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La rinascita della Schiava, “liberata” sul lago di Caldaro

Kalterersee o Lago di Caldaro non è solo un luogo geografico, ma anche una Doc che ritrova nella Schiava (o Vernatsch in tedesco tirolese) un vitigno protagonista. E gioca la carta di un grande classico dell’Alto Adige.

Il nome è già un gioco di parole intrigante. Sì, perché il vitigno conosciuto come Schiava – Vernatsch in tedesco tirolese e Trollinger in Germania sembra sia derivato dalla costrizione a cui la vite veniva sottoposta dai viticoltori legando le piante ai supporti (tradizionalmente la pergola) per poterne controllare lo sviluppo. 

Giocando su quel nome, si potrebbe dire che la Schiava rischi di esser ancora prigioniera di un pregiudizio che l’ha vista per lungo tempo nelle vesti di “Cenerentola” tra i vitigni coltivati in Alto Adige, dove quasi sempre i viticoltori finiscono per preferirle altri progetti enologici. Non a caso, molti tendono a proporre in assaggio ogni altra etichetta, lasciando in disparte quello che ha rappresentato per secoli l’identità enoica della regione. 

La Schiava è infatti uno dei vitigni più antichi dell’Alto Adige, con radici che risalgono almeno al XIII secolo. Fino agli anni Settanta era il vitigno predominante nel territorio, contribuendo alla reputazione della regione come produttrice di vini rossi. Tuttavia, con l’avvento di varietà internazionali e la crescente domanda di vini differenti – più strutturati prima e bianchi successivamente – la superficie coltivata a Schiava è diminuita drasticamente. Nel 2003, si contavano 1.877 ettari di Schiava; nel 2023, la superficie si è ridotta a soli 556 ettari.  Eppure, nel cuore dell’Alto Adige sulle rive del lago di Caldaro, il fil rouge non si è mai spezzato e si assiste a una nuova fascinazione per la Vernatsch che qui trova una culla d’elezione, tanto da spingere il Consorzio vini Alto Adige a benedire l’anteprima Kalterersee promossa dall’associazione dei produttori locali.

Il Kalterersee, espressione autentica di territorio

Il Kalterersee o Lago di Caldaro non è solo un luogo geografico, ma anche una Doc che identifica i vini prodotti principalmente da uve Schiava coltivate nei dintorni del lago. Questi vini si distinguono per eleganza e freschezza, con una aromaticità floreale peculiare, tannini morbidi e un contenuto alcolico moderato. Sembrerebbe il profilo ideale in coerenza con i nuovi trend di consumo, soprattutto giovane, ma le quotazioni basse (un quintale di uve Schiava viene pagato molto meno di altre uve) e la fragilità in vigna non giocano a favore del vitigno.

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Eppure in terra di Caldaro sembra resistere, anche se la Doc è sostenuta da etichette anche di altri vitigni. La coltivazione della Schiava in zona – nei vigneti più vecchi – rimane ancorata al tradizionale sistema della pergola altoatesina, che protegge le uve dal sole eccessivo e favorisce una maturazione equilibrata. Questo metodo, sebbene richieda una vendemmia manuale, contribuisce a valorizzare la qualità del vino, anche se gioca nuovamente a sfavore rispetto alla meccanizzazione, che infatti sta portando verso altri sistemi di allevamento. 

Negli ultimi anni, i produttori di Caldaro hanno intrapreso un percorso di valorizzazione della Schiava attraverso la selezione clonale e la riduzione delle rese per ettaro. Il risultato nel calice è innegabilmente pregevole. Se un tempo la Schiava era considerata un vino “semplice”, leggero e beverino, quasi disimpegnato e in questo senso meno apprezzato, con l’evoluzione degli stilemi enologici la musica è cambiata. E proprio nella leggiadria di molte Vernatsch sta il segreto della loro bellezza, perché quella che veniva scambiata per semplicità è in realtà eleganza che non ha bisogno di trucchi pesanti – l’affinamento in legno può penalizzarla – ma che mostra una profondità tenace e quotidiana.

Il vino ha una veste rubino brillante, è elegante e fruttata al naso con note di ciliegia, piccoli frutti di bosco, talvolta sfumature floreali e speziate, mentre il sorso scorre armonico, con tannini gentili e una freschezza che invoglia al secondo calice.

