mentre sono serviti tutto il giorno – dal mattino alle otto fino alla chiusura alle cinque del pomeriggio, lasciandosi mangiare per colazione, pranzo e merenda – il classico “pane, burro e marmellata” che mescola però le carte con il burroso Shokupan e alternando alle confetture di frutta l’anko da spalmare sulle fette tostate, e le proposte salate come lo sferico Curry pan (o karepan) panato nel panko e fritto, che nasconde un cuore speziato ma non piccante di curry di verdure apprezzato anche dai più piccoli. O lo Shokutoast con prosciutto cotto e Comté, completati da un velo di senape o di salsa tartufata, come nel godurioso Truffle Shokutoast. E se i dettagli del locale rimandano in modo inequivocabile al Giappone per chi ne conosca la cultura – con l’atmosfera minimale e rilassata ma non priva di calore ed eleganza, grazie soprattutto al verde giada del vetro che abbraccia il banco dei prodotti da forno ed è ripreso dalle strisce di tessuto al soffitto che ricordano i noren, le corte tende orizzontali all’ingresso di izakaya e ristorantini di sushi –, qui gli intenti sono lontani dal voler essere un “indirizzo orientale” tout court.

Dietro infatti ci sono Yoji Tokuyoshi e Alice Yamada, che hanno immaginato Pan come secondo spin-off di Bentoteca dopo il successo di Katsusanderia (locale a sua volta nato dal notevole apprezzamento per le variazioni del panino giapponese ripieno di cotoletta panata proposte dallo chef, già secondo di Massimo Bottura alla Francescana, mentre Yamada viene da una famiglia dedita all’import-export alimentare) e sono già al lavoro per creare un laboratorio di panificazione più grande, in zona Risorgimento, che rifornisca tutti i locali e anche catering e ristoranti terzi. L’obiettivo è di far conoscere e apprezzare la raffinata arte della panificazione giapponese, con i suoi impasti soffici, dal gusto appena dolce e mai stucchevole, pronti ad accogliere condimenti dolci e salati: una tradizione che nasce dall’ammirazione per l’arte bianca europea, francese in primis, arrivata in terra nipponica già nel XVI secolo e diventata vera e propria mania nazionale a cavallo del secondo millennio.

«Pan in giapponese significa pane, il termine è stato importato dalla Francia perché non esisteva – spiega Alice Yamada –. Oggi a Tokyo bakery, boulangerie e fornai sono molto diffusi. Da qui l’idea di portare a Milano la passione giapponese per la panificazione». Le fa eco Tokuyoshi: «Ci piace anche l’idea di non dare una definizione alla cucina di Pan. Non è solo giapponese, italiana o francese, ma principalmente stagionale, salutare e di qualità». Così il locale abbatte confini e cliché: qui il tè matcha affianca i vini naturali, la pappa al pomodoro e il pastrami sandwich precedono nel menu del pranzo il donburi (la ciotola di riso bianco con accompagnamenti vari, protagonista dei pasti quotidiani giapponesi) e la zuppa del giorno. E conquista gli abitanti del quartiere – e non solo – fin dalle prime ore del mattino sotto il segno ecumenico della lievitazione.

L’atmosfera vagamente bohémienne dominata dai toni patriottici del blu di Francia, le carte da parati con personaggi storici – da Maria Antonietta a Napoleone – che brandiscono baguette e croissant, e i banchi da cui occhieggiano Pain au Chocolat  croissant classici o bicolori (dal pistacchio alla nocciola, passando per mirtillo e albicocca), éclairs, madeleine, canelé, tarte Tropézienne e chausson aux pommes (ma anche New York Roll e cruffin al caramello), dichiarano invece senza falso pudore l’allure francese di Égalité. E portano a Milano interpretazioni autentiche della viennoiserie di puro stampo transalpino: una tradizione importata a Parigi nell’Ottocento da un militare austriaco, ma che tra rue e promenade della Ville Lumière ha trovato le sue espressioni più pregevoli.
Fondata nel 2018 assieme al panificatore bretone Thierry Loy – oggi non più coinvolto nel brand, gestito da una società d’affari – con la sede in via Melzo, poi doppiata dall’indirizzo in Brera e da quello di recente apertura in corso Sempione (il boulevard cittadino che accolse Napoleone vittorioso nel 1796), l’insegna ha un chiaro stampo parigino tanto nel decor quanto nella proposta. L’autoproclamata “Repubblica del pane” porta infatti a Milano la boulangerie francese con contaminazioni moderne dalla prima colazione all’aperitivo, adornando le parole chiave della rivoluzione francese di un candido manto di farine da panificazione made in France, i cui sacchi ingombrano i laboratori: in corso Sempione quello di pasticceria e in via Melzo quello del pane, da cui oltre a baguette, focacce e pain rustique escono anche le proposte salate perfette pure per il petit déj, dal Croque Monsieur alle quiche della tradizione lorenese o con verdure. E se gli interni riprendono temi e toni da bistrot parigino, nelle giornate di sole i tavolini giallo limone del dehors di via Melzo (con la bella stagione arriverà anche quello a due passi da Parco Sempione) sono perfetti per sentirsi un po’ più vicini agli Champs-Élysées.

