Scuola di pastorizia in Abruzzo

Pascoli e futuro: nasce in Abruzzo una scuola per diventare pastori consapevoli

A Calascio prende vita un progetto formativo che punta a formare una nuova generazione di allevatori: dieci mesi di lezioni e pratica sul campo, restituiscono valore sociale a questo mestiere.

C’è chi sogna un futuro tra i pascoli, chi vuole imparare un mestiere antico con strumenti nuovi, e chi intravede nella montagna una possibilità concreta di rigenerazione sociale, ecologica e culturale. A Calascio, nel cuore del Parco del Gran Sasso, nasce una Scuola di pastorizia estensiva: otto masterclass, gratuite e aperte a tutti, per formare i pastori del presente. Non (solo) mungitura e pascolo, ma gestione ambientale, filiere etiche, trasformazione casearia e nuove economie locali.

Un progetto visionario ma profondamente concreto, che si muove sulle orme di iniziative come Giovani Pastori (premiata anche dalla nostra redazione nella categoria Innovazione nel cibo), e rilancia l’idea che fare il pastore oggi non è un ripiego, ma una scelta consapevole.

Una scuola che rigenera le terre alte

Promossa da Slow Food Italia e D.R.E.Am. Italia all’interno del progetto “Rocca Calascio – Luce d’Abruzzo” (finanziato dal PNRR), la Scuola nasce per affrontare in modo sistemico i nodi che soffocano la pastorizia estensiva: la mancanza di formazione, il ricambio generazionale assente, l’isolamento economico e sociale degli allevatori. A Calascio si ribalta la prospettiva: il pastore non è più un mestiere residuale, ma una figura chiave per la transizione ecologica, la tutela dei paesaggi montani e la costruzione di filiere sostenibili.

La scommessa è chiara: trasformare un borgo fragile in un laboratorio di futuro, partendo dal sapere antico delle pecore e dei prati stabili. Perché in fondo, come ricorda Federico Varazi di Slow Food Italia, «parlare di pascoli significa occuparsi di clima, giustizia sociale, lavoro, turismo. Non è folklore, è politica del territorio».

Otto settimane per imparare (e disimparare)

Il percorso formativo è articolato in otto moduli intensivi, ciascuno della durata di una settimana, che alternano teoria, pratica in azienda, laboratori sul campo e momenti di scambio con esperti e comunità locali. Si parlerà di benessere animale e sanità del gregge, ma anche di marketing territoriale, turismo rurale, filiere della lana, conflittualità con i predatori, pianificazione pastorale e comunicazione dei prodotti.

Le lezioni si terranno nel convento di Santa Maria delle Grazie di Calascio e nelle aziende zootecniche del territorio, con docenti e tutor d’eccellenza: tra gli altri, Giorgio Vignola (Università di Teramo), Carolina Pugliese (Università di Firenze), Duccio Berzi (esperto di coesistenza con i lupi), Jacopo Goracci (Slow Food).

Non un corso generalista, ma un vero e proprio percorso di trasformazione personale e professionale. Aperto a giovani sotto i 40 anni, ma anche a chi è già pastore e vuole innovare, a studenti universitari, agronomi, veterinari, forestali, dipendenti pubblici: tutti coloro che vogliono restituire senso, dignità e futuro a un mestiere oggi troppo spesso delegato a forza lavoro straniera e sottopagata.

Custodi, ma anche innovatori

Tra i temi chiave c’è quello delle razze autoctone, che raccontano territori e stagioni meglio di una guida turistica. Formaggi, salumi, latti unici al mondo che nascono da animali allevati all’aperto, nutriti con erbe spontanee e gestiti secondo pratiche millenarie. Ma anche la lana, un tempo preziosa e oggi considerata quasi un rifiuto: la Scuola punta a rivalutarla, anche in ottica di bioedilizia e economia circolare.

Non manca l’attenzione alla comunicazione e all’integrazione con il turismo: una masterclass sarà dedicata al Turismo Slow, per progettare esperienze che uniscano narrazione del territorio, cibo e accoglienza. Perché la bellezza dei pascoli va raccontata, e i pastori del futuro dovranno saper parlare anche il linguaggio del marketing, senza perdere l’autenticità.

Saper fare, saper restare

Non è un dettaglio che le lezioni si svolgano a Calascio. Ogni modulo è un invito implicito a restare, a radicarsi, a pensare la montagna non come limite, ma come risorsa. Oggi, in Italia, due terzi dei pastori dipendenti sono immigrati. Non perché il mestiere non abbia valore, ma perché non è più trasmesso, raccontato, scelto. La Scuola prova a invertire la rotta: non solo con la formazione, ma anche con un’immersione culturale che coinvolge cuochi dell’Alleanza Slow Food, cooperative di comunità, aziende locali.

L’accesso è gratuito per chi vive in Abruzzo (in formula non residenziale), mentre per i non residenti è previsto un contributo di 400 euro a settimana, comprensivo di vitto e alloggio. Si può partecipare a più masterclass, purché non concomitanti. Tutte le informazioni sono disponibili scrivendo a: info.scuolapastoriziacalascio@gmail.com

La Scuola di Calascio non è una nostalgia travestita da innovazione. È un segnale forte, concreto e visionario: si può ancora scegliere di fare il pastore. E farlo bene, insieme, per il bene di tutti.

Maggiori informazioni

In apertura: pecora carsolina Presidio Slow Food (ph. Fulvio E. Bullo).

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