Cerca
Close this search box.

Anna Tasca Lanza Cooking School

A scuola di agri-cultura siciliana, con la guida esperta (e ironica) di Fabrizia Lanza

Anna Lanza Cooking School

Chi c’è stato almeno una volta nella vita non lo dimentica facilmente: il baglio antico di Case Vecchie, con il portone dipinto di “blu Tasca” (si trova infatti a Regaleali che sin dai primi dell’Ottocento è cuore pulsante del sistema di tenute vinicole dei Tasca d’Almerita, in contrada Sclafani, al confine tra le province di Palermo e Caltanissetta), sede dell’Anna Tasca Lanza Cooking School. Qui trent’anni fa, in una corte circondata da uno splendido giardino botanico, da campi di grano, orti e vigneti, Anna, figlia del conte Giuseppe Tasca d’Almerita e sposa del marchese Venceslao Lanza di Mazzarino, fondò un’organizzazione dedicata alla divulgazione e all’insegnamento della profondissima cultura gastronomica siciliana, creando un ponte particolarmente saldo con gli Stati Uniti.  Da 15 anni a dirigerla è la figlia Fabrizia (ex storica dell’arte) che col tempo l’ha trasformata in una non profit, ampliandone notevolmente la mission e il bacino di utenza.

Se è pur vero che qui si viene per apprendere con massima soddisfazione le ricette di cassata, gelo di melone, biancomangiare, sfincione, macco di fave, sarde a beccafico, pasta ripiena e cannoli (ora insegnate anche online, proseguendo la bella iniziativa decollata durante la quarantena), il progetto ha ormai superato la sua funzione primigenia di scuola di cucina. Attraverso un calendario di lezioni e residenze, con ospiti esperti da tutto il mondo, qui si impara a conoscere l’olio d’oliva, il grano e la farina, l’illustrazione gastronomica, il food writing, le erbe spontanee. «Non solo ricette, ma cultura del cibo a partire dalla agri-cultura, è questo il nostro focus», spiega Fabrizia, raccontando che con questo obbiettivo è nata Food Heritage Association, «la non profit che fa ricerca sulla cultura gastronomica siciliana, con la quale abbiamo anche prodotto il documentario “Amaro: the bitter taste in Sicilian food culture” (prima c’era stato “Amuri: The sacred flavors of Sicily”, nda) e adesso un nuovo progetto sul cibo “selvaggio”».

Anche se il fiore all’occhiello è un vero e proprio master in cucina e artigianato del cibo isolano, il programma ultra-immersivo “Cook the Farm”, proposto di volta in volta per un massimo di 14 partecipanti. Si tratta di due mesi (il costo è di 10.600 Euro, comprensivi di alloggio nella vicina cittadina di Valledolmo) a contatto con i protagonisti del food system e del food landscape siciliano, tra degustazioni, workshop, sopralluoghi, masterclass, gite. «È il nostro ramo più educational», spiega lei, un ramo originariamente rivolto a un pubblico straniero di professionisti o appassionati di tematiche del cibo purché molto motivati. Prosegue Fabrizia, con la sua pizzicante ironia: «Ora però vorremmo coinvolgere il più possibile i giovani chef siciliani perché capiscano, imparino e salvino l’isola dall’incombente taorminizzazione!». (Per informazioni e iscrizioni annatascalanza.com)

La ricetta

foto di G. Perniciaro