Si respira aria nordica – e più precisamente scandinava – da Loste Café, la piccola ma ambitissima bakery aperta nel 2021 in via Guicciardini (zona Risorgimento) dal torinese Stefano Ferraro e dal toscano Lorenzo Cioli. Chef e pasticcere il primo, con esperienze importanti tra quattro continenti, e sommelier il secondo, si sono conosciuti al Noma di Redzepi, a Copenaghen, dove hanno vissuto per quasi sei anni. Rientrati in Italia con le loro famiglie multiculturali nei mesi della pandemia, hanno scelto Milano per proporre un riuscitissimo mix tra rigore nordico e rilassatezza mediterranea rendendo onore – e alzando l’asticella – al concetto di “bar italiano”. Lo si percepisce nei limitati ma accoglienti spazi della caffetteria in via Guicciardini, affollati da local quanto da turisti ed expat felici di ritrovare qualcosa che gli ricordi casa. E ancor di più nel nuovo locale in via Varesina, tra Svezia e Norvegia, e il bel bancone è in pietra di Vicenza – rispecchia l’operosità concentrata ma non austera del laboratorio a vista, dove un team internazionale sforna soprattutto squisitezze laminate che mixano tecniche francesi e ispirazioni nordiche: ci sono croissant e pain au chocolat, ma anche i cardamom bun, i goduriosi “nodi” di pasta sfogliata con cioccolato, zenzero e nocciole e i profumati e soffici Cinnamon Roll, da accompagnare con caffè filtro, espresso o cappuccino a base dei chicchi di April Coffee, torrefazione artigianale di Copenaghen attenta a qualità e sostenibilità.

Mentre le danesi – losanghe di pasta sfoglia farcite con crema e altri ingredienti, nate in Danimarca nell’Ottocento a seguito di uno sciopero dei fornai locali che furono sostituiti da quelli austriaci, introducendo le meraviglie della sfogliatura pure nel paese scandinavo – diventano vessillo dell’attenzione alla stagionalità di stampo nordico vestendosi di volta in volta di ingredienti come rabarbaro (poco conosciuto in Italia ma delizioso con la sua delicata acidità floreale), fragole, fichi e altra frutta di stagione. Ma ci sono anche le focacce chiaramente mediterranee, pure queste esposte in maniera lineare sul bancone, funzionale protagonista del locale che, senza il classico tripudio di scaffali e mensole colme di oggetti e prodotti, lascia spazio ai tavoli per gli avventori. E tra gli special del fine settimana, preparato espresso, in tavola arriva il Pretzel con uovo e avocado, in cui il classico pane intrecciato europeo abbraccia l’abbinamento gastronomico di tendenza arricchendolo con le note intense e appena piccanti della salsa messicana Macha: «Nella nostra proposta si mescolano molto le carte – conferma Cioli –. Oggi più che mai, nel cibo non si può più ragionare per compartimenti stagni, dicendo “questo è all’italiana, questo è alla francese, quello è nordico”. E anche gli italiani sono sempre più curiosi, apprezzano un modo diverso di fare colazione al bar e cercano la qualità».

Se non avete una super bakery a portata di mano ma non volete rinunciare a una colazione coi fiocchi, magari nel weekend, potete replicare a casa le ricette che abbiamo chiesto ai boulanger di Pan, Égalité e Loste.

Maggiori informazioni

In apertura: una teglia di Ginger Choco, “nodi” di pasta sfogliata con zenzero e cioccolato fondente da Loste Café (foto di Andrea Di Lorenzo)

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