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Carnevale Marchesi 1824

Carnevale 2022, nel nome dell’Unità fritta d’Italia

Non solo chiacchiere e castagnole: dalla lasagna sulla pizza ai biscotti siciliani vegani, senza dimenticare le specialità paladine delle tradizioni regionali raccontate attraverso alcune ricette, dolci e salate.

Da Venezia a Viareggio tornano carri e maschere a sfilare in città. Sarà ancora un Carnevale magro di festeggiamenti, ma non mancherà la tradizione a tavola che premia chiacchiere e castagnole sul podio. Lo scorso anno Cia-Agricoltori Italiani ne ha stimato, infatti, un consumo di 6 milioni di kg, in media 600 grammi a famiglia, circa la metà rispetto alle piramidi di fritto che si stratificavano nei buffet prima della pandemia. 

Semel in anno licet insanire: “una volta l’anno è lecito far pazzie” recitava un proverbio latino riferito ai Saturnalia dell’Antica Roma, una sorta di Carnevale ante litteram, da sempre caratterizzato dall’abbondanza di cibo trovando il suo apice nel martedì grasso che quest’anno cade il primo marzo. Proprio i Frictilia si dice fossero gli antenati delle nostre frappe, come riporta il cuoco Apicio già all’epoca dei gladiatori menzionando delle “frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele”. Sebbene esistano tanti nomi nel segno dell’Unità fritta d’Italia per codificare una stessa ricetta c’è chi oggi le assapora après-ski chiamandole fiorostide, tra la bellezza invernale delle Dolomiti e del ghiacciaio della Marmolada, mentre in Costiera Amalfitana Sal De Riso le rivisita al cacao, arancia e anice stellato con tanto di degustazione fronte mare compresa nel prezzo. A Venezia il vicentino Lorenzo Cogo, appena approdato al Dama, ristorante del prestigioso hotel Ca’ Bonfadini, resta fedele alla tradizione almeno nel nome, suggerendo dei galani al rosmarino, croccanti snack che sfilano insieme al cestino del pane.

Di natura salata è  l’omaggio alla Serenissima e alla storicità del suo Carnevale da parte del veneto Daniel Canzian, ormai naturalizzato a Milano, che con la sua personalissima ricetta delle capesante attualizza una specialità della gastronomia regionale strizzando l’occhio all’Oriente; una torretta di gusto che alterna le note iodate del mollusco bivale, le spinte acidule e fruttate della mela cotogna e i sentori asiatici della salsa. Dalle maschere veneziane alla vetrine delle pasticcerie milanesi il fil rouge è il colore: Marchesi 1824 si è già vestito a festa con una selezione dolciaria che riconcilia con l’estetica burlesque del momento tra tortelli, chiacchiere e biscotti decorati.

Se a Roma Antonio Ziantoni, Best Chef Under 35 per i Food&Wine Italia Awards 2021 e patron di Zia Restaurant, rivede le classiche frappe romane in chiave salata e gourmet, al gusto di coniglio alla cacciatora, esotica è l’interpretazione di Stefano Zanini, chef under 30 al MoS in provincia di Brescia; il cuoco lombardo fa della chiacchiera un taco profumato da una composta di limone, ingentilito al morso da una fetta di marzapane alla mandorla combinata a una generosa quantità di meringa al miele.

Restando in tema di licenze culinarie e tornando a uno dei significati originari del Carnevale, ovvero “carnem levare”, nel senso di privarsi della carne in vista dell’imminente Quaresima, Planted – start up svizzera che produce sostitutivi vegetali alla carne animale propone un dolce siciliano a tema 100% vegano. Si tratta dei ‘Mpanatigghi, biscotti solitamente ripieni con un composto di mandorle, noci, cioccolato, zucchero, cannella, chiodi di garofano e carne di manzo ripensati con un “planted.pulled” dagli chef di Linfa a Milano.

In Campania il Carnevale non è solo sinonimo di dolci che finiscono in -accio, quindi sanguinaccio e migliaccio, perché per tradizione si usa consumare una sorta di lasagna “di rinforzo”: una ricetta barocca che non lascia spazio all’immaginazione sovrapponendo polpettine, salsicce, pancetta, maiale, uova e latticini, ma che S.Qui.Sito, boutique gastronomica con forno in provincia di Napoli, ha reso topping per la sua pizza di lasagna alla pala. Nonostante la frittatina di pasta a Carnevale faccia subito sconfinare in Calabria, restando in terra partenopea continua a rappresentare la quintessenza del Sud e la transustanziazione del carboidrato in esubero in comfort food che tiene unite le persone come i loro polpastrelli. I Fratelli Salvo nella sede di San Giorgio a Cremano la sigillano con dei bucatini in un antipasto rigorosamente fritto.

Paladina della tradizione sarda, la creator digitale Jessica Cani racconta il Carnevale nella sua terra attraverso rilassanti video che solleticano le papille gustative mentre un’abile artigiana intreccia gli Acciuleddi, alias matassini, quasi fossero una piccola matassa per il ricamo, friggendoli e ripassandoli nel miele caldo. Variegata per la naturale conformazione geografica è l’offerta carnevalesca del Friuli Venezia Giulia dove, risalendo Alpi e Prealpi fino a spingersi giù sulla costa triestina, si incontrano isole culturali e linguistiche che inevitabilmente si riflettono nei ricettari locali. Dagli strucchi – morbidi bocconcini fritti di pasta frolla ripieni di noci, nocciole, uvetta e pinoli – che con la gubana sono dolci caratteristici della Valle del Natisone, ai vledlan di Sauris, frittelle alle erbe che sono altra cosa rispetto alle frittole, dolce per antonomasia del Carnevale nel capoluogo friulano.

Manca una consonante esplosiva dentale sorda per pronunciare quella veneziana, fritola o fritoea in dialetto, la regina dei festeggiamenti in laguna (che quest’anno festeggia fino al primo marzo, data in concomitanza con le celebrazioni per i 1600 anni della città), se una volta veniva giudicata da un’associazione di fritoleri ai tempi dei social passa al vaglio di un gruppo Facebook, X-Frittol, per il contest annuale in cui si giudicano “solo le frittelle assaggiate nel 2022, non ricordi d’infanzia o voti sulla fiducia”. Senza sconfinare di regione Nicola Oliveri, titolare e pastry chef della storica azienda Famiglia Olivieri 1882, rivela invece i segreti delle sue morbidi e fragranti frittelle.  Se vi trovate in Toscana attenzione a pronunciare schiacciata fiorentina, almeno fino al periodo di Pasqua: non aspettatevi quindi la focaccia salata, bensì una torta bassa e soffice di forma rettangolare che sulla superficie scontorna orgogliosa il simbolo della città, il giglio.

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Foto copertina: Marchesi 1824

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