L’annata 2024 mostra un Kalterersee nitido e identitario

L’annata 2024, segnata da un clima complesso e variabile, ha messo alla prova l’esperienza dei vignaioli. Il risultato, però, è un vino che già in gioventù si presenta nitido e identitario, con un equilibrio tra acidità, freschezza e pulizia aromatica che lo rende immediatamente riconoscibile.

Croccanti e floreali, ma allo stesso tempo espressione di una elegante tensione (quella che normalmente viene indicata come mineralità), le Vernatsch di Caldaro raccontano di erbe alpine e sfumature balsamiche, radici dolceamare e una sensazione tattile che ha la personalità di chi non deve urlare per farsi ammirare.

I campioni 2024 assaggiati in anteprima a Caldaro sono un respiro profondo nel futuro della Schiava. Si scoprono nel calice vini capaci di slancio e nettezza, con profumi floreali e di frutti di bosco ma senza smancerie, note di grafite, affilati da sfumature erbacee di artemisia e radici, in un mix che conquista perché non ci sono esagerazioni. Nel contempo il sorso è sobrio, elegante, nitido con una certa sapidità elegante, polposo in bocca e lievemente balsamico nel retrogusto. Anche dove emerge l’affinamento in legno, non risulta invasivo né deturpa il volto sincero del vitigno, accompagnando con raffinatezza la bevibilità.

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Tra le referenze 2024 più convincenti alcuni protagonisti immancabili come der Keil di Manincor, sempre capace di far percepire il frutto vivo, sapidità e giochi balsamici, con la mano dell’uomo a levigarne gli eccessi, ma anche il Leitn di Unterhofer e l’Olte Reben di T. Pichler, che si preannunciano due classico superiore di grande finezza, freschezza ed eleganza. Conquistano anche i classico superiore Eduard di Steflhof (freschezza, sapidità, tannini profondi) e Klaser Hecht di Niklas (bel frutto e tanta freschezza). Elegante anche l’equilibrio tra il frutto e note intriganti di mandorla amara del Kalterersee classico superiore di Cantina Tramin, mentre quello di Cantina Kaltern gioca di compattezza nella struttura e rivela una freschezza sobria che accompagna il sorso.

Volendo approfondire il confronto con le annate precedenti, meritano la scelta per un calice eccellente il Kalterersee Dominikus classico superiore 2018, che ben mostra alcuna stanchezza ma spicca per sapidità, note balsamiche e grande freschezza; der Keil 2019 di Manincor, per il sorso succulento, la struttura netta e capace di profondità, il tannino velato; il classico superiore Alexander 2017 di Nicolussi-Leck, con profumi invitanti di ciliegia croccante e freschezza e un sorso succoso e balsamico; il classico superiore 2015 di Niklas, che nonostante l’evoluzione mantiene una struttura più orientata sulle durezze; il Novis classico superiore 2017 di Ritterhof, carnoso e sapido pur con un finale che fa emergere il tannino contratto dal legno; il Pelagium classico superiore 2022 di Seppi, che mostra un bel equilibrio nonostante la spinta vivace e carnosa al sorso; il classico superiore Olte Reben 2023 di T. Pichler, il cui sorso dinamico mostra un’ottima gestione in botte grande.

Vino e cultura locale

La Schiava è anche parte di un tessuto sociale. A Caldaro, il vino s’intreccia con la cultura locale, la gastronomia, l’architettura, il paesaggio. Lo dimostrano iniziative come il Sentiero del Vino – un percorso panoramico a forma di otto che attraversa le vigne e tocca edifici storici e moderni – o la presenza in paese di un’Accademia del Vino Alto Adige e di un Museo del Vino.

L’iniziativa wein.kaltern (nata 25 anni fa) ha reso il paese un laboratorio di qualità: dal design dei calici sviluppati con Riedel, all’etichettatura chiara e distintiva delle bottiglie, fino alle collaborazioni con il mondo della ristorazione e del turismo. E così il progetto “Caldaro da gustare” prende slancio nell’unire il vino – grazie alla sua versatilità – ad altri prodotti tipici come i Kaminwurzen al vino, la polenta originale di Caldaro, il pane al mais, i tartufi al Kalterersee o l’aceto balsamico locale. La Schiava diventa così protagonista di una narrazione enogastronomica più ampia, in cui il vino accompagna e valorizza l’identità culinaria della zona.

Maggiori informazioni

Le foto sono di wein.kaltern

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