Whisky

Un brindisi alla Giornata Mondiale del Whisky

Un viaggio alla riscoperta del distillato che viene dal Nord, tra antiche tradizioni e nuovissime produzioni italiane, con qualche tappa tra i locali in cui è possibile gustarlo in proposte miscelate o semplicemente “on the rocks”.

Whisky preceduto da “Scotch” — per i puristi scozzesi, whiskey per gli irlandesi e gli statunitensi; il distillato di cereali che prende il nome dal gaelico per “acqua di vita” ha nell’etimologia un destino segnato. Una storia che si dispiega da un lato all’altro dell’Atlantico, protagonista di un percorso plurisecolare che ha attraversato scontri identitari e controversie legate alla sua paternità, ma soprattutto un presente vivace, che gli appassionati celebrano oggi, Giornata Mondiale del Whisky. Uno spirito iconico nato da tre soli ingredienti (acqua purissima, cereali, lieviti — e tutt’al più torba per essiccare il malto) da degustare liscio o “on the rocks” sognando le fredde highlands o gli affollati banconi da film americano. Ma il whisky ora è anche, e soprattutto, un ingrediente versatile e strategico, protagonista di una vera e propria rinascita che ne ha traghettato il consumo al grande pubblico, come dimostrano alcune belle novità sul versante mixology e interessanti tentativi di produzione sul suolo nazionale.

È stata pioniere del settore Puni, la distilleria della famiglia Ebenspenger in alta Val Venosta. La prima nel nostro paese a dedicarsi alla produzione di whisky, dall’avvio della lavorazione nel 2012 l’azienda ha presentato, dopo tre anni di invecchiamento, il primo single malt tutto italiano. I suoi prodotti nascono da cereali coltivati in zona — abbondanti e di qualità, in un’area che nel Medioevo era conosciuta come “il granaio del Tirolo” — poi invecchiati in botti americane ex-bourbon e sopratutto siciliane utilizzate per il Marsala o locali da vino trentino.

Se anche il consumo degli spiriti passa sempre di più per il Made in Italy e la ricerca della territorialità, sembrano sulla strada giusta anche le vicentine Distillerie Poli. Un’azienda storica votata alla più tradizionale grappa, che dal 2013 ha però avviato una linea dedicata al whisky, dalla quale ottiene un Puro Malto invecchiato in botti di Amarone. Il loro Segretario di Stato è un esperimento ben riuscito, dai sentori di frutta secca tostata, cioccolato e spezie, che nel nome rende omaggio al Cardinale Pietro Parolin: un illustre concittadino dei distillatori, eletto Segretario di Stato della Santa Sede proprio in quell’anno (ecco perché, sulla box della bottiglia, è inciso il profilo sinuoso di Piazza San Pietro).

In Sardegna si attende invece una novità che dimostra come la febbre del whisky non conosca confini regionali, e possa agevolmente comporre quelle che sembrano distanze culturali enormi. Elio Carta, a capo dell’azienda di liquori e distillati che porta il nome del padre Silvio, ha avviato qui  una collaborazione con il locale birrificio Ichnusa; dai suoi stabilimenti è arrivato il malto d’orzo alla base del prezioso liquido che, a distillazione avvenuta, sta ora invecchiando in botti ex Vernaccia di Oristano Doc Riserva. Mancano solo pochi mesi, e all’inizio del 2023 si potrà assaggiare anche il primo whisky isolano d’Italia.

È un’altra assoluta novità quella di Dream House, neonato member’s club milanese ispirato agli esempi anglosassoni, sede della quasi omonima etichetta Dream Whisky. Oltre a selezionare i migliori prodotti sul mercato e affinarli in botti originarie o da loro selezionate, li imbottiglia dando vita a una personale collezione. Ma non solo. I fondatori Federico Mazzieri e Marco Maltagliati propongono degustazioni in purezza, miscelazioni e interessanti proposte di food pairing (per i fumatori non mancano nemmeno ricercati sigari) pensate per educare, poco a poco, il palato dei neofiti.

Si trova invece nella capitale Oro Whisky Bar, il boutique bar capitanato dal 2020 da Andrea Fofi e Daniele Gentili, con uno sconfinato catalogo di 500 referenze tra le quali i clienti possono scegliere, in un locale dal design elegante. Più stringata la lista dei drink, che prevede un repertorio di twist sui grandi classici. E un’idea di gran classe: che si acquistino bottiglie al locale, o che si portino lì piccoli tesori da casa, è possibile affidarli a uno dei “cabinet” in cui verranno custodite e lasciate invecchiare nelle migliori condizioni. Quando sarà il momento, si tornerà a degustare il proprio, personalissimo whisky, godendo del servizio dei professionisti più esperti.

Per gli appassionati partenopei il consiglio è di quelli a colpo sicuro: bussare alla porta dell’Antiquario, il secret bar di Andrea Frezza e Francesco Cappuccio in via Vannella Gaetani, la strada degli — appunto — antiquari, dalla quale gli ospiti accedono a un’atmosfera d’altri tempi. Tra i 24 cocktail che ripercorrono le diverse epoche della storia della grande miscelazione, più di uno è a base whisky oppure bourbon (la variante statunitense a bare di granoturco). Da provare il Penicillin, dedicato ad Alexander Fleming e a base di whiskey torbato, succo di limone e sciroppo di miele allo zenzero.

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Foto di copertina: Shutterstock

Leggi anche: Due cocktail per trattarvi bene.

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