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Pancake Day

Se non volete chiamarlo Martedì Grasso, oggi è Pancake Day

L’1 marzo gli inglesi mangiano frittelle, ma il resto del mondo non rimane a guardare. Dalle ricette tradizionali per la prima colazione alla diaspora dolce a base di farina, uova, burro, latte e zucchero che cambia nome in base al paese dove viene girata la frittata.

Si chiama Pancake Day (quando non è Martedì Grasso) il giorno che per gli inglesi precede l’inizio della Quaresima. Si tratta di un’usanza di origine anglosassone conosciuta anche come Shrove Tuesday, ovvero martedì della confessione, ma l’idea alla base è liberarsi di tutti i cibi goderecci che si hanno in dispensa per accogliere la penitenza gastronomica in vista della Pasqua. Fino a questa giornata i peccati di gola restano, però, sacrosanti. Così, un mix di latte, zucchero, burro e uova diventa una “tentazione culinaria” che fa quasi dimenticare chiacchiere e castagnole: durante il Pancake Day si mangiano, infatti, esclusivamente pancake, che siano dolci, salati, ripieni o vegani.

Gli inglesi prendono questa tradizione talmente sul serio che chi non ama i dolci può impegnarsi nel fitness partecipando “di corsa” a una gara dedicata. La Pancake Race più antica è quella che dal 1445 si svolge a Olney, una cittadina del Buckinghamshire, ed è tra le feste più bizzarre oltremanica, al pari del Cheese Rolling, competizione “sportiva” dove si insegue una forma di formaggio. Leggenda narra che una donna intenta a far fluttuare i suoi pancake sul fuoco avesse sentito in ritardo il rintocco della campana che annunciava la messa. Così, per non perdere tempo, si precipitò in chiesa munita di grembiule e con in mano la padella di pancake ancora calda. A Londra l’ansia da prestazione si fa sentire ai tavoli di The Breakfast Club, una popolare catena di locali per la prima colazione, che ogni anno organizza la Pancake Challenge, una sfida che raduna i pancake-lovers per mangiare 12 pancake in 12 minuti: chi perde, paga 20 sterline.

Sebbene oggi caratterizzino la colazione del Nord Europa e siano gli americani a rivendicarne la paternità grazie all’intuizione dell’aggiunta di lievito alla ricetta, i pancake, o almeno dei loro antenati, compaiono persino nei simposi greci come teganites o tagenites, una sorta di focaccine non (ancora) lievitate. Assimilate dagli antichi romani in qualità di Alita Dolcia, quel “qualcosa di dolce” cominciava sempre più ad assumere la forma delle frittelle come le conosciamo noi, ma restava un pasto per l’élite patrizia. La sua diaspora è ascrivibile al periodo quattrocentesco quando cominciò a essere mangiato in tutta Europa e in Russia, con varianti di nome, volume e gusto, influenzate da longitudine e latitudine. Tra le sue ricette Yotam Ottolenghi restituisce una mappa poetica e fragrante, a tratti arbitraria, delle preparazioni più vicine ai pancake. In Francia, ad esempio, si trovano le galette in stile bretone, alias crêpe salate, nella versione con grano saraceno, funghi e uova; la codifica originale dei pancake giapponesi prende, invece, il nome di dorayaki, dolce nipponico ripieno con crema di fagioli rossi; più sottili i blintz che in Russia indicano anche come blin o blini, più simili a una frittella arrotolata che solitamente santifica le feste ebraiche; nato da un un fortunato errore del cuoco al servizio dell’imperatore Francesco Giuseppe, il kaiserschmarrn è un pancake austriaco scomposto in losanghe o quadrotti.

La moda del Pancake Day ha conquistato anche l’Italia. Secondo una ricerca BVA Doxa commissionata da Mulino Bianco il pancake in versione dolce, con annesse marmellate e creme spalmabili, oppure salata, è ormai un must della prima colazione per 1 italiano su 3 che, come al solito, è riuscito a “italianizzarlo”.